Sorveglianza e repressione nelle scuole

Pubblichiamo un intervento della Rete dei Collettivi Studenteschi Fiorentini, ricordando anche il corteo di domani, venerdì 4 ottobre in Piazza S. Marco, ore 9:00

L’efficacia delle attività di sorveglianza e repressione si misura nell’invisibilità della loro azione. Tanto più il potere è implicito, sottile, diffuso ed accettato, tanto più la sua sovversione è difficile. Nel momento in cui esso è irriconoscibile superificialmente, nei piccoli dettagli possiamo trovare i punti in cui attaccarlo. Telecamere nelle scuole, divieto di fumo, voto di condotta, regi…stri elettronici. Da qua dobbiamo ripartire. Basta notare che la maggior parte delle scuole è controllata da videocamere di sorveglianza: dover contro il bullismo, dove per la viabilità, si usano questi strumenti anche per controllare la vita scolastica rendendo repressivo un ambiente che dovrebbe invece favorire l’esprimersi dei comportamenti spontanei. Dove si vogliono reprimere quei gesti non naturali ma causati dall’ambiente esterno, si applica uno sterile proibizionismo che cura gli effetti ma non le cause ed è ovviamente usato per estendere il controllo sugli studenti. Si parla di norme come il divieto di fumo all’interno degli edifici scolastici, con cui da una parte si limitano gli spazi di socialità a disposizione degli studenti (svariati i casi di scuole i cui cortili sono stati chiusi preventivamente per imporre il rispetto del divieto) e dall’altra si intensificano i controlli all’interno dei corridoi, dove “ronde di controllo” composte di professori e presidi-sceriffi cercano i peccatori per infliggere salate multe. Peccato che la soluzione al problema non sia questo proibizionismo sterile, ma un’analisi seria delle cause che porterebbe alla natura esclusiva di un sistema non basato sulle esigenze dell’uomo, ma che lo esaspera ed induce a cercare di alleviare lo stress. Stessa logica che è stata applicata nell’adozione del voto di condotta. Agli studenti non piace andare a scuola, è evidente. Il problema non sono siamo noi, poichè la scuola dovrebbe essere a misura di chi la vive. Il problema è il modello pedagogico fallimentare che domina in tutto l’occidente, ed ogni strumento che punisce i comportamenti “non corretti”, altro non fa che reprimere le personalità per adattarle alle esigenze del futuro ruolo economico che dovremo occupare. Per rinforzare ancora una situazione gravissima, la burocrazia arriva ad aumentare il carico di controllo cui ogni studente è sottoposto. Si producono gli stessi effetti di telecamere e condotta (sorveglianza e punizione) con la comunicazione istantanea riguardo assenze e ritardi, mentre rinvigorisce l’aspetta nozionistico della scuola 2.0: come può un voto online sostituire il rapporto che allievo e famiglia dovrebbero avere con i docenti per capire se il percorso formativo in atto arricchisce lo studente, aldilà delle singole nozioni? E’ evidente che le novità introdotte nel mondo della scuola in nome di “efficienza”, “salute” e “sicurezza” altro non sono che dispositivi di controllo. Nuovi argini in cui costringere gioia e curiosità giovanili.

SIAMO L’ACQUA DI UN FIUME IN PIENA ABBATTIAMO I LORO ARGINI

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