Amores Perros

I cani, nelle strade e nelle piazze di Santiago, corrono liberi.

Senza un padrone, senza un recinto delimitato, corrono e sembrano sempre felici. Anche se vivono in una delle macellerie sociali del terzo millennio, la metropoli, sono liberi di vivere come vogliono. E non è una prerogativa di tutti in questa terra delimitata dall’oceano e dalle Ande.

Questa storia, però, come tante altre, inizia tempo fa. Un giorno, un popolo composto da giovani, artisti, lavoratori e sognatori, decise di credere nell’assalto al cielo, senza chieder l’aiuto e il permesso alle due potenze mondiali, nemiche ed opposte come lo sono le due facce di una moneta.
Poteva essere un bel sogno per gran parte dell’umanità, e un orribile incubo per pochi; l’11 settembre tale incubo o sogno che fosse, terminò.
Iniziò così il primo esperimento neo-liberale nella storia dell’umanità, fatto con il sangue ed il fuoco.
Normalizzato il paese, interiorizzato il terrore, eliminato fisicamente chi voleva assaltare il cielo, il paese fu pronto a tornare alla quotidianità, e così tornò la democrazia.

Chi prese le redini del paese parlando di giustizia sventolava la bandiera della legalità, e chissà, forse proprio in nome della legalità, accettò e non cambiò la costituzione di Pinochet: le leggi si rispettano sempre, soprattutto quelle promulgate con il fucile in mano; per lo meno così insegna la Storia.
Tali uomini, democristiani e socialisti, insomma, buoni padri di famiglia, si fecero chiamare la “ Concertación”, e proprio come i sindacalisti concertatori italiani, in mezzo a tanti concerti e poca lotta, approfondirono il modello neo-liberale e migliorarono la rendita di quei pochi di cui si parlava prima.
Ma il paese era finalmente tornato alla normalità e alla libertà. Si era finalmente liberi di consumare nei migliori bar il migliore espresso italiano, si era liberi di viaggiare nei vicini paesi, saccheggiati anch’essi da quei pochi, dove invece i tanti vivevano con meno briciole ancora e la vita costava quindi di meno. Si era liberi di studiare e di vestirsi come si voleva. Si era liberi di sfruttare e di essere sfruttati, si era liberi di arricchirsi e si era liberi di morire di fame.
Si era liberi di fare tutto, bastava, e basta ancor oggi, pagare. O meglio, quasi tutto: si tornò sì alla normalità, ma venne chiamata democrazia limitata, perché i tanti non erano pronti a decidere della propria vita, e garante di ciò Pinochet rimase senatore a vita, e nelle caserme si continuò a pulire e a tenere caldo il fucile.
O forse si era semplicemente liberi di non sognare, si era liberi di credere nell’individuo e non nella società, si era liberi di non decidere della propria vita. Si era liberi di camminare adagio, senza correre per non disturbare il buon costume e la libertà ritrovata.

Ma poi un giorno, qualcuno prima, tanti poi, decisero di abbandonare queste libertà, e per sette mesi marciarono nelle strade, tornarono ad abbracciare i propri compagni, occuparono scuole ed università.
Chi tra gli artisti danzanti, chi in mezzo a lacrimogeni e barricate, chi sudando e fumando per interminabili assemblee, chi dormendo in un sacco a pelo, si ricordarono o scoprirono per la prima volta che l’altro non è solo un avversario nella giungla della concorrenza e della società di mercato, ma un compagno con cui si possono condividere gioia e tristezza, lacrime e sorrisi.
La normalità si ruppe, privando della libertà di consumare, di guadagnare, di alienarsi alla televisione, di sfruttare e di essere sfruttati. In molti dissero che niente poteva tornare ad essere come prima, ma come tutte le bellissime storie, anche questa terminò, o, semplicemente, tornò la cosiddetta normalità.
Le università tornarono a produrre lavoratori qualificati, le vie a trasportare a flussi di commercio, le persone a consumare. Ma alcune libertà furono sacrificate per tornare a questa normalità. Non si era più liberi di piegare sempre la testa, di camminare adagio e di non poter sognare.

E i più attenti osservatori potranno notare che in questo inizio 2013 i cani continuano a correre liberi nelle strade e nelle piazze di Santiago, ma accanto sono apparsi nuovi cani sciolti, liberi dai recinti dei partiti e dei sindacati ufficiali, che hanno continuato a correre, a sognare, ad organizzarsi. Chissà se un giorno questi cani faranno branco, e credendo nell’Utopia, proveranno a volare, tentando di assaltare nuovamente il cielo.
A loro, e solo a loro, la possibilità di scrivere questo capitolo della Storia, quindi non chiedetemi come finirà.
Intanto, i cani corrono liberi nelle strade e nelle piazze di Santiago, e sono sempre di più.

El loboloco

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