Fiorentina-Juventus, ovvero “la” partita

La settimana più lunga di tutto l’anno calcistico per i tifosi gigliati volge finalmente al termine: ancora poche ore e poi sul manto erboso dell’Artemio Franchi i viola sfideranno gli storici rivali bianco-neri. Ironia del destino ha voluto che in un calcio moderno soggetto a ritmi frenetici e partite giocate in tutti i giorni della settimana e a qualsiasi orario, il doppio impegno della nazionale italiana diretta dall’Angelo del Bello Cesare Prandelli prorogasse ulteriormente l’attesa. Consentendo però contemporaneamente anche un lento e gustoso avvicinamento a quella che non è, e non sarà mai, una partita come le altre. Aggiungiamo inoltre che in questa specifica situazione, non si tratta semplicemente di rivalità storiche o di campanile, come spesso accade invece per coloro che si sfidano assiepati sugli spalti di tutta Italia, siano questi formati da seggiolini pseudo-numerati negli scintillanti impianti di serie A oppure da scalcinati gradoni nei polverosi campi di Terza Categoria. L’odio che Firenze nutre verso la Juventus sembra infatti abbracciare spiegazioni di natura quasi antropologica. L’avversione per il potente di turno, la ritrosia verso chi si mostra disposto a tutto pur di ottenere la propria affermazione personale ed il disgusto per la tifoseria più globalizzata d’Italia sono infatti fattori geneticamente presenti nel sostenitore gigliato. Per questo, per quello che rappresenta la Juventus, la sfida contro la “Vecchia Signora” sarà sempre speciale. Inoltre, ad animare ulteriormente la vigilia hanno contributo anche la polemica per il caro-biglietti (le curve sono state vendute alla cifra record di 37 euro)  e la lunga querelle sulle sanzioni da comminare a quelle tifoserie resesi protagoniste di cori discriminatori a livello territoriale. Per quanto le due vicende mostrino ad un primo sguardo evidenti diversità, in realtà rientrano all’interno di un più generale e vasto tentativo di normalizzazione di quella che per decenni si è mostrata come la più longeva ed attiva sub-cultura giovanile: quella ultrà.

Gli anni passati hanno infatti mostrato come gli stadi, e le curve in primis, rappresentino i luoghi dove vengono introdotte e testate le cosiddette “leggi speciale”, poi esportate ed applicate anche lontano dai rettangoli verdi. Entrando maggiormente nel dettaglio, è possibile evidenziare come il grado di repressione esercitato all’interno degli impianti sportivi abbia subito un sostanziale aumento con la comparsa e la vigorosa affermazione delle televisioni a pagamento. Il pubblico fisicamente presente allo stadio ha gradualmente rappresentato una fetta sempre minore dei ricavi che i club di serie A ottengono, determinando la nuova assoluta centralità che i consumatori casalinghi della partita andavano assumendo. Il tifoso sulla poltrona richiede ovviamente una perfetta fruizione del prodotto per il quale paga: le intemperanze dei settori più animati dello stadio devono quindi essere limitate, se non addirittura completamente eliminate. Contemporaneamente però il consumatore casalingo vuole anche sentirsi immerso in un grande rito collettivo segnato da un forte trasporto emotivo: le tribune dello stadio devono per questo essere piene, festanti e colorate. La strategia seguita è quindi quella di impedire le più elementari forme di espressione per le tifoserie organizzate (divieto di introduzione negli stadi di tamburi, fumogeni e bandiere; vaglio della questura sul contenuto degli striscioni), mirando a sostituire i settori popolari che animano lo stadio con le classi medio-alte. Questo obiettivo è perseguito attraverso la costruzione di nuovi impianti (non casualmente lo Juventus Stadium è considerato un modello) e con il caro-biglietti, almeno nelle partite clou. Una simile strategia ha avuto grande successo in Inghilterra negli anni ottanta-novanta. Si legò inoltre alle profonde trasformazioni economiche segnate dalla svolta neo-liberista thatcheriana, con la creazione di una classe media numericamente più vasta ed economicamente più florida. Rimane semplicemente da chiedersi se, data la situazione che ben conosciamo, avrà successo anche in Italia?

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