Fortunatamente vendo ai cinesi. O dei paradossi pratesi

PRATO. Se non puoi cacciarli, trasformali in tuoi clienti. Che, marxianamente parlando, è l’assoggettamento finale.

Il rapporto di Prato, primatista italiana di presenze, con i suoi cinesi è perlomeno contrastato. A partire dal sindaco Roberto Cenni, imprenditore che denunciava il furto di lavoro di cui sarebbero stati responsabili, salvo poi delocalizzare in Cina. Per questo tenervi un convegno dal titolo Fortunatamente vendo ai cinesi è suonato come una bestemmia in chiesa (infatti l’ha voluto la Regione, sfidando la giunta locale). I ricercatori hanno condotto centinaia di interviste a commercianti locali e cinesi, entrando per la prima volta nei loro carrelli della spesa. Niente riso, per dire, né tè o infusi, ché di quei prodotti a lunga conservazione evidentemente continuano a rifornirsi da canali cinesi. Anguille invece tante («una cosa impressionante») e teste di pesce («prima si buttavano, ora le esponiamo sugli scaffali» commenta un responsabile di supermercato). E poi l’Ox, un cognac di rigore a ogni matrimonio cinese che si rispetti, ma evidentemente non solo in quelle occasioni.
Complessivamente il 7 per cento dei cinesi residenti rappresenta una media del 5 per cento dei consumi della grande distribuzione. Che per gente abituata a stare in casa d’inverno con i radiatori spenti è già un discreto risultato. In certi settori, tipo i prodotti per l’infanzia, totalizzano il 25 per cento, perché fanno molti più figli degli autoctoni. «Tra i cambiamenti recenti c’è il fatto che le donne vanno a comprare da sole» spiega la sinologa Valentina Pedone, una delle autrici dello studio, «e tirano sul prezzo come gli uomini». Anche dal gioielliere.

La grande distribuzione, laicamente, si è attrezzata. La locale Unicoop ha ora un commesso che parla il mandarino. L’aveva già fatto anni fa una farmacia su via Pistoiese, piena Chinatown, con ottimi ritorni sull’investimento. Lo studio spiega che gli acquisti dei cinesi sono anti-ciclici, non sentono la crisi, grazie al guanxi, il sistema di prestiti privati che salta le banche. Tutti contenti della notizia tranne l’assessore alla sicurezza Aldo Milone: «Chiediamoci piuttosto come li fanno i soldi!». Risponde guardia di finanza e agenzia delle entrate: il loro tasso d’evasione è analogo a quello indigeno. Peccato invece che Milone, che in tv ne lamenta l’invasione immobiliare, abbia a sua volta entusiasticamente venduto loro una villetta. Involontariamente ribadendo la scelta del titolo.

Tratto da: http://stagliano.blogautore.repubblica.it/

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