“Il problema dell’abitare a Firenze? Il latifondo urbano. Che va eliminato”

Pubblichiamo quest’intervista da StampToscana, dato che, salvo nella parte finale relativa alle “proposte”, riflette bene quello che abbiamo scritto quasi un anno fa sulla gestione dello spazio a Firenze in funzione della rendita fondiaria (qui si fa riferimento al latifondo, ma tant’è). La rendita immobiliare, come si può notare, è collegata ai processi di gentrification, così come alle retoriche sul “degrado” e la “sicurezza” e determina l’assetto urbanistico, quindi la possibilità o meno di vivere la città in un certo modo.

Bartolini: “L’accesso allo spazio è una questione cruciale per gli esseri umani. Sia che si tratti di latifondo agricolo e accesso alla terra, sia che ci si ritrovi davanti al latifondo urbano e all’accesso alla casa”

“Il problema dell’abitare a Firenze? Il latifondo urbano. Che va eliminato” Firenze – “Prendiamo in considerazione la situazione attuale – Bartolini parte senza preamboli, affrontando di petto la questione – Firenze nel corso degli ultimi 10 anni ha perso 100mila abitanti, tra un quarto e un quinto dei suoi cittadini. Un segnale imputabile a cosa? Di sicuro, esiste una criticità che riguarda la scarsa qualità della vita, ma in buona sostanza il problema dei problemi rimane quello dei valori degli immobili, che restano troppo alti. Non mi si venga a obiettare che i valori ultimamente sono scesi: sono scese anche le disponibilità di spesa delle persone, per cui il rapporto fra prezzi e disponibilità di spesa rimane pressoché invariato nella maggioranza dei casi. Quindi, possiamo affermare che i valori immobiliari sono alti. Del resto, dove sono fuggiti i fiorentini? Prato, Sesto, Campi, Pontassieve. Vicino a Firenze, dove resta il lavoro, lontano da Firenze, per quanto riguarda tutta la sfera della vita sociale. Che tuttavia non riesce a ricostruirsi neppure nel luogo in cui “si va a dormire”, perché appunto, causa il tempo troppo tiranno, ci si va solo per riposare. Ciò comporta il necessario innesco di un fenomeno molto evidente: il pendolarismo. Lunghe fila di auto entrano la mattina ed escono la sera, dando vita a un sistema doppiamente folle: da un lato, per quanto riguarda le relazioni sociali su cui si fonda l’identità di una comunità, dall’altro per quanto attiene al punto di vista ambientale”.

Non solo. Il fenomeno descritto da Bartolini prevede anche altri aspetti, non meno distruttivi per quanto riguarda il tessuto sociale cittadino, che va a braccetto con la stessa identità di Firenze. “Tornando all’impossibilità spesso oggettiva (dovuta ai valori immobiliari) per la fasce popolari di continuare a risiedere a Firenze, si assiste a uno svuotamento della città particolarmente evidente nel centro storico che mette in crisi una delle caratteristiche cittadine più evidenti: quello di non avere, a livello abitativo, zone prettamente popolari e zone prettamente “nobiliari”. Vale a dire, che a Firenze hanno sempre convissuto (il dato è storico, culturale, evidente nella stessa collocazione dei grandi palazzi) populares, artigiani e nobili, in seguito e insieme commercianti e banchieri, l’uno accanto all’altro, gomito a gomito, porta a porta, costruendo le caratteristiche identificative della città. Una convivenza che, dopo secoli, sta venendo velocemente meno. I valori immobiliari fuori dalla portata di tasche medio-basse producono infatti una sorta di setaccio da cui “passano” le classi abbienti. Tutto ciò non è certo sconosciuto nel resto d’Europa, tant’è vero che esiste un termine inglese per definire la natura del processo, gentrification, tradotto in italiano “gentrificazione”. Ma è letale per Firenze, o perlomeno per la città che conosciamo”.

Si potrebbe dire, forse, che si tratta di una città in cui non ci si riconosce, o meglio che non riconosce più se’ stessa? “Sì, in realtà quello che sta succedendo cambia Firenze. Una città che seleziona solo la classe medio-alta in termini abitativi è una città diversa, che cambia identità. Insomma, “gentrificata”. E si tratta, a mio parere, di un processo ormai irreversibile che non ha margini di retrocessione. E continuo. Perciò va solo fermato. E per fermarlo, la soluzione non può essere che una: rendere disponibili le case alle fasce popolari. Ma per fare questo, esiste solo un metodo: distruggere il latifondo urbano”.

Ma cosa s’intende, precisamente, per “latifondo urbano?”. “Si tratta di grandi concentrazioni di proprietà immobiliari urbane in mano a grandi società, soggetti come la Curia fiorentina o grandi famiglie nobiliari. Tutta una serie di soggetti che tiene “zavorrata” come nel vecchio latifondo agrario, la disponibilità di abitazioni, pro domo (è proprio il caso di dirlo, ndr) propria. Come si combatte questa grande concentrazione? Con una tassazione dei patrimoni immobiliari fortemente progressiva. Voglio essere chiaro: sto pensando a una aliquota fiscale fortemente crescente rispetto alle dimensioni del patrimonio. Altro punto fondamentale: la dimensione del patrimonio deve provenire da un catasto perfettamente efficiente che sia in grado di individuare la rendita reale”.

E questo basterebbe? “Questo sarebbe un innesco potente se coadiuvato da altri provvedimenti che contribuiscono a rinforzarlo: ad esempio dovrebbero essere previste grandi detrazioni per chi affitta a canoni concordati. Attenzione, ci si riferisce ovviamente alle tasse sui patrimoni, e non agli sgravi Irpef esistenti. Soprattutto, l’aliquota sui grandi patrimoni immobiliari (nel comune di Firenze) dovrebbe essere abbastanza alta da incentivare la vendita. Cosa comporterebbe tutto questo? Il primo effetto: migliaia di case reimmesse nel circuito della vendita e abbassamento dei prezzi (per il noto fenomeno dell’offerta). Oltre naturalmente, per lo stesso meccanismo, il “ribassamento” dei canoni d’affitto. Effetto collaterale: la rianimazione del mercato immobiliare attualmente bloccato, attraverso pressi più bassi ma maggior volume d’affari.  Insomma lo scopo è: permettere di vivere a Firenze ai ceti meno abbienti, ricreare uno strato sociale popolare che non esiste più. Un altro punto, importante, bisognerebbe regolare il flusso di case conseguente al meccanismo fiscale descritto in modo progressivo. Infatti, l’immissione di migliaia di appartamenti tutti di un colpo sul mercato farebbe crollare i prezzi e scatenerebbe operazioni di speculazione immobiliare, permettendo, l’anno dopo magari, di ricominciare tutto da capo”.

“Il bello di tutto ciò? – conclude Bartolini – è che è fattibile. E anche che dentro a questa logica di sistema non trova spazio solo l’equità sociale, ma anche la ricostruzione di quel tessuto sociale che è  identitario della città. Un’ultima cosa: il  latifondo urbano è l’altra faccia di quel latifondo agricolo intaccato profondamente dalle leggi del dopoguerra. Perché se si è distrutta la sua faccia agricola non possiamo distruggerne quella urbana? L’accesso allo spazio è una questione cruciale per gli esseri umani. Sia che si tratti di latifondo agricolo e accesso alla terra, sia che ci si ritrovi davanti al latifondo urbano e all’accesso alla casa”.

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