La Firenze della prostituzione

http://www.inventati.org/cortocircuito/wp-content/uploads/2014/03/601385_591452374216056_1745840797_n.jpg«Nella prostituzione, i rapporti sociali (di potere e di genere) che nella vita ordinaria sono celati nell’anonimato della famiglia, emergono nella loro forma più netta ed esplicita grazie al denaro. Ed è per questo che la pubblica opinione si disinteressa della prostituzione finché questa rimane al suo posto o celata, finché insomma non dice esplicitamente alla società legittima quanto siano affini in tema di sessualità e di potere.»
A. Dal Lago, E. Quadrelli in La città e le ombre

Martedì mattina sono state arrestate 12 persone a Firenze, tutte coinvolte in un giro di sfruttamento di ragazze provenienti dall’est Europa. Questo l’articolo di Repubblica, che questa volta, anche se si parla di prostituzione, evita di lasciarsi andare in squallide operazioni voyeuristiche. Qualcosa di apparentemente diverso rispetto ai soliti articoli sui comitati “anti-degrado”, i quali vorrebbero che la prostituzione fosse resa, fisicamente parlando, ancora più marginale, perché non è “decoroso” vederla alla luce del sole. In realtà questa volta Repubblica ci offre solo un’altra faccia della medaglia.

Se c’è chi vorrebbe che la prostituzione di strada fosse relegata fuori dall’ambito del visibile, è perché si vuole celare ciò che, attraverso il corpo di queste ragazze, viene immediatamente restituito ai “legittimi” abitanti della città. In altre parole, si vuole nascondere ciò che anche i media ufficiali stavolta non possono fare a meno di sottolineare: non c’è niente di deviante, di anormale, attorno alla prostituzione di strada. Chi usufruisce di questo servizio, sia direttamente che indirettamente – come “il panettiere di Novoli”, il “concessionario di auto”, “il pensionato che aveva appartamenti in via Baracca” – rappresenta una fetta di popolazione inestricabilmente connessa con la vita quotidiana degli abitanti di Firenze.

Ci teniamo a sottolineare anche che i racconti di sfruttamento che il quotidiano ci restituisce non devono essere considerati eccezionali, né fonte di scandalo. Questo è il trattamento riservato quotidianamente alle ragazze dell’est Europa. Spesso arrivano in Italia con i loro fidanzati, e sono proprio questi ultimi a obbligarle alla prostituzione, ricattandole sentimentalmente e psicologicamente. Tutto il giorno sulla strada e la mattina a casa, sfruttate sessualmente per l’ennesima volta nella giornata, perché il proprio uomo non si rifiuta mai. Spesso sottoposte a numerosi aborti perché il fidanzato rivendica il diritto a rapporti non protetti, in nome di una proprietà privata sul corpo della ragazza. Non facciamo nostre analisi che riconducono queste pratiche a una presunta cultura tribale che renderebbe naturale l’inclinazione alla violenza per chi proviene da determinate aree geografiche. Ci troviamo invece d’accordo con chi sottolinea una realtà di guerra tra poveri, che le donne come quasi sempre accade si trovano a subire più degli uomini, dovuta a una disgregazione sociale che certi paesi hanno iniziato a sperimentare dopo la caduta dei governi del cosiddetto “socialismo reale”.

Non ci sembra che ci sia miglior modo di invitare alla riflessione, che riportare un brano dal libro citato in esergo. Si tratta di una ricerca sulla città di Genova, che però ci appare ideale anche per descrivere la situazione di una città come Firenze.

«Due mondi, o città, che coesistono ma si ignorano o meglio si guardano, nonostante la prossimità, da una distanza insuperabile – la città legittima dei cittadini, dell’opinione pubblica, delle corporazioni o associazioni professionali, dei partiti e quella più o meno invisibile dell’illegittimità, dell’immigrazione, della microcriminalità, della prostituzione palese o occulta, della tossicodipendenza. Due città, ovviamente, in una posizione profondamente diversa e asimmetrica: la prima non conosce la seconda, ma la evoca in continuazione, ne fa la fonte di ogni disagio o, come si dice oggi, “degrado” urbano e civile, vedendovi il terreno di coltura di ogni possibile minaccia, popolandola di anormali e di devianti; la seconda vive nell’ombra dell’economia informale, semilegale o illegale in luoghi scarsamente visibili dalla città legittima, e soprattutto non è dotata di voce. Due città separate, verrebbe voglia di dire, se poi, nonostante la distanza e l’asimmetria in cui sono collocate, non si potessero ricostruire le relazioni occulte che le legano. La città legittima pronuncia parole di paura o di sospetto verso quella illegittima, ma ricorre a quest’ultima per un gran numero di servizi e di prestazioni (…) La città illegittima è titolare di un’offerta di servizi la cui clientela è costituita in gran parte dai membri della società legittima. Una realtà che questa rimuove o nega ostinatamente, quando esige l’eliminazione delle prostitute dalle strade senza riflettere che esse soddisfano una domanda vastissima e differenziata.» 

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