La rabbia dei giovani immigrati scuote le periferie di Stoccolma

Decine di auto distrutte, due edifici incendiati, un commissariato assediato, poliziotti e vigili del fuoco presi a sassate. Le tre nottate di disordini, causati tra domenica e martedì nelle periferie di Stoccolma da centinaia di immigrati, hanno portato alla luce le tensioni che covano in Svezia. Il quarto Paese tra le economie industrializzate per numero di rifugiati (il secondo in rapporto alla popolazione) fa sempre più fatica a restare all’altezza della propria fama di nazione modello per giustizia sociale.

I disordini hanno avuto come epicentro, domenica notte, Husby, un piccolo sobborgo della capitale, dove convivono comunità provenienti da Turchia, Libano, Siria, Somalia e dove gli immigrati di prima o seconda generazione rappresentano l’80% degli 11mila residenti. E dove moltissimi giovani sono senza lavoro. La scintilla che ha acceso le violenze è stata l’uccisione di un immigrato di 69 anni da parte della polizia, qualche giorno fa: l’uomo sarebbe stato visto girare per strada con un grande coltello, forse un machete, gli agenti hanno fatto irruzione nel suo appartamento e gli hanno sparato, tirandosi addosso accuse di brutalità gratuita.

Da Husby, i disordini si sono estesi ad altre periferie di Stoccolma, fino all’attacco, martedì notte, di una stazione di polizia, presa a sassate. Otto ragazzi, di età tra i 15 e i 19 anni, sono stati arrestati, diversi agenti sono rimasti feriti. La stampa vicina all’opposizione di sinistra ha attaccato le politiche del Governo, accusato di aver accresciuto le diseguaglianze e di aver trasformato le periferie in ghetti. A partire dagli anni 90, la Svezia ha ridimensionato il ruolo dello Stato nell’economia e seppure resti uno dei Paesi più ricchi in Europa, la diseguaglianza sociale è cresciuta a ritmi che non hanno pari tra gli Stati avanzati, secondo l’Ocse.

Ne hanno fatto le spese soprattutto gli immigrati e tra questi i giovani. In Svezia, il 15% della popolazione è straniera: tra loro, il tasso di disoccupazione è al 16%, contro il 6% tra i nativi svedesi. Insieme alla frustrazione di ceti che si sentono sempre più emarginati, crescono i sentimenti ostili all’immigrazione, intercettati dal Partito di democratici svedesi, ormai terzi nei sondaggi, a un anno dalla elezioni.

Pur restando salda su un cammino di crescita, l’economia di Stoccolma sta segnando il passo: metà del Pil arriva dalle esportazioni, che per il 70% finiscono in Europa, la cui crisi si fa sentire anche da queste parti. Nel 2012, il Pil ha frenato allo 0,8% dal 3,7% del 2011 e quest’anno andrà poco oltre l’1%, mentre la disoccupazione è all’8,5%, la più alta tra i Paesi scandinavi.

da Il Sole 24ore

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