Ricatti ad alta velocità

Il 17 gennaio 2013 è scattato il sequestro della talpa “Monna Lisa” e quindi il blocco dei lavori per la realizzazione del sotto attraversamento AV a Firenze (ma non della stazione Foster). Si è scoperto che la talpa era messa insieme con pezzi vecchi e usati, che i rivestimenti destinati alle gallerie del tunnel Tav  erano inadeguati, fatti con materiali scadenti e pericolosi, oltre alla scoperta di “infiltrazioni” camorriste nelle ditte appaltatrici che si occupano dello smaltimento rifiuti. In seguito all’imbarazzante sequestro si sono registrate una valanga di dichiarazioni, nel tentativo mal riuscito, di  recuperare un po’ di credibilità, denunciando le irregolarità senza, tuttavia, abiurare l’opera. I comitati invece, hanno trovato conferma con quanto detto da sempre, e hanno chiesto la sospensione degli scavi, ma non del progetto AV.  Da qui la proposta di creare due binari Tav in superficie. Secondo il  Comitato No Tunnel TAV, Italia Nostra, la Rete Toscana dei Comitati in Difesa del Territorio e il La.P.E.I (Laboratorio di Progettazione Ecologica degli Insediamenti) dell’Università di Firenze “A parità di investimenti, le opere alternative proposte garantirebbero molti più posti di lavoro che non la realizzazione di una serie di inutili e pericolosi buchi sotto la città”. Quindi lo stesso capitale investito (stiamo parlando di miliardi di euro) per realizzare un’opera inutile, al fine di assicurare qualche posto di lavoro in più,sarebbe la proposta per tentare di arginare il distruttivo scavo sotto la città. In ogni caso, il progetto Tav, che stia sotto, sopra o in una montagna, come tutte le attività di edilizia, costruzione, ecc. ha un solo scopo: il profitto. Perché le aziende coinvolte nei lavori avrebbero usato pezzi vecchi per la talpa o pessimi rivestimenti per le gallerie? Per tagliare sui costi e massimizzare i profitti! Nella voce costi rientra anche la forza lavoro e infatti, i cantieri Tav, ma non solo, si portano dietro una storia fatta di morte e sfruttamento. Esemplare è il caso della variante di valico, il tratto autostradale che fora l’Appennino Tosco-emiliano e del cantiere Tav, entrambe nel Mugello: “I lavoratori dell’Alta velocità facevano turni che si riteneva durissimi: il cosiddetto quarto turno con sei giorni di lavoro e uno di riposo, sei giorni di lavoro e due di riposo, sei giorni di lavoro e tre di riposo, facendo così 48 ore di fila a settimana in galleria. Già dal primo giorno di distribuzione dei questionari sulla Variante di valico, ho capito che i turni ora erano ancora più duri: i lavoratori mi hanno parlato di 11, 12, 13 ore nei cantieri come orari ‘normali’. Il quarto turno è diventato un 6+1 (giorno di riposo), 6+1, 6+4 per concentrare i giorni liberi. Ma le ore sono di più. In tanti hanno scritto 40, 50, 60 ore. Dai dati dei questionari il lavoro straordinario è mediamente di 34 ore mensili” (qui l’intero articolo)

L’alternativa allo sfruttamento, nello stato di cose presenti, è la disoccupazione. Adesso, in seguito al sequestro del cantiere per il sotto attraversamento, 43 lavoratori di Nodavia sono stati messi in mobilità e rischiano seriamente di essere licenziati senza ammortizzatori sociali. Esprimiamo tutta la nostra solidarietà ai lavoratori vittime di scelte non loro, ma non si può non denunciare la strumentalizzazione da parte di chi vuole questo progetto ad ogni costo, che sia la Regione, il Comune, la Confindustria o sindacati ammanicati.

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