Lotta alla mafia e mobilitazioni studentesche

Sabato scorso per le strade di Firenze si è celebrata la XVIII giornata della memoria e dell’impegno nella lotta alla mafia. Decine di migliaia di manifestanti (150 mila per la Repubblica, insolitamente generosa) hanno percorso le strade del centro, davanti ai microfoni volti celebri delle istituzioni nazionali e locali come Matteo Renzi, Susanna Camusso o Giancarlo Caselli. La piena collaborazione delle istituzioni scolastiche ha consentito la partecipazione di moltissimi studenti, ma fra le tante facce sorridenti mancavano quelle di tanti “habitué” delle piazze. Mancavano anche tanti cori, bandiere e la rabbia a cui ci hanno abituati gli ultimi anni di mobilitazioni. Fortemente voluto dalle istituzioni e promosso instancabilmente dai media il corteo è comunque riuscito nel suo intento: dimostrare un grande consenso attorno a legalità e lotta alla mafia. Il rovescio della medaglia è che sono mancate determinazione e continuità nell’agire politico: la manifestazione di sabato, che non ha visto nè azioni nè parole d’ordine incisive, per come è stata gestita sembra un fuoco destinato a spegnersi nei prossimi mesi, senza che nessuno abbia la voglia e la forza di impegnarsi nel quotidiano o di rilanciare nei prossimi mesi la lotta alla mafia, almeno a Firenze. La marcia si è limitata a livello pratico a una sfilata degna della società dello spettacolo mentre a livello teorico anziché  affrontate le contraddizioni strutturali sulle quali la mafia prospera si è preferita una medicalizzazione del problema, innalzando la legalità e la repressione come principale risposta. Questo modo di“protestare” ha suscitato diverse riflessioni fra gli attivisti del movimento studentesco; abbiamo deciso di raccoglierne alcune con quattro interviste.

 

M. è andato al corteo, ci racconta con sguardo scettico di come pur con tutta quella partecipazione si sia comunque trovato a disagio in alcuni momenti della manifestazione. Cosa puoi dirci della manifestazione di sabato?

La manifestazione di sabato è stata molto partecipata, 100, forse 150 mila persone. Ancora una volta si è data testimonianza di come i media possono influire sull’agire delle persone, soprattutto degli studenti. I movimenti hanno promosso numerosi cortei a Firenze o in altre città che trattavano di argomenti altrettanto importanti, ma questi non sono stati egualmente partecipati, anzi abbiamo sempre visto l’opposizione delle istituzioni malgrado fossimo nel giusto.

Questo corteo invece è stato promosso da varie istituzioni, che giudizio dai dei promotori?

Mi ha fatto sorridere…anzi arrabbiare la presenza di sindaci e alte cariche dello stato che sfilavano facendosi potatori di valori come l’onestà sono per quel sabato, mentre in tutta la loro attività politica sono andati in direzione opposta. La presenza di Matteo Renzi testimonia come il corteo sia stato usato come vetrina per farsi pubblicità presso i presenti verso le future elezioni, locali o nazionali. Mi ricordo una situazione simile un anno fa, in occasione del corteo per l’uccisione dei fratelli senegalesi. Anche lì si riversarono 200 mila persone; però nei precedenti cortei antifascisti e antirazzisti le presenze erano molto inferiori. Questo ci dice come l’apparato mediatico influisce sulla coscienza della gente.

Alla partecipazione al corteo di così tanti studenti corrisponde un impegno quotidiano antimafia?

Non credo proprio. La partecipazione in massa di intere scuole sottolinea l’influenza dell’apparato mediatico. So che molti studenti miei coetanei sono andati alla manifestazione per “boscare” la scuola o spinti da un desiderio irrefrenabile di fermare la mafia, quando durante l’anno sono avulsi da ogni questione sociale e politica e non partecipano attivamente alle numerose iniziative costantemente pubblicizzati nelle scuole.

Chi dovrebbe portare in campo la lotta alla mafia?

Il problema mafioso è certamente una questione da affrontare. Teoricamente dovrebbe essere compito dello stato; però ormai vediamo- e non è una questione di qualunquismo-che spesso stato e mafia fanno parte di un unico blocco. Allora è paradossale che i paladini della lotta alla mafia l’appoggino poi costantemente. Ci sono esempi lampanti, non solo nel sud Italia, dove la mafia è più visibile, ma anche qui in Toscana, dove l’apparato mafioso ha una presenza costante.

 

Trovare chi, all’interno del movimento studentesco, sia rimasto profondamente convinto del corteo è molto più difficile. Alla fine intervistiamo V., che ha iniziato quest’anno a partecipare attivamente alla vita politica all’interno di scuola sua e che è andato al corteo assieme agli scout.

Come ti è sembrato il corteo di sabato?

L’ho trovato molto positivo rispetto a molti altri che ho fatto: tutte le persone che hanno partecipato erano veramente motivate, pronte a combattere contro la mafia. C’è stata un’informazione di base, in altri cortei sono andato perché mi sembrava giusto, ma qui motivi erano veramente molto seri e percepiti da chi vi ha partecipato. Io personalmente mi sono informato su internet, ma è un problema percepito in tante occasione, a partire da come vengono identificati gli italiani all’estero.

Che giudizio dai dell’organizzazione?

Io sono contento perché ho visto diverse tipologie di persone e gruppi, c’era di tutto, dagli scout agli studenti a persone anziane, come se interessasse veramente tutti. Alla fine è servito a lanciare il messaggio che tanti italiani non si riconoscono assolutamente nelle organizzazioni mafiose, a ribadire che non siamo d’accordo.

Come giudichi chi non è venuto perché ha preferito il corteo di Milano o è rimasto a casa?

Milano a parte, prima del corteo ho “minacciato” chi non fosse venuto né al corteo né a scuola [ride]. Sinceramente tollero poco chi non è andata né in classe né al corteo; c’è chi non viene ai cortei studenteschi perché non si sente toccato, ma la mafia è ben radicata e tutti dovremmo dire basta.

Che iniziative suggeriresti per contrastare la mafia?

Non saprei bene, sicuramente sensibilizzare le nuove generazioni, anche ripetere abitualmente cortei del genere. Questi servono per suscitare reazioni: ho visto telegiornali parlare per ore di questo, sottolineando diversi aspetti; già questa è una forma di coinvolgimento di tutti.

Sentiamo poi A. che non è andato al corteo di sabato perché non si rispecchiava né nel modo in cui il problema della mafia è stato analizzato né in come lo si voleva affrontare. Pur non avendo partecipato alla mobilitazione non ci sta a passare per disinteressato a questa battaglia, e anche sull’andamento del corteo ha un’idea chiara.

Come giudichi l’esito di questa manifestazione?

Sicuramente a livello numerico è stata una grande mobilitazione. Questo in gran parte è spiegato dalla forte sponsorizzazione nelle scuole di questo corteo da parte degli insegnanti; i presidi poi hanno contribuito giustificando le assenze: il fatto che gli studenti non abbiano fatto assenza andando al corteo è stato determinante per la partecipazione.

Qual è la percezione del problema della mafia tra gli studenti?

La questione della mafia a Firenze non è vissuta così come nel sud Italia, anche se sappiamo che la mafia è arrivata anche qui. I numeri del corteo di per sé non dimostrano che questo appuntamento fosse sentito dagli studenti come una data di lotta fondamentale, ma semplicemente tanti sono andati lì per saltare scuola, altri hanno pensato che questo appuntamento simbolico fosse un giorno in cui bastava andare in piazza per contribuire a risolvere il problema.

In cosa differisce la tua idea di mobilitazione e di protesta?

Non certo in mobilitazioni passive su parole d’ordine calate dall’alto. Ho partecipato negli ultimi anni a varie lotte studentesche, dalla riforma Gelmini ai provvedimenti di austerità del governo Monti. Ma quella di sabato era una data simbolica, in cui basta una partecipazione passiva per auto compiacersi della riuscita, a mio parere questa strategia è perdente. Quello che conta davvero è la partecipazione alle lotte, parteciparci dal basso. Anche riguardo alla lotta alla mafia l’associazionismo e la giustizia da sole non possono risolvere il problema, al più possono fare da pezza. Bisognerebbe intervenire dal basso, nei quartieri dove la mafia prende piede perché le persone non hanno alternative, o muoiono di fame o si affiliano ai clan. Chi combatte veramente le mafie sono le persone che ogni giorno vanno in quei quartieri per dare una prospettiva a quei ragazzi.

Quello di sabato non è quindi secondo te né l’unico né il miglior modo di combattere la mafia?

Secondo me ci sarebbe tanto da fare per questo problema, ma non è nemmeno che basti semplicemente  andare a raccogliere pomodori per una settimana d’estate. Bisogna prendere coscienza sulle radici di questa piaga. Bisogna informarsi su quella che è la realtà del sud Italia, ad esempio su cos’è stata ad esempio la rivolta di Rosarno. Lì vediamo come la mafia sia collegata allo sfruttamento di contadini che lavoravano in condizioni di miseria solo per far aumentare i profitti.

Un commento più ottimista è quello di V. che è andata al corteo per via e malgrado il pressing istituzionale e che comunque non può non sottolineare alcune ambiguità evidenziate nel corso della giornata.

Che impressione hai avuto del corteo?

Abbiamo vissuto questo corteo in modo molto più “tranquillo” di quelli studenteschi. C’è stata una grande partecipazione, alcuni dentro la scuola si sentivano molto legati a questa tematica, vissuta però con una consapevolezza diversa rispetto alle tematiche che sembrano più vicine. Sappiamo comunque che la Toscana è la sesta regione per infiltrazioni mafiose; questa consapevolezza viene però prevalentemente da parte dei docenti o della presidenza, che hanno poi coinvolto gli studenti. Come collettivo invece non abbiamo mai affrontato il tema, perché non abbiamo potuto trattarlo come sarebbe piaciuto a noi. Personalmente conosco associazioni che a livello territoriale lavorano molto bene, ma sentire parlare di mafia ad esempio da Libera di Firenze non è come sentire la voce di chi vive a Scampia per capire la questione sociale che sta alla base di come si muove la camorra. Il corteo è stato bello e partecipato, ma meno sentito rispetto agli altri; noi del collettivo non sapevamo che cori fare o come portare avanti quelle tematiche che in realtà sono molto spinose. Abbiamo comunque cercato di caratterizzare il clima del nostro spezzone, rivendicando alcuni personaggi come Impastato rispetto ad altri, evitando parole d’ordine che ruotassero attorno alla legalità o che vedesse lo stato come antitetico alla mafia. Anche lo striscione che abbiamo scelto aveva una frase di De Andrè, originariamente rivolta contro lo Stato. Abbiamo voluto sottolineare la contiguità tra Stato e mafia: la soluzione alla mafia non è lo stato, ma qualcosa di molto più territoriale e partecipato.

Quali attori diversi dallo Stato portano avanti la lotta alla mafia e come?

Serve un lavoro sociale e non solo repressivo. Persino Falcone diceva una cosa del genere “se la gioventù smetterà di dare appoggio alla mafia, questa smetterà di esistere”. Anche oggi la legge Maroni ha buttato in carcere più gente, ma questo non ha risolto niente, anzi a volte ha quasi dato più adito alla camorra. La situazione va risolta alla base, a livello sociale, e non è la semplice repressione ad aiutare. Servono persone legate al sociale, all’informazione come Impastato o Rostagno, più che il grande magistrato.

Cosa ne pensi della giustificazione per partecipare al corteo?

Chiaramente questo ha consentito una partecipazione maggiore del solito. Anche pensando al collettivo o a classe mia tanta gente, io in primis, non avrebbe saltato un giorno di scuola per andare in piazza. Perché anche se è una tematica importante si sa che non è un corteo a poterla risolvere o a denunciarla nel modo giusto. Che la mafia è brutta e cattiva lo dicono tutti, di facciata lo può dire anche un mafioso. E quindi scendere in piazza dicendo solo che la mafia è brutta e cattiva, senza grandi rivendicazioni invoglia poco. Quindi molti, non fosse stato per la giustificazione, non sarebbero proprio scesi in piazza. Il poter evitare l’assenza ha fatto sì che venisse sia chi aveva voglia di partecipare ma non poteva permettersi assenze sia chi era indifferente, visto che l’alternativa era stare cinque ore dietro al banco. Penso che la scuola dovrebbe garantire comunque queste cose di educazione civica, dovrebbe garantirlo in più occasioni, non per forza solo per quelle promosse dalle istituzione. Una sorta di diritto allo sciopero scolastico, senza dover incorrere in conseguenze sulla condotta o altri metodi repressivi. Questo però non viene fatto solitamente. Il corteo di sabato era un eccezione, era pensato per il buon cittadino che sta alle regole delle istituzioni. La mafia è un po’ come il Goldstein di 1984, il nemico statale contro cui riversare l’odio, funzionale ad agevolare le proprie condotte, ad esempio repressive. Per questo il corteo di sabato era educativo, lo stesso non si può dire di quei cortei che si oppongono alle istituzioni anziché agevolarle.

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