«Modello Firenze»? Storia sociale del calcio a Firenze in tre puntate

1.  Firenze (ultras), ieri.

In un libro uscito pochi anni fa, Stadio Italia. I conflitti del calcio moderno (La casa Usher 2010), c’è un capitolo dedicato a Firenze. Tra le testimonianze orali che vi sono raccolte, appaiono i ricordi di un ultras che militava in curva Fiesole a cavallo tra gli anni ’80 e gli anni ’90. Le sue parole ci proiettano in un clima, in una città, oggi difficilmente immaginabile:

«Siamo nell’estate del 1990, poco prima dei mondiali italiani. Noi venivamo dagli scontri del giugno, a Torino e ad Avellino, quando per la finale di Coppa Uefa tra Fiorentina e Juventus la Federazione decise di far giocare i gobbi due volte in casa [alla Fiorentina fu imposto di giocare la partita casalinga ad Avellino, feudo bianconero, per i disordini causati dai tifosi viola nella semifinale contro il Werder Brema]. In realtà quell’anno era stato un delirio ovunque, in un posticino in Francia che aveva delle tribune pre-fabbricate, a Sochaux, avevamo sequestrato un cane poliziotto ed era venuto Antognoni a pregarci di restituirlo, a Madrid c’eravamo scontrati con la Guardia Civil, col Brema facemmo un casino della Madonna che ci squalificarono il campo per intemperanze.

[i bellissimi video delle partite: Atletico Madrid-Fiorentina 1 a 0; Fiorentina-Atletico Madrid 1 a 0 (si gioca a Perugia per i lavori di ristrutturazione del Comunale per i Mondiali del'90); Fiorentina-Sochaux 0 a 0 ; Sochaux-Fiorentina 1 a 1; Fiorentina-Auxerre 1 a 0; Auxerre-Fiorentina 0 a 1Werder Brema-Fiorentina 1 a 1; Fiorentina-Werder Brema 0 a 0 (Nappi "la foca")]

Eravamo appena tornati da Avellino, dove tutti giornali scrissero che fu un sollievo per la città quando l’ultimo dei treni viola finalmente fu fatto partire. C’era questa trattativa tra Pontello e gli Agnelli e aleggiava la notizia che Baggio sarebbe davvero passato alla Juventus. Tanti ultras, tanta gente in generale, si diede appuntamento alla sede. In quelle ore ci fu l’annuncio. Venne giù tutto. Non credo di sbagliare se ti dico che la guerriglia ha riguardato tremila persone, i numeri di una grande trasferta a Torino. La polizia chiamò i rinforzi da Bologna. Via degli Artisti, piazza Savonarola, piazza Donatello erano a ferro e fuoco.

C’erano continuamente cariche da una parte e dall’altra. La sensazione, il ricordo che ho, è una condanna minima di quanto successe da parte della cittadinanza fiorentina, o almeno di una sua parte. Ricordo un appoggio silenzioso da parte di molta gente che, sebbene mai sarebbe scesa in strada, voleva veder morto Pontello. Alcune signore arrivarono a tirare dei vasi sui poliziotti e i portoni si aprirono sempre per nascondere i ragazzi. I filmati li trovi ancora su internet, e a un certo punto si vede davvero volare uno di quei vasi. E’ una cosa che ricordano tutti. La cessione era ormai consumata, e quindi fu un enorme scarico di rabbia. Come si declinerebbe oggi un’esperienza del genere? Davvero, ritengo che in questo esempio, che magari può sembrare una cosa di poco conto, ci sia invece qualcosa che ci parli di come è cambiata la nostra città e l’Italia tutta.Oggi fatti di quel tipo sono del tutto impensabili e irrealistici. Ti immagini l’opinione pubblica? Pensa ai titoli che farebbe La Repubblica. Le accuse sarebbero di terrorismo, di reato associativo e via discorrendo. Oggi si parla appunto di «modello Firenze». Ecco, Firenze prima era un laboratorio all’opposto. Nessuna tifoseria ha mai fatto così casino per un giocatore. Questa era Firenze. Che clima ci fosse a Firenze te lo possono raccontare le tifoserie avversarie, ma ti bastava andare al cinema Universale, o girare di pomeriggio per San Frediano per capire cosa fosse Firenze. Hai presente quando si dice che oggi non esiste più la piazza? E non vale solo per i grandi momenti di aggregazione, solo per la politica e per la solidarietà di classe. Ora non ci sono più nemmeno tante compagnie. Ti ricordi da ragazzini, la prima domanda era: “Tu di che compagnia sei?”. Io lo chiedo sempre ai miei ragazzi (fa il professore in un istituto tecnico): “ma ce l’avete la compagnia?”. E loro: “Prof, esco con quattro amici”, “ci si vede un po’ qua e un po’ là”. Cosa ha creato le condizioni perché si verificasse ciò? Questa è la domanda politica per eccellenza di oggi. Ci siamo arrivati parlando degli scontri per Baggio. Non è incredibile, se ci si pensa bene».

Per chi avesse voglia di calarsi anche visivamente nell’atmosfera descritta, qui ci sono i video delle partite in questione e della giornata della cessione:

Juventus-Fiorentina 3 a 1: 1°tempo; 2° tempo.

Fiorentina-Juventus 0 a 0

Cessione di Baggio

Siamo la sera del 18 maggio 1990. In piazza non scendono solo gli ultras, ma una fetta non irrilevante della popolazione fiorentina. Emanuela Audisio su Repubblica raccontò così la giornata (le frasi in grassetto sono evidenziate da noi):

“FIRENZE. Notte di scontri in città, con attacchi alla polizia e lanci di molotov, e gli ultrà che tornavano continuamente alla carica in nuovi punti, mentre risuonavano le ambulanze e il traffico impazziva. E il questore ha imposto la chiusura dei locali pubblici alle 22,30. E’ stata la guerriglia finale dopo un attimo di pausa che aveva seguito alla prima fase della guerra, quella iniziata nel pomeriggio. Erano le sei e mezza di sera e non s’ è capito più niente. In piazza Savonarola, davanti alla sede della Fiorentina, c’erano quasi cinquecento persone tra tifosi e curiosi. I tifosi con le radio sopra le spalle ascoltavano un’ emittente privata che stava trasmettendo in diretta dalla sede la conferenza-stampa della società. Alle parole di Claudio Pontello: «La nostra famiglia resterà sempre al comando della società», il finimondo. Prima urla, cori, lancio di monetine e di ghiaia verso il palazzo. Poi i quindici pochi poliziotti che si barricano dietro le macchine e cominciano a sparare lacrimogeni. Paura, confusione, parapiglia, fumo, la folla si ritira. I poliziotti si fanno avanti roteando i manganelli. Si segnalava soprattutto per l’ energia dei colpi un agente della Digos in camicia bianca a maniche corte. Più tardi si giustificherà: «Eravamo quattro gatti, dovevamo farci spazio». Sparsi nelle vie adiacenti i tifosi trovano un cantiere: prendono mattoni, sanpietrini, pezzi di ferro, sassi e tornano all’ attacco nella piazza. Trascinando con sè tutto quello che trovano: biciclette, cassonetti, motorini. Carabinieri feriti Ma intanto la polizia ha chiesto rinforzi. La città è sconvolta dalle sirene, si alza l’ elicottero, arrivano aiuti da Coverciano. In tutto circa duecento unità. E la guerra ricomincia. Per terra resta un carabiniere con la faccia insanguinata, viene colpito anche un ragazzo di 23 anni, Giuseppe Giovannini, che tre ore prima era uscito dall’ ospedale con un versamento al ginocchio. Il carabiniere ferito è Gianluca Cappucci, 20 anni, romano. I medici gli hanno riscontrato unacontusione all’ emitorace sinistro, la prognosi è di dieci giorni ed il carabiniere è stato ricoverato nel reparto chirurgia. E’ stato colpito al petto da una bottiglia in piazza Savonarola davanti alla sede della Fiorentina. Al pronto soccorso dell’ ospedale di Santa Maria Nuova sono stati medicati anche l’ agente di polizia Fausto Fanelli, 22 anni, di Lido di Venezia ed il carabiniere Alesio Pierguidi, 23 anni, di Lamezia Terme.

Scende in piazza anche Indolfi, capo della Digos, cercando di calmare i suoi uomini. Ormai è guerriglia da metropoli. I tifosi si dividono su due lati, il traffico è bloccato. Il lungo western sembra non finire mai, le cariche si fanno più crudeli. Vengono divelti e usati pezzi di cartelli stradali, cinghie, catene con lucchetti. Intanto la gente dalle case e affacciata alle finestre sembra solidarizzare con i ragazzi, con chi lotta in nome di Baggio. L’ avvocato Claudio Pontello riuscirà a lasciare la sede solo alle otto di sera, ben nascosto in un cellulare. Se ieri pomeriggio la rivolta è stata firmata dai tifosi, l’ altra notte è stata la città a scendere in piazza per Baggio. Risultato: cinque cariche della polizia, l’ ultima poco dopo l’ una. Botte con il calcio del fucile a chiunque correva nei paraggi. Trecentocinquanta tra poliziotti e carabinieri a difesa di un chilometro rotondo di città, la piazza dove abita il conte Flavio Pontello. Facce degli agenti già viste, gli stessi che a marzo vennero come rinforzo per ripulire la città dai neri. Facce della gente non note: ragazzi, signore con il golfino sulle spalle, uomini della porta accanto, guardoni della notte, e quelli che una volta si chiamavano hippies. Estranei al calcio, ma non alla città. Un popolo che in una calda notte di mezza estate si è ritrovato più nudo e più solo. La città si è buttata in strada così com’ era: con le mani in tasca, con il cane da far passeggiare, con biciclette e motorini. Viale Gramsci si è subito intasato. Colonne di macchine in doppia fila. Mani pigiate sui clacson a tutto volume. I telegiornali e le tv private avevano appena dato la notizia: Baggio non è più della Fiorentina. Ma Baggio più che della squadra è sempre stato della città. Forse nel duemila i vincoli di sangue saranno più pallidi, ma oggi funzionano ancora con ferocia. Alle nove di sera cinquanta persone, alle dieci duecento, poi la moltiplicazione dovuta alla curiosità, alla voglia di esserci, di far qualcosa, fosse solo una battuta inutile. Cittadini qualsiasi, dilettanti della protesta, gente che quasi preoccupata chiedeva: «C’è stato un attentato?» Molotov nel cantiere. Oltre ai soliti ultras molti ragazzi sui vent’anni, persone in giacca e cravatta, a cantare, assediando la palazzina dei Pontello: «Tutte le sere, verremo tutte le sere», sul ritmo di Guantanamera. E ieri sera infatti sono tornati, perchè ieri Firenze non voleva andare a dormire. E alle 22 tutto è ricominciato e il primo obiettivo sono stati i Pontello. In un loro cantiere, a via del Campaccio, c’è stato un incendio, causato forse da molotov o da una bomba rudimentale. Nuovi incidenti a piazza Donatello, dove ha sede la finanziaria dei Pontello, e a piazza Savonarola, dove c’è la Fiorentina. Nuove cariche della polizia che ha usato anche i lacrimogeni, una guardia giurata, in un attimo di nervosismo ha sparato in aria. Un gruppo, a bordo di moto, ha caricato degli agenti con tondini e sampietrini. Il numero dei fermi è continuato a salire, mentre gli ultrà si dirigevano verso un altro obiettivo, il ritiro della nazionale, dov’è anche Baggio, a Coverciano. Ci sono state grida e pietre, un cassonetto ha preso fuoco. La polizia è intervenuta operando sette fermi. E nel frattempo gli ultrà hanno cominciato a radunarsi anche intorno allo stadio, con la minaccia di fare subito nuovi danni all’ impianto appena finito per il Mondiale”.

Queste fonti, come i volti ritratti nelle foto, ci descrivono una situazione sociale molto diversa da quello a cui siamo abituati oggi. Un tessuto sociale più coeso e passionale, un’identità più marcata, un rapporto con la violenza meno stigmatizzante, un riconoscimento collettivo dei giovani ultras come una componente della vita cittadina, sicuramente malandrina e eccessiva, ma prossima e intima (sono i figli, sono i nipoti della città). Allo stesso modo, la stampa locale, pur condannando i fatti, non può operare alcuna chiara distinzione tra buoni e cattivi, non può separare una parte sana della città dagli «insani» ultras, come invece negli anni seguenti sarà prassi consolidata, ed è costretta a raccontare che «la città si è buttata in strada così com’ era: con le mani in tasca, con il cane da far passeggiare, con biciclette e motorini». Così, se vediamo le foto dell’Artemio Franchio (all’epoca Stadio Comunale) degli stessi anni, ci colpisce la visione di uno stadio gremito in ogni ordine di posto, nonostante una Fiorentina perennemente nella parte bassa della classifica. Se lo stadio è lo specchio di una città, cosa ci raccontano della Firenze di fine anni ’80 i fatti legati alla cessione di Baggio e, più in generale, i gradoni del Franchi?

(Lucrezio Schwartz)

…Continua.

 

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