Google Glasses: l’insostenibile leggerezza della tecnologia

Da i-flâneurs benjaminiani quali siamo, dato che la figura del flâneur di certo non va in pensione, al massimo ha uno smartphone in tasca, aggiungiamo qualche riflessione a quest’articolo che, nel suo complesso, ci sembra interessante.

Il ragionamento sulla “dematerializzazione” è fuorviante perché virtuale e digitale non dematerializzano, semmai
:
miniaturizzano da una parte (per mantenere le solite dimensioni aumentando qualitativamente la quantità -le pennette USB sono sempre delle solite dimensioni, ma da 100mb che erano ora sono di 40gb)
delocalizzano dall’altra (dropbox e i vari cloud non sono davvero nelle nuvole come la retorica tecnologica ci millanta, sennò immaginatevi che slaloom dovrebbero fare gli aerei della ryanair, sono solo cartelle con una password contenute in hard disk dislocati in sperdute isole del pacifico); continuando in quell’ “annullamento dello spazio attraverso il tempo” che troviamo nei Grundrisse di Marx. Del resto si sa, “la materia o è movimento o non è”: parlare di “dematerializzazione” quindi è impossibile, da un punto di vista pratico, prima ancora di essere sbagliato da un punto di vista teorico.
L’articolo, come detto sopra, è comunque molto interessante…buona lettura.

Da AutAut Pisa:

Qualche tempo fa, in un articolo dedicato a Spotify, abbiamo parlato di scomparsa dell’opera d’arte nella sua veste materica. Abbiamo parlato insomma di dematerializzazione.

google glassesÈ di poche settimane fa la notizia del prossimo lancio da parte di Google dei cosiddetti google glass, un device che ha la forma di un paio di occhiali, ma che racchiude in sé molte delle tecnologie che oggi vengono utilizzate su smartphone e tablet. Gli occhiali in questione permettono la visualizzazione di informazioni di vario tipo sulla lente degli occhiali stessi. L’interazione con queste informazioni è basata soprattutto su comandi di tipo vocale, che permettono semplicemente di indossare gli occhiali e visualizzare mail, messaggi, mappe, scattare foto con il semplice utilizzo della propria voce (guardatevi il video per capire di cosa stiamo parlando).

Le operazioni che questi occhiali sono in grado di compiere non sono in fondo così diverse da quelle garantite da ogni tablet o smartphone, ma le caratteristiche di utilizzo di questo nuovo oggetto introdurranno probabilmente una serie di cambiamenti importanti. Basta andare un po’ indietro con la memoria, ad esempio, per verificare come le tecnologie che oggi utilizziamo abbiano attraversato un processo di progressiva dematerializzazione: ricordo ancora quando i miei genitori comprarono il primo pc e decisero di metterlo in camera mia. Tutt’altro che contento ero piuttosto scocciato per l’enorme quantità di spazio occupata dal nuovo oggetto. Qualche anno dopo ho comprato il mio primo laptop, un aggeggio che pesava quanto un frigorifero e aveva l’autonomia di un pesce fuor d’acqua. Poi il secondo laptop, e il terzo. Poi lo smartphone, il kindle e così via. Se già il laptop permette un utilizzo mobile, lo smartphone permette un utilizzo costante di internet e di tutto ciò che ormai ad esso si lega – facebook, twitter e così via –. Cosa cambia, direte voi? Cambia che grazie al progressivo assottigliamento, alleggerimento degli strumenti che permettono di connettersi alla rete, siamo fondamentalmente sempre connessi, sempre in grado di utilizzare i servizi che attraverso la rete ci vengono prontamente offerti. Questo comporta indubbiamente dei vantaggi, ma allo stesso tempo è proprio su questa operazione che si è basata una colossale colonizzazione di bisogni ed esigenze umane – il bisogno di condivisione e socialità, la curiosità ecc. – che oggi costituiscono il carburante che garantisce introiti miliardari alle grandi aziende del capitalismo digitale. Pensate quali potrebbero essere le possibilità offerte in questo senso da un dispositivo che non solo potrebbe seguirci momento per momento nella vita di ogni giorno, ma che diversamente da uno smartphone non deve essere tirato fuori da una tasca, ma fa da schermo alla nostra percezione visiva della realtà, suggerendoci – e raccogliendo – informazioni sul mondo circostante – la tecnologia della cosiddetta realtà aumentata –. A questo punto sorge inoltre un altro problema, di cui peraltro si discute già molto: grazie alle incredibili potenzialità dell’algoritmo di google, così come delle tecnologie di profiling utilizzate per mappare alla perfezione abitudini e gusti degli individui e offrire loro pubblicità e contenuti individualizzati e non generici – siete appassionati di boxe? Le pubblicità che vissualizzerete saranno quelle dei guantoni, e non quelle degli sci o delle bici da corsa – tendiamo sempre più ad essere rinchiusi in bolle, a trovare quello che già ci aspettiamo di trovare, ad essere privati della possibilità di incontrare il nuovo. Il flâneur, il benjaminiano passeggiatore senza meta, è destinato a scomparire. Si badi bene: questo meccanismo non è soltanto negativo, anzi. Il fatto che quando, digitiamo su google “parrucchiere”, dopo la pagina di wikipedia dedicata a questo mestiere ci compaia la pagina delle pagine gialle della città in cui siamo dedicata ai parrucchieri, e non la lista dei parrucchieri di Beirut, è comodo. Occorre però tenere di conto dei rischi legati a questa tecnologia, che ci impedisce sempre più di incontrare il diverso. La sua integrazione in un dispositivo che ci segue nella vita di ogni giorno, che filtra la realtà per noi, proprio come fanno dei normali occhiali da sole, dovrebbe quantomeno far riflettere.

Quindi, vi chiederete, google glass sì o no? La domanda è mal posta. Premettendo ovviamente il fatto che quelli di questo articolo non sono altro che spunti di riflessione a proposito di un dispositivo che ancora non è stato neppure immesso sul mercato, crediamo, in accordo con un illuminante e ormai famoso articolo di wuming, che quando ci si rapporta alle nuove tecnologie legate alla rete occorra rifuggire una dicotomia netta tra pro e contro, e adottare piuttosto un approccio ibrido, in grado di individuare potenzialità e rischi contenuti in questi mezzi.

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