Ma lo fanno o no il nuovo stadio? E soprattutto, perché?

Dopo anni di batti e ribatti pare che la telenovela del nuovo stadio a Firenze sia arrivata alla fine (leggi qui). Facciamo un breve riassunto delle puntate precedenti.

I Della Valle, dopo aver riportato la Fiorentina in serie A, iniziano a parlare sempre più insistentemente del progetto “Cittadella Viola”, un’area in cui sarebbe sorto il nuovo stadio e una serie di attività commerciali ed attrazioni turistiche ad esso collegato. Per convincere i fiorentini della bontà dell’operazione insistono sul fatto che è questa l’unica maniera per colmare il gap economico con le grandi squadre, portando la Fiorentina a competere per lo scudetto. L’area di Firenze individuata come quella più adatta ad ospitare la Cittadella è a Castello. 

Mentre le trattative tra società viola e amministrazione comunale si fanno sempre più intense, la Fiorentina si afferma come l’outsider principale delle squadre più ricche d’Italia, centrando più volte la qualificazione in Champions e facendo sognare i tifosi. I Della Valle investono, portando a Firenze giocatori come Mutu e Gilardino e i risultati si vedono. A un certo punto però il giocattolo si rompe, perché? 

Nel 2008 l’area di Castello viene posta sotto sequestro dalla magistratura nell’ambito di un’inchiesta che vede indagati per corruzione il palazzinaro Ligresti e gli assessori comunali Gianni Biagi e Graziano Cioni (proprio lui, lo “sceriffo” di Firenze, paladino della legalità). Il progetto naturalmente salta e le ricadute anche sul piano sportivo si vedono: I Della Valle smettono di investire e la squadra vive gli anni bui della gestione Mihajlovic/Rossi.

Ad un tratto però il giocattolo magicamente si ricompone: la società torna a metterci i soldi, la Fiorentina torna a vincere, i tifosi ricominciano a sognare. Società e sindaco hanno ricominciato a parlarsi, individuando un nuovo sito per il futuro stadio, l’area Mercafir di Novoli. A dare un’ulteriore accelerata al succedersi degli eventi ci ha pensato Dario Nardella, ex vice di Renzi e oggi deputato PD, proponendo una legge che dovrebbe rendere più semplice la costruzione di stadi di proprietà (ad oggi la maggior parte sono comunali) in Italia.

Questi i fatti, proviamo a trarne delle conclusioni.

Innanzitutto è palese il cinismo imprenditoriale della famiglia Della Valle. Lungi dall’essere “presidenti tifosi” la loro azione è volta unicamente ad avere un ritorno, sia in termini monetari che di immagine (basti pensare alle campagne per il fair-play: puro marketing aziendale). Altrimenti non si spiegherebbe come dopo il “caso Castello” abbiano deciso di tirare i remi in barca, di certo i soldi non gli mancavano. Solo la prospettiva dei nuovi guadagni garantita dal nuovo stadio e soprattutto dalle attività ad esso collegate li ha spinti a far rinascere la Fiorentina. Questo è il calcio moderno, di ricchi romantici evidentemente non ce ne sono più.

Il calcio di oggi tuttavia non è solo business, ma anche disciplinamento, controllo sociale e leggi speciali. I nuovi stadi sono appositamente pensati anche per creare al loro interno e al loro intorno, un’aggregazione costantemente mediata dal consumo e quindi di segno completamento diverso rispetto a quella che si costruisce attorno ad un’idea di appartenenza: alla città, alla squadra, alla curva, al proprio gruppo di tifosi. Sicuramente, se si vuole vincere, consumare è la cosa migliore da fare, ma se invece si vuole vivere lo stadio come un luogo un po’ più “libero” di un centro commerciale allora il discorso cambia.

Quando la Fiorentina nel 1982 lottava per il suo terzo scudetto la Curva Fiesole era così. Siamo sicuri che per vincere valga la pena stare seduti al posto numerato, monitorati dalle telecamere e controllati dagli steward?  Se mai arriverà, che gusto avrà il terzo scudetto?

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