Livorno – Oltre 100.000 metri quadri per attività nocive ed inquinanti al posto del verde

La variante “puntone del Vallino” prevede che un’immensa area verde nei pressi del Cisternino venga destinata ad attività industriali e nocive. L’ennesimo sfregio alla città in nome del profitto di CNA, cooperative e altri imprenditori legati al PD.

lem_striscione_nocivitaCon delibera n. 5 del 7 febbraio scorso il Consiglio comunale di Livorno ha approvato una variante al piano regolatore relativa alla zona del “Puntone del Vallino”, cioè un’area verde di circa 187mila metri quadrati (più di venti campi di calcio) che si trova tra il Cisternino e il Torrente Ugione.

Si parla da anni di destinare la zona ad attività industriali e nocive, come certificò il piano regolatore del 1998. Non fu certo casuale che alla fine degli anni ’90 una società americana individuò proprio quest’area come la più adatta per costruire un inceneritore per rifiuti industriali. In quell’occasione l’amministrazione comunale, evidentemente preoccupata della concorrenza che tale impianto avrebbe fatto a quello dell’AAMPS, negò l’autorizzazione. L’interesse di gruppi industriali e speculativi (i proprietari dei 187mila mq sono, fra gli altri, la Ipercoop, la Unicoop, un consorzio di piccole e medie imprese riconducibile alla CNA, un imprenditore edile, alcuni immobiliaristi, ecc.) non è però mai cessato e oggi si rilancia un progetto che si pensava morto e sepolto, tanto che la variante al piano regolatore recentemente approvata dal Consiglio comunale, se possibile, peggiora ulteriormente il già deleterio piano del 1998. Ma andiamo per ordine.

Nella variante si conferma la destinazione ad attività “industriali e nocive” ma, oltre che ad allargare sia pur di poco l’area, si ribalta la proporzione fra attività industriali e attività nocive: nel 1998 era di 2 a 1, oggi è di 1 a 2, cioè ben 124mila mq su 187mila potrebbero essere impegnati in attività pericolose per la salute e l’ambiente. Dalla documentazione fornita dall’amministrazione comunale si viene a sapere che secondo i proponenti del progetto -che, come vedremo in seguito, si sono visti accettare integralmente dal Comune di Livorno tutta la documentazione da loro redatta senza alcuna modifica o prescrizione- tale variante risponde a indagini di mercato che evidenziano una “discreta richiesta per tali attività” che non trovano nessuna altra risposta nel territorio del Comune. Cioè non ci sarebbero, nel Comune di Livorno, gli spazi per attività nocive e allora si portano al Cisternino! Sarebbe stato più logico prendere atto che l’area livornese è già satura di attività nocive e che quindi Livorno può e deve farne a meno. Sempre in tale documentazione si legge che, con l’operazione Puntone del Vallino, l’amministrazione spera di risolvere alcune situazioni particolari “prevedendo lo spostamento in quest’area aziende sempre meno compatibili con siti nei quali oggi sono localizzate”. Questa dicitura, molto preoccupante per i residenti della zona, significa che si pensa di spostare qui le aziende RARI, Lonzi ed altre, così anziché risolvere il problema dell’inquinamento e degli incendi alla diossina contro i quali si battono da tempo alcuni comitati cittadini e gli ambientalisti, lo si scaricherebbe sul Cisternino come se fosse una zona desertica e disabitata.

Nella variante è stata anche fatta un’altra inquietante modifica al piano del 1998. E non si tratta di poca cosa: viene infatti tolto il divieto d’installare in quell’area “impianti di produzione di energia elettrica alimentati da combustibili derivati da rifiuti” i così detti termovalorizzatori. Dobbiamo pensare che il mega inceneritore da 350mila tonnellate l’anno (sette volte più grande di quello dell’AAMPS) che si intende realizzare a Livorno è previsto in quest’area? L’amministrazione comunale ha più volte smentito questa ipotesi, ma allora come spiegare questa cancellazione?

La documentazione, benché commissionata dai proponenti, mostra diverse criticità sismiche, idrauliche e idrogeologiche. In questa sede ne segnaliamo solo una, quella relativa al fatto che l’area sarà priva di acqua che dovrà essere reperita in loco tramite pozzi. Non viene quantificata la necessità, però considerando che si tratta di industrie nocive è facile presumere che non si tratterebbe di quantità irrilevanti. Naturalmente i proponenti “dimenticano” di valutare gli effetti di questo prelievo su coloro che attualmente vivono nei pressi del Puntone del Vallino. Su questo come su molte altre questioni l’amministrazione comunale non ha avuto nulla da ridire. Evidentemente l’interesse dei cittadini, anche quello su un bene di prima necessità come l’acqua, passa in secondo piano rispetto al business.

L’analisi della documentazione ci porta però ad uno dei nodi dell’operazione Puntone del Vallino: la mancanza di trasparenza e la commistione fra interessi pubblici e privati. Si è detto che il Comune ha accettato senza batter ciglio tutte le proposte e le analisi fatte dalle società proprietarie dei terreni. Purtroppo però c’è di più, anzi di peggio. L’unico documento che porta la sigla del Comune di Livorno, il “Rapporto ambientale”, vera architrave di tutta l’operazione anche se pieno di omissioni e inesattezze, è stato realizzato con la collaborazione di una società, la Sintesis srl, che risulta essere coinvolta, tramite una sua partecipata, nell’operazione. Fra l’altro il tecnico che ha firmato il rapporto ambientale per la Sintesis è vicepresidente di una delle società proprietarie dei terreni. Siamo quindi di fronte ad un conflitto di interessi che da solo rende moralmente indecente tutta l’operazione. Evidentemente l’esperienza della discarica del Limoncino non ha insegnato nulla ai “nostri” amministratori.

Il paradossale di tutta questa oscura vicenda è che proprio nel citato “Rapporto ambientale” uno spazio viene dedicato alla necessità di coinvolgere la cittadinanza, informandola del progetto in modo da evitare proteste e opposizioni. Ci si è riempiti la bocca di “riunioni pubbliche”, di “informazioni dettagliate” ma poi, come sempre, si è messa la popolazione di fronte al fatto compiuto della delibera approvata dal Consiglio comunale.

L’area del Cisternino ha sopportato e sopporta il disagio dovuto a poli industriali come il Petrolchimico (distante meno di 1 km), la discarica di Vallin dell’Aquila, depositi di containers (situati proprio a ridosso del parco del Cisternino) e non può sopportare una zona per attività industriali nocive. Il Comune dovrebbe pensare a valorizzarla e considerarla come possibile parco alle porte di Livorno, città che non ha un gran numero di zone verdi fruibili. Migliaia di cittadini livornesi tradizionalmente nella bella stagione fanno scampagnate al Cisternino, e se opportunamente curata la zona potrebbe essere un vanto per la nostra città. Viene invece lasciata a se stessa forse per giustificare proprio la creazione di aree per attività nocive nelle vicinanze e poter dire d’averla “recuperata”. I promotori del progetto delle nocività sostengono infatti, con una bella faccia tosta, che la creazione di quest’area potrebbe impedire il degrado della zona causato da deposito incontrollato di rifiuti, ospitalità non autorizzata di nomadi, abusivismo edilizio.

Gli interessi degli abitanti, in termini di salute innanzitutto, ma anche ambientali ed economici (basti pensare all’impatto sul valore delle case che quest’area avrà) non vengono presi minimamente in considerazione dall’amministrazione comunale. A preoccupare non sono solo le attività nocive ma anche l’inquinamento che verrà portato dalle centinaia di camion che arriveranno in zona ed entreranno da una rotonda che verrà costruita al posto dell’attuale svincolo del Cisternino (Via delle Sorgenti).

Per concludere non ci resta che sostenere con forza quanto richiesto dai comitati ambientalisti nelle loro osservazioni critiche presentate al Comune di Livorno:

  1. che il Consiglio comunale ritiri la delibera n. 5 del 7/2/2013;
  2. che l’Amministrazione comunale faccia valutare da organismi indipendenti quanto riportato negli studi commissionati dalle società proponenti il progetto di polo delle nocività;
  3. che il “Rapporto ambientale” venga riscritto da un organismo indipendente;
  4. che i nuovi elaborati vengano presentati ai cittadini che abitano nei dintorni della zona interessata;
  5. che tutti i cittadini livornesi, una volta che siano stati adeguatamente informati attraverso la condivisione del materiale prodotto e uno o più incontri pubblici sul tema, possano liberamente esprimere le loro valutazioni.

Al Varo

tratto da Senza Soste n.83 (maggio-giugno 2013)

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