Un comunicato del Collettivo Autorganizzato Machiavelli Capponi: Scuola Libera

Il nostro liceo si trova in pieno centro storico a Firenze, dalle nostre finestre ci par di toccare il Ponte Vecchio o la Cupola del Brunelleschi. La mattina c’è chi viene a scuola a piedi o in bici perché abita in pieno centro e chi, sveglio dalle 6, si fa anche 40 o 50 km in bus o treno perché abita sulle colline o nelle vallate attorno a Firenze. Siamo dunque piuttosto variegati. E’ proprio dall’incontro di coloro che solo per facilità chiamiamo ancora “Pierino” e “Gianni” che è scaturito tra di noi e nel nostro collettivo studentesco un acceso e vivace dibattito, che ci ha avvicinati anche all’esperienza della Scuola di Barbiana (http://www.barbiana.it), sull’attuale sistema scolastico: la sua struttura e le sue finalità.

 Abbiamo cercato, insieme, di dare un volto al disagio diffuso, di strutturare con coscienza il sentimento forte di noia e stress avvertito fra i banchi di scuola, che pure ha ragioni ben precise. Insieme, abbiamo sviluppato e accresciuto la volontà di vivere la scuola non come luogo di noia, competizione e nozionismo con l’unico fine della valutazione, ma come comunità che abbia una visione ampia e critica della società che ci circonda. Vogliamo una scuola che sia spazio di partecipazione comune e diretta, vogliamo darci mezzi che ci permettano di interpretare le realtà che viviamo con senso critico e consapevolezza. La scuola, così com’è, ha bisogno di essere “dell’obbligo” perché non è avvertita come un piacere.

 La scuola è organizzata secondo le logiche di mercato e non secondo i bisogni reali di noi studenti: da qui siamo partiti. In questo modello di scuola, infatti, non c’è spazio per attività, curiosità, creatività e senso critico. I Saperi, invece di essere condivisi e resi dinamici, sono standardizzati e la personalità di ciascuno deve rientrare negli schemi didattici preconfezionati. A ciò contribuiscono la mancanza di uno scambio d’idee e di ascolto reciproco. I Saperi così vengono solo dall’insegnante, noi studenti ci limitiamo a rispondere alle richieste.

 In una logica aziendale di razionalizzazione e di conseguimento del profitto, non esiste un tempo per riflettere e discutere, ma solo quello per assorbire le nozioni e per produrre, dimostrando quanto ci siamo attenuti alle aspettative. Le conoscenze sono così calate dall’alto. Le nostre giornate sono scandite da verifiche continue, specie in certi periodi, i cui sistemi di valutazione ci mettono in competizione. Non potendo deludere le aspettative poste di noi e il curriculum che ci siamo fatti, dobbiamo farci guerra. Ciò che conta è ciò che sappiamo dimostrare alla fine. Quante volte abbiamo copiato per strappare un bell’8! Ai prof va bene. Non ci conoscono, è il risultato ciò che conta.

 La scuola educa così al più infimo egoismo, prima virtù della società capitalista. La scuola di oggi si è ridotta davvero ad inculcare un sapere vuoto e spento; ciò è causato dal conflitto esistente fra noi studenti, e di noi con i prof. Non esiste educazione senza relazione. I prof si arroccano in una struttura gerarchica, armati di penna e registro, in virtù della quale esigono il rispetto che senza un rapporto di dialogo non posso avere altrimenti. Non è triste tutto ciò?

 Ci sentiamo offesi da una scuola che ci considera alla stregua di clienti esterni. D’altronde, la scuola è stata declassata a bene di consumo e noi non possiamo che essere consumatori, i più soggetti all’omologazione. Lo “studente da 4” non rispetta le prospettive aziendali e innesca un pericoloso calo delle produzioni. Il padrone licenzia, i prof rimandano o ancor peggio ignorano. Con meno facilità tendono a bocciare, perché così si sciupano la reputazione.

Vediamo nel voto lo strumento mediante il quale tentano di quantificare il prodotto uscito dalla nostra fruizione del bene-di-consumo-scuola. La scuola insegna sempre di più il tecnicismo da esami e verifiche, dove non è dato spazio alla libera espressione. Ancora oggi si va a scuola per “mietere esami” e crearsi carriera personale, mediante la competizione innescata dalla valutazione intensiva.

 Sentiamo questa scuola sempre più oppressiva: il registro elettronico, ad esempio, è uno strumento di controllo ossessivo. Noi crediamo in una scuola dove non ci sia bisogno del voto di condotta perché tra le persone esistono legami di solidarietà, comprensione, rispetto che implicano naturalmente un comportamento corretto. Contro il controllo e l’omologazione, vogliamo una scuola che sia di gestione collettiva, in cui l’educazione sia un’esperienza comunitaria di accrescimento non solo individuale.

 Il forte senso di noia avvertito a scuola al quale accennavamo, viene dal fatto che ancora oggi la scuola è slegata dalla realtà. La vita e la politica a scuola non ci entrano mai, così da farci apparire il mondo lontano o passato. Nella vita vera ci troviamo ad essere anonima massa, a vivere città, ambienti e contesti che non sentiamo nostri. Non abbiamo gli strumenti per essere germi attivi per il cambiamento, omologati dalla scuola siamo condannati ad un destino di passività e di delega. E poi vi meravigliate di noi, giovani generazioni, prodotte dalle vostre scuole!

 Questa scuola ci sta stretta.

 Vogliamo essere una comunità, che condivida tempi, spazi e Saperi, che dia capacità e opportunità a tutti di esplicitare la propria personalità e i propri interessi, da mettere al servizio della collettività. La scuola che vorremmo è una “Zona Autonoma” rispetto alle dinamiche di questa società: luogo dove non esistono competizione né emarginazione, dove il sapere è qualificato per il suo valore e non ridotto a merce, dove c’è possibilità di risolvere i conflitti in maniera nonviolenta. Vogliamo una scuola rispettosa dei contesti, dei ritmi, della persona di ciascuno e che così crei il contesto comune di cambiamento.

 Siamo ancora la minoranza, sentiamo di aver distrutto e contemporaneamente costruito tanto, il tutto tra di noi, in una comunità di pari.

Collettivo Autorganizzato Machiavelli – Capponi (Firenze)

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