Tanti auguri Bati

Accade ogni anno, il 1 febbraio: il tempo di accendere il pc e mi ritrovo catapultato nel passato. Raffiche di mitra, e raffiche di gol: a Wembley, al Nou Camp, a San Siro; ma soprattutto a casa, al Franchi.

È il compleanno di Batistuta, e la mia generazione per un giorno perde il controllo, diventando come un’orda di quindicenni in adorazione di una popstar. Perdonateci. Da domani torneremo seri e disincantati; smetteremo di idolatrare miliardari che danno calci ad un pallone, e tiferemo per una maglia e non per chi la indossa. Ma per oggi lasciateci essere ingenui; lasciateci credere che sia possibile fregare il tempo semplicemente spammando gol e nostalgia da Youtube. Cercate di capirci: non si tratta solo di riguardare dei gol, si tratta di rivivere il passato. Quando eravamo più ingenui – mai quanto Cecchi Gori – e ogni anno, a settembre, credevamo fermamente di poter vincere lo scudetto. Solo perché avevamo Batistuta, chiaramente. Poi non abbiamo vinto niente, d’accordo; ma in quelle corse alla bandierina c’era la promessa di poterlo fare. E una volta quasi ci riuscimmo. Quasi.

Il sogno si spezzò un pomeriggio di febbraio del 1998/1999: Batistuta infortunato, Edmundo al carnevale e addio gloria. Da quel giorno forse sono diventato più pessimista, e il mio rapporto col calcio è cambiato: sapevamo di aver buttato via l’ultima grande occasione, prima che la Fiorentina sprofondasse con Cecchi Gori. Nel 2000 Batistuta andò alla Roma a vincere quello scudetto che meritava con noi, mentre Rui Costa ci regalava una Coppa Italia che sanciva la fine di un’epoca. Aver vinto pochissimo, in nove anni insieme, non significa poi molto: se la bacheca è vuota e polverosa, i ricordi sono vivissimi, e tanto basta: il silenzio assordante del Nou Camp, la doppietta in Supercoppa al Milan di Baresi, la vittoria di Wembley.

O quel gol a Roma, che ancora commuove perché ha dentro una storia d’amore lunga 9 anni: le grida della Fiesole, la schitarrata alla Juve e il rimpianto per quella corsa spezzata il 7 febbraio.

Non so cosa succederà adesso: forse riusciremo addirittura a vincere qualcosa, nei prossimi anni. Ma se potessi fare il cambio non ci penserei un attimo. Tenetevi la bellissima Fiorentina di oggi, io mi riprendo tutto il resto: anche le versioni di greco, il Ciao che non parte la mattina e i “Non fare tardi” la sera.

Tutto, per tornare indietro di 15 anni e vederti correre ancora alla bandierina.

Perché gli eroi dell’infanzia non dovrebbero mai invecchiare.

Auguri Bati. Come te, nessuno mai.

Alessandro Bezzi

Tratto da:

trappoladelfuorigioco.it

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