La polizia sciopera, in Argentina è caos

Saccheggi e assalti ai supermercati, almeno sette i morti. E la violenza dilaga
Fmi in campo: «Misure specifiche per ridurre l’inflazione e rilanciare il Pil»

Almeno sette persone sono rimaste uccise in Argentina nei saccheggi
che hanno interessato tutto il Paese da lunedì

Mentre Plaza de Mayo si sta preparando per celebrare la festa dei 30 anni dal ritorno della democrazia, l’Argentina vive momenti duri, anzi durissimi, con saccheggi e vittime praticamente in tutto il paese. “Questi giorni”, ha chiarito poco fa con il groppo in gola il governatore della provincia del Chaco Juan Carlos Bacileff Ivanoff, “mi hanno fatto ricordare il golpe cileno di Pinochet contro Salvador Allende”. Di certo mai come nell’ultima settimana – se si esclude il default del dicembre 2001 quando negli scontri tra forze dell’ordine e popolazione i morti furono 39 – il paese del tango è stato vicino a qualcosa che, con la democrazia, sembra davvero avere poco o nulla a che fare. Non a caso poco fa la Chiesa cattolica ha lanciato un appello per cercare di placare gli animi. Già perché quello che era iniziato settimana scorsa a Cordoba – un’ondata senza precedenti di saccheggi a negozi e supermercati con la Polizia locale in sciopero – oggi si è già esteso a 17 delle 23 provincie (l’equivalente delle nostre regioni) che compongono l’Argentina. Al momento il numero delle vittime è di “almeno sette” – due nel Chaco, due a Tucuman, uno a Cordoba, Jujuy ed Entre Rios – ma si teme che il bilancio possa aumentare nelle prossime ore.

Il mix esplosivo che spiegherebbe questi disordini secondo El País sarebbero prezzi alle stelle, una moneta, il peso, sempre più svalutata, l’irresistibile consumismo pre-natalizio ed il già citato sciopero delle Polizie locali che vorrebbero vedere i loro stipendi legati all’inflazione (quella reale però, non quella riconosciuta dal governo). Di sicuro c’è che, almeno sino a ieri, gli agenti erano costretti ad acquistare di tasca loro le divise. Il rapido susseguirsi degli “scioperi a catena” dei poliziotti un po’ ovunque nel paese, con annessi saccheggi, sono però più sospetti ancora del mix esplosivo di cui scrive il quotidiano spagnolo. Per rendersene conto basta sentire il racconto che, con la voce rotta dall’emozione, ha fatto poco fa Bacileff Ivanoff.

“Non abbiamo mai avuto una situazione del genere qui, senza che sia stato mandato da Buenos Aires un solo gendarme con l’ordine di agire. Ci sono stati militari e civili coinvolti in questo caos che si è esteso a livello nazionale, perciò ho subito pensato al Cile ed al golpe contro Allende”. È sotto choc Bacileff che chiede scusa alla “sua” popolazione. “Noi abbiamo fatto tutto il possibile, io ho dovuto fare certi dialoghi con i rivoltosi che, chiaramente, erano e sono anticostituzionali. Volevano farmi firmare un accordo che sarebbe stato illegale, ma non l’ho fatto, nonostante mi dicessero che la vita di due ministri fosse in pericolo”.

Se non un golpe, dunque, qualcosa di molto simile. Il riferimento chiaro di Bacileff è agli “almeno mille ammutinati armati” che nella notte di “domenica” hanno tentato “una ribellione che con la scusa dell’aumento di salari – una scusa perché li avevamo concessi un mese fa – poteva sfociare in un bagno di sangue”.

“Decine di poliziotti in pensione, assieme a centinaia di sottoufficiali, a quattro agenti penitenziari che hanno fatto uscire delinquenti dalla prigione e a molti altri uomini armati hanno cominciato ad avvisare vandali, ladri e drogati sui negozi e supermercati non protetti da nessuna forza di sicurezza nazionale per saccheggiarli”. Già perché, nonostante le otto chiamate fatte a Buenos Aires, neanche un gendarme è stato inviato dalla capitale a Resistencia, il capoluogo del Chaco messo a ferro e fuoco dai rivoltosi.

Situazione analoga a Tucuman dove, oltre ai due morti, al momento i feriti ricoverati in ospedale sono già 75. La tensione è simile a Santa Fé dove, nonostante i 3mila gendarmi inviati da Buenos Aires, non è stato ancora raggiunto nessun accordo con i poliziotti “in sciopero” e chiusi in caserma.

Sullo sfondo la disperazione ed i racconti delle centinaia di negozianti aggrediti come Celso Cabrera. Il suo piccolo supermercato, a Resistencia, è stato attaccato da centinaia di giovani armati. “Hanno distrutto tutto il cibo ma poi hanno portato via solo alcolici, affettatrici, bilance ed i monitor dei computer. Abbiamo tentato di difenderci, nell’assenza della polizia, ma eravamo troppo pochi. Ci avevano detto di prepararci ma non ce l’abbiamo fatta, erano troppi, loro fuori e noi asserragliati dentro”. Scene dal Far West argentino perché, al di là se si tratti o meno di una cospirazione o, peggio, di un tentativo di golpe, oggi l’ordine pubblico in molte città del paese del tango è autogestito.

da La Stampa

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