“L’UMANITA’ NON E’ UNA MERCE”

CONTRO LE POLITICHE DEL RESPINGIMENTO, PER IL DIRITTO DI ASILO DI TUTTI I MIGRANTI DETENUTI IN CONDIZIONI DISUMANE NELLE CARCERI LIBICHE, PER LA SCARCERAZIONE E PROTEZIONE DEI 250 ERITREI A RISCHIO DI DEPORTAZIONE E LAVORI FORZATI IN LIBIA!

Si è verificato lunedì scorso a Misurata, in Libia, l’ennesimo episodio di violenza nei confronti di centinaia di richiedenti asilo: una repressione violentissima con decine di feriti gravi e con l’iniziale dispersione di un gruppo di eritrei in altri centri di detenzione segreti che la Libia ha aperto grazie al sostegno politico e finanziario italiano. Sconcertante a questo proposito la dichiarazione di Margherita Boniver, inviata del ministro Frattini per le emergenze umanitarie, che nega che ci siano responsabilità italiane nel respingimento dei 250 eritrei che da giorni denunciano maltrattementi e torture facendo appello all’Italia e all’Europa affinchè vengano riconosciuti come rifugiati politici. (leggi la testimonianza di un cittadino eritreo)

Al momento si sa che il gruppo di eritrei è da 8 giorni rinchiuso nel carcere di Brak, (nel sud del paese) in condizioni disumane e che la Libia ha annunciato la loro “liberazione” in cambio di “lavoro socialmente utile in diverse Shabie (comuni) della Libia”. Lavoro forzato, dunque, e “librazione” assume a questo punto una connotazione del tutto particolare. Rispettare un governo come quello di Gheddafi è l’invito dell’inviata del governo, laddove in gioco sono le vite di donne e uomini che fuggono dalla guerra e dalla fame e trovano un terreno di respingimenti, torture, violenze e uccisioni gratuite. Del resto, se è il “popolo delle libertà” ad insegnare alla Libia che intendiamo con quel termine, la concessione non ci stupisce!

Non è certo nuova la notizia che in Libia vengano ripetutamente violati i più elementari diritti umani delle persone migranti, da mesi se ne denuncia la preoccupazione, tanto che addirittura il Parlamento Europeo vi ha prestato attenzione manifestando, con una risoluzione dello scorso 17 giugno, forte preoccupazione per la sorte dei migranti bloccati in Libia, non scevri della possibilità di imprigionamenti, espulsioni e addirittura esecuzioni, dopo che processi-farsa legittimano la giustizia libica ad agire in questo modo.

In solidarietà agli eritrei detenuti in Libia e per urlare forte il dissenso nei confronti delle politiche del respingimento, sono previsti nella giornata di domani sit-in in tutta Italia.

L’Eritrea è il più giovane stato africano, nato nel 1991, e che ha combattuto per 30 anni una sanguinosa guerra di indipendenza dall’Etiopia e che dal 1993 è sotto il regime dittatoriale di Isayas Afewerki, il quale ha fatto carta straccia dei diritti umani e civili del popolo eritreo. In Eritrea vige una dittatura tra le peggiori al mondo, la cui esistenza è completamente ignorata dalla comunità internazionale, dai governi che dai media, ma ciò che sappiamo bene è che l’indifferenza è sinonimo di complicità! In chiave geopolitica la sua posizione è strategica: una sorta di ponte naturale tra l’Africa e l’Asia ed è proprio questa sua posizione a far gola alle potenze europee che beneficiano dello stato di cose. Primo tra tutti il governo Italiano che appoggia politicamente Afewerki e favorisce gli investimenti delle imprese italiane (come l’Italcantieri della “famigghia” Berlusconi) nella ex-colonia, così come sta accadendo con il colonnello Gheddafi in Libia, dove collabora alla gestione della mobilità internazionale con la costruzione di prigioni a cielo aperto (soprattutto dall’Africa) e favorisce gli investimenti di Impregilo ed ENI.

E la tutela dei diritti umani e civili della popolazione eritrea? E’ ovvio che quando si parla di affari i diritti delle persone non rientrano in questo discorso. Gli imprenditori italiani si muovono in un solco aperto per loro dalle buone relazioni che governo  ed enti locali italiani mantengono con il regime eritreo. Ragioni geostrategiche e soprattutto economiche si intrecciano.

10.11.2009

Radioazioni ha intervistato:
Dania Avallone, fondatrice dell’associazione Asper per la tutela dei diritti umani del popolo eritreo;
Tecle rifugiato politico eritreo con cittadinanza tedesca
Banawaya musicista rifugiato politico eritreo con cittadinanza tedesca

ASCOLTA LA TRASMISSIONE

Written by admin on luglio 11th, 2010 # Filed under News # No Comment #

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