“La Fiaba Rubata” di un disastro annunciato, recensione del libro di Giulia Prussi sul Vajont

“Ho scritto questo libro quando avevo quindici anni. E parte da una semplice domanda: ‘Che cosa avrei fatto io se avessi vissuto il Vajont?’ Questo libro racconta il Vajont visto attraverso gli occhi di tre ragazze giovanissime. Per loro Vajont significava paura, incomprensione, morte, distruzione, rabbia. Per quelle ragazze non era solo un discorso di S.A.D.E., ingegneri, geologi, commissioni di collaudo; quelli erano aspetti che ragazze così giovani non potevano arrivare a capire. Per loro il Vajont era la minaccia, il non poter vivere liberamente. Il libro è intitolato “La fiaba rubata” proprio perché alla loro età la vita è come una fiaba che ci troviamo a vivere ma se arrivano i “lupi cattivi” questa fiaba ci viene strappata prematuramente. Il titolo è emblematico e non richiama assolutamente il Vajont e neanche l’immagine di copertina lo fa. E’ stato scelto questo titolo e questa copertina volutamente perché il lettore lo deve capire da solo (e non ci vuole molto) che si parla del Vajont. La copertina è una goccia d’acqua che simboleggia due cose: 1- sembra da come è disegnata che ci sia appena caduto dentro qualcosa. 2- quella goccia ricorda il senso della vita.. In quest’opera è stata volutamente data un’immagine diversa del Vajont, perché quella storica e tecnica la sappiamo già o la dovremmo sapere…… ma io mi sono più concentrata sul lato umano, su chi aveva da perdere di più….” Giulia Prussi

Giulia Prussi frequenta il primo anno della facoltà di Lettere Moderne a Firenze e parlando con lei del Vajont si comprende immediatamente  la sua passione, il suo ardore nei confronti di questa immane tragedia. Giulia nelle sue pagine riesce a fondere storie di vita adolescenziale e tragiche premonizioni, tragici dolori. Alcuni passi possono sembrarci un po’ strani oggi ma occorre tener presente che la storia si svolge negli anni ’60 e in un paesino di montagna! . La sua scrittura è molto semplice e comprensibile, accessibile anche ai più piccoli ( e penso proprio che questo libro sia rivolto soprattutto a loro, per non dimenticare!).

Per riassumere brevemente la vicenda: Vajont è il nome del torrente che scorre nella valle di Erto e Casso per confluire nel Piave, davanti a Longarone e a Castellavazzo, in provincia di Belluno. La vita di queste comunità venne sconvolta dalla costruzione della diga del Vajont, la più grande d’Europa, che determinò la frana del monte Toc nel lago artificiale. La sera del 9 ottobre 1963 si elevò un’  immane ondata, che portò ovunque morte e desolazione. La stima più attendibile è, a tutt’oggi, di 1910 vittime.(dal sito ufficiale)
Sono stati commessi tre fondamentali errori umani che hanno portato alla strage:

- l’aver costruito la diga in una valle non idonea sotto il profilo geologico;

- l’aver innalzato la quota del lago artificiale oltre i margini di sicurezza;

-il non aver dato l’allarme la sera del 9 ottobre per attivare l’evacuazione in massa delle popolazioni residenti nelle zone a rischio di inondazione.

Fu aperta un’inchiesta giudiziaria e il processo si concluse con il riconoscimento di responsabilità penale per la previdibilità di inondazione e di frana e per gli omicidi colposi plurimi.

Ora Longarone ed i paesi colpiti sono stati ricostruiti.
“La zona in cui si è verificato l’evento catastrofico continua a parlare alla coscienza di quanti la visitano attraverso la lezione, quanto mai attuale, che da esso si può apprendere.”

Abbiamo intervistato la giovane scrittrice Giulia Prussi.

 C: Perché una ragazza giovane come te ha deciso di scrivere un libro trattante  un argomento così delicato?

G: L’idea del libro mi è venuta in mente nell’estate del 2008 quando conobbi due sopravvissuti a Longarone e lì toccai con mano il dolore. Decisi di mettere la mia abilità maggiore, ovvero quella di scrivere, a disposizione della memoria per questa tragedia.

 C:L’informazione ufficiale ha tentato di oscurare i fatti?

G:Bhe si, però bisogna anche dire che i mezzi di comunicazione non erano sofisticati come oggi, insomma internet non esisteva ancora e la televisione faceva il suo ingresso solo allora. Non c’erano social network o cellulari tramite i quali si sarebbe potuto denunciare il fatto a livello nazionale e internazionale come succede magari oggi.

C: Ci fu chi tentò di fare controinformazione?

G: Si ringraziando il cielo! Gli abitanti stessi di quei luoghi avevano avvertito il pericolo che si rendevano conto di correre, e poi ci fu anche la figura di una giornalista che denunciò il fatto sul suo giornale, L’Unità, e cerò di sensibilizzare l’opinione pubblica e “i potenti” ma non venne mai ascoltata da chi di dovere:Tina Merlin. Spesso la controinformazione serve a smascherare i retroscena che l’informazione generale copre ma a volte nemmeno quello basta.

C: La Merlin scrisse al proposito di questi eventi: « Si era dunque nel giusto quando, raccogliendo le preoccupazioni della popolazione, si denunciava l’esistenza di un sicuro pericolo costituito dalla formazione del lago. E il pericolo diventa sempre più incombente. Sul luogo della frana il terreno continua a cedere, si sente un impressionante rumore di terra e sassi che continuano a precipitare. E le larghe fenditure sul terreno che abbracciano

una superficie di interi chilometri non possono

rendere certo tranquilli. » cosa le accadde?

G: Bhe questa giornalista fu denunciata dalla società che aveva costruito la diga, la SADE, per “Aver diffuso notizie false e tendenziose atte a turbare l’ordine pubblico”

C: Cosa succede ora a Longarone, la città di cui parli?

G:  Oggi Longarone è una bella comunità, mi hanno accolta come una di loro, come una di famiglia. Ma il Vajont è un dolore senza fine, soprattutto per i sopravvissuti che ammiro per il fatto che hanno avuto la forza di continuare a sopravvivere.

C: Si è ottenuta giustizia?

G: Giustizia? Il Vajont e la Giustizia sono un ossimoro.  Non si è mai fatto giusitizia e chi doveva pagare non ha mai pagato o non ha pagato a sufficienza. Ancora oggi è un caso aperto.

 C: Con il Vajont abbiamo assistito alla distruzione della natura da parte di noi uomini, in particolare a causa di interessi di pochi contro quelli di molti, come sta avvenendo in Val di Susa. Cosa pensi della TAV?

G: La TAV è un argomento molto scottante al giorno d’oggi in Italia, non l’ho seguito molto per cui non posso dare un giudizio vero e proprio in materia. Però ho visto molti casi di sfruttamento ambientale, inclusi il Vajont, per il “progresso”.

 C: Giulia raccontaci il tuo libro in poche parole!

G: Eheh raccontare il mio libro? Bhe è una storia semplice che ha come obiettivo la continuità della memoria storica di un fatto che riguarda l’impegno civile di tutti gli italiani. Il Vajont è sullo sfondo, in primo piano c’è una storia di amicizia molto importante e molto forte che nessuno e niente riuscirà a spezzare. Ho voluto portare avanti più il lato umano rispetto a quello tecnico, era quello che mi colpiva di più.

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