#19Ottobre: l’appello di Aula R

Pubblichiamo di seguito l’appello del Collettivo Aula R sul corteo nazionale del 19 Ottobre a Roma

SUL 19 OTTOBRE

Per una ripresa della lotta

Pensiamo che la manifestazione dei movimenti del 19 Ottobre prossimo sia un’ ottima occasione per esprimersi sull’attuale fase politica e sociale.Nelle varie convocazioni per questa data si è fatto spesso riferimento alla necessità di una “sollevazione”, appellandosi a varie soggettività (dai sans papier, fino ai disoccupati) che dovrebbero in una sola giornata rilanciare il conflitto. Diciamo subito che l’impiego di una certa retorica, che fa largo uso di termini pseudo insurrezionali, non ci convince per niente. Le sollevazioni, gli assedi, le insurrezioni sono una cosa. Le manifestazioni, anche se “dure”, sono ben altro. Ora più che mai è bene essere chiari, senza perdersi nella retorica o in giochi mediatici.Crediamo che intorno a quest’idea di riorganizzazione delle lotte ci siano alcune contraddizioni importanti. Intanto il principale compito che ci spetta sta nel creare una progettualità in grado di riaprire degli scenari alternativi a questo sistema economico e sociale. Invece i riferimenti al capitalismo, la cui crisi dal 2007 sta stritolando non solo la classe lavoratrice internazionale ma anche la classe media, ci sembrano ridotti al minimo. L’idea di sostituire il conflitto tra capitale e lavoro con una contrapposizione tra rendita e reddito ci appare come l’ultima trovata in grado di mascherare l’incapacità di analisi degli enormi cambiamenti avvenuti nel mondo capitalistico con l’avvio dei processi di globalizzazione. La rendita infatti è solo ed esclusivamente “finanziaria” e a poterla gestire sono quegli stessi grandi gruppi capitalistici che oggi usiamo chiamare “transnazionali”.In realtà, questi gruppi aziendali sono capaci già oggi di sfruttare proletari in tutto il mondo, per cui occorrerebbe allargare lo sguardo, lanciando una mobilitazione e dei percorsi che abbiano un ambito internazionale ed europeo. Non è facile, ma lo crediamo possibile e necessario. Di fatti la strada più breve verso una reale ripresa della lotta passa inevitabilmente per la riconquista di una coscienza generalizzata, la coscienza di essere sfruttati in quanto forza lavoro e come l’ultima delle merci ca comprare (appunto “capitale umano”).

La crisi e i prossimi possibili scenari

In un contesto in cui la crisi fa chiudere le fabbriche e l’esercito dei disoccupati aumenta in maniera esponenziale non solo in Italia, è quantomai necessario estendere la discussione, puntare ad una politicizzazione delle schiere di giovani e meno giovani, che si trovano tagliati fuori dal mercato del lavoro, o vivono quotidianamente lo sfruttamento della precarietà dettata dalla miriade di contratti. A tal proposito, il dato eclatante ci sembra che, anche negli USA, malgrado i media in questi ultimi mesi tentino di convincere i cittadini che la crisi economica sia sul punto di concludersi (nonostante i vistosi affanni in cui riversa il governo dei democratici), ciò sta avvenendo senza una crescita degli occupati. Anzi, il mercato della forza lavoro si restringe ulteriormente. La disoccupazione viene ormai considerata come strutturale, addirittura necessaria in un’ottica di ripresa economica. Dal punto di vista politico questo fatto è molto importante, perché chiarisce come la disoccupazione sia funzionale al sistema capitalista. Il problema quindi non sono né gli “speculatori” né la “cattiva finanza”, ma il capitalismo stesso. Ci troveremo perciò per lungo tempo in una situazione stagnante in cui i contratti diverranno sempre più precari e il lavoro ancora più dequalificato. Non è quindi un caso che le iscrizioni all’Università diminuiscano vertiginosamente, o che i tantissimi laureati non trovino lavoro. Ed è per questo che oggi le rivendicazioni devono essere portate avanti con un punto di vista di classe, senza proporre a modello lotte parcellizzate, per quanto giuste e supportabili. Infatti il processo di trasformazione dell’intero sistema formativo, che adesso in Italia almeno sul piano legislativo sembra essersi quasi compiuto, è strettamente legato alle trasformazioni del mercato del lavoro. La creazione dello Spazio Europeo dell’Istruzione Superiore, sviluppatosi con il Processo di Bologna, è finalizzata ad esempio ad armonizzare i sistemi universitari dei diversi paesi ad uno standard europeo, ossia ad uniformare i percorsi formativi alle esigenze del mercato del lavoro. Se a questo sistema universitario, affianchiamo la scuola  ormai “riformata”, caratterizzata  da una didattica sempre più carente, dal sempre maggiore ruolo dei privati, da un rigido autoritarismo, da una  frammentazione delle conoscenze e dall’imposizione di innumerevoli test, quiz e valutazioni avulse dagli specifici percorsi educativi, risulta evidente il senso di queste trasformazioni: inasprimento della selezione di classe, esclusione dagli studi superiori di un maggior numero di studenti, creazione di percorsi formativi legati alle necessità delle imprese.Dovremmo riflettere sulla reale possibilità di unire lo spirito combattivo proveniente da tutti gli sfruttati e da ogni studente, consapevole di non voler vivere in un sistema falsamente costruito sulle sue necessità, che condividano l’ideale di lotta contro il vero problema di fondo: il capitalismo.

Vuoto politico e ruolo dello Stato

Il vuoto politico venutosi a creare in Italia, percepito da una parte dei cittadini come l’impossibilità totale di riconoscersi in un qualsiasi partito, è espressione del fallimento politico del governo: in continua lotta tra gli interessi dei privati e delle aziende, motore imposto del paese, e il resto dei lavoratori e studenti, costantemente e mascheratamente eclusi dalla vita politica che li riguarda tutti. Le manovre finanziarie vengono presentate come “necessarie”, ma ormai non è neanche il parlamento a decidere. L’attuale governo di “larghe intese” dimostra la trasversalità dell’attacco ai lavoratori portato avanti infatti anche dai governi precedenti. Le direttive europee di maggiore flessibilità sul mercato del lavoro sono decise ormai da tempo, gli organismi sovranazionali sembrano dettare l’agenda politica del paese, esautorando di fatto il parlamento ed a volte lo stesso governo. Sul piano delle politiche finanziarie la BCE e il FMI impongono con il ricatto del debito sempre nuovi sacrifici. Bisogna però evitare di semplificare. Le direttive europee, anche quando esautorano di fatto i governi nazionali, vengono pur sempre da organismi che hanno ruolo politico, come ad esempio la Commissione Europea, formata dai governi dei diversi paesi. È indubbio che gran parte dei provvedimenti antiproletari degli ultimi anni rispondano a direttive europee, alle quali il governo ed il parlamento si sono di fatto adeguati. Tuttavia è pur vero che il governo e gli apparati statali hanno d’altro canto inasprito i propri interventi repressivi e di controllo del territorio, ma hanno anche praticato a livello nazionale politiche molto forti di sostegno al padronato ed ai suoi profitti, come ai privilegi di Chiesa e militari. Con questo si intende sottolineare la grande complessità dello scenario attuale e sviluppare una reale riflessione sull’attuale vuoto politico, contro chi tende a  semplificare dando la colpa di tutto ad una Troika finanziaria.

Coinvolgere, e rilanciare dai territori le lotte anticapitaliste

La distruzione del wellfare, l’attacco continuo ai diritti dei lavoratori, le grandi opere e la devastazione ambientale, l’impoverimento della classe lavoratrice e la proletarizzazione delle classi medie, sono dei segnali incontrovertibili che il riformismo non è più in grado di risolvere il profondo divario tra le classi sociali: dallo scoppio della crisi, si è ancor più accentuata la tendenza per cui la parte più ricca della società ha continuato ad accumulare ingenti capitali, mentre i lavoratori hanno visto diminuire significativamente le loro buste paga e le fasce di povertà sono aumentate a dismisura.La lotta dei NO TAV a cui abbiamo partecipato e a cui parteciperemo, è l’emblema del fatto che le “grandi opere” possano essere bloccate solo se la classe lavoratrice ricomincia a lottare ed è coinvolta su larga scala in un percorso combattivo per la propria emancipazione. L’unione dei movimenti è probabilmente ciò che manca per perseguire una reale idea di rivendicazione: le grandi lotte locali che, tra le altre cose, spingono la mobilitazione di ogni tipo di realtà, non bastano da sole per assicurare un futuro migliore. La lotta localizzata è soggetta ad ogni tipo di attacco mediatico, censura, manovre politiche di regime. Si pensi anche alle  false vittorie della sedicente “sinistra”, che buttano fumo negli occhi a coloro che credono di aver conquistato qualcosa.Per evitare che tutte queste contraddizioni caratteristiche della società in cui viviamo si disperdano, senza essere convogliate in dei percorsi dal carattere anticapitalista e costruiti dal basso, pensiamo che non ci si debba fermare al 19 ottobre. Invitiamo perciò tutte le realtà anticapitaliste a rilanciare una discussione su questi punti, nel tentativo di colmare l’estrema mancanza di una coscienza di classe in quegli sfruttati che ogni giorno perdono la loro dignità per un pezzo di pane, o in chi si sente sempre più perduto nell’inferno della precarietà.

COLLETTIVO AULA R

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