Siria ed Iraq: sogni fossili (prima parte)

Di Dario Faccini

iraq - petrolio e territorio ISIS

Zona delle operazioni della formazione sunnita jihadista dello Stato Islamico dell’Iraq e della Siria (ISIS), in rapporto agli oleodotti e ai giacimenti di greggio (Fonte: per la zona dei territori controllati dall’ISIS a giugno 2014 wikipedia)

Tutti gli uomini sognano, ma non allo stesso modo. Coloro che sognano di notte nei ripostigli polverosi della loro mente, scoprono, al risveglio, la vanità di quelle immagini; ma quelli che sognano di giorno sono uomini pericolosi, perché può darsi che recitino il loro sogno ad occhi aperti, per attuarlo. Fu ciò che io feci.[...] Ma, quando vincemmo, fui accusato di aver messo in pericolo i profitti inglesi sui petroli della Mesopotamia, e d’aver rovinato la politica coloniale francese nel Levante.

Lawrence T.E.(Lawrence d’Arabia) “I Sette Pilastri della Saggezza”, 1926

In questo articolo, diviso in due parti, proveremo ad inquadrare i recenti avvenimenti nelle guerre civili della Siria e dell’Iraq, ed a trarre qualche conclusione ragionevole sull’impatto negli approvvigionamenti petroliferi.

L’inizio di tutto

Quasi un secolo fa, il petrolio diventava una risorsa strategica per la quale valeva la pena combattere. La prima guerra mondiale vide le navi inglesi con motori diesel affrontare quelle a carbone tedesche, e i sommergibili a cherosene e diesel tedeschi impegnati in una guerra corsara indiscriminata. La superiorità dei motori a combustione interna decretò il declino del carbone nel settore navale e rese chiara l’importanza di assicurarsi il controllo dei giacimenti petroliferi.

Gli inglesi non persero tempo: con la promessa dell’indipendenza araba, nel 1916 contribuirono ad una rivolta contro l’Impero Ottomano, di cui fu protagonista l’ufficiale inglese Thomas Edward Lawrence. La rivolta ebbe successo, ma alla fine del conflitto verrà alla luce il doppio gioco delle potenze alleate intenzionate a spartirsi il Medio Oriente. All’Inghilterra andrà l’Iraq mentre alla Francia spetterà la Siria: il sogno dell’indipendenza araba era infranto. Lawrence, che in quel sogno aveva creduto, denuncerà pubblicamente la sua contrarietà dimettendosi da ogni incarico per il governo inglese e rifiutando la nomina a viceré delle Indie. Un gesto davvero d’altri tempi.

La situazione oggi

Oggi Siria e Iraq sono coinvolte entrambe in una guerra civile, con pesanti responsabilità da parte di alcuni paesi sviluppati (soprattutto USA e Russia) e degli stati confinanti (Turchia, Iran, Libano, Arabia Saudita e Qatar) che appoggiano le varie fazioni. Il gioco di alleanze e contrapposizioni è caratterizzato da geometrie variabili tali da impedire ad osservatori occasionali di comprendere la situazione sul campo e impedisce spesso agli stessi governi di prendere decisioni accorte. Su tutto pesano due fattori chiave: la presenza nell’area delle maggiori riserve petrolifere al mondo e le rivendicazioni etnico-religiose.

Petrolio

Il greggio è la chiave dell’interesse internazionale per il Medio Oriente.

A livello mondiale infatti, l’estrazione petrolifera nei paesi non-Opec è al palo per quanto riguarda il petrolio “facile” (convenzionale+condensati) e viene per ora sostenuta con l’utilizzo dei cosiddetti liquidi non convenzionali, molto più costosi (tight oil USA, tar sands del Canada, biocombustibili). Ciò ha un riflesso sul prezzo del greggio, che dai 20$ al barile di fine anni ’90 è passato stabilmente ai 100$ attuali. L’Agenzia Internazionale per l’Energia afferma che verso il 2025 la produzione dei paesi non-Opec comunque declinerà inesorabilmente e saranno proprio i paesi del Medio Oriente a far fronte alla domanda, forti dell’80% delle riserve mondiali di greggio (provate+probabili), estraibili con un costo molto basso. Queste previsioni sono comunque giudicate troppo ottimistiche da vari esperti e centri di studio indipendenti, tra cui ASPO Italia, che da anni allertano sui rischi derivanti dal declino della produzione petrolifera in tempi molto più brevi. A titolo d’esempio, proprio recentemente uno studio peer-review ha [1]:

  • validato i modelli di previsione che dieci anni prima ipotizzavano recuperabile una quantità di petrolio relativamente bassa;

  • confermato che la produzione di petrolio convenzionale è in declino dal 2005;

  • dichiarato “quasi impossibili” gli investimenti necessari per mantenere anche solo debolmente in crescita (1%) la produzione petrolifera nei prossimi 10 anni.

Considerando questo scenario globale, si comprende meglio l’importanza geopolitica del Medio Oriente. Infatti, mentre in Siria la produzione petrolifera, prima dello scoppio della guerra civile, era ormai in grado solo di coprire i consumi interni, in Iraq la produzione di petrolio rappresenta ben il 3,7% della domanda globale, con oltre tre milioni di barili prodotti nel 2013, portando il paese ad essere il terzo esportatore globale e il secondo nell’Opec. Dopo la vittoria sul campo degli USA nel 2003 c’era chi prevedeva una produzione almeno doppia, in virtù delle riserve che ammontano a circa il 10% di quelle mondiali (le quote di produzione dei paesi Opec sono calcolate rispetto le riserve dichiarate), purtroppo la “pacificazione” dell’area non è andata esattamente come sperato.

iraq grafico petrolioFonte: elaborazione da dati statistici EIA

I giacimenti petroliferi iracheni si concentrano in due aree: il nord-est curdo e il sud-est sciita. Tutta la parte ovest del paese è desertica e non vi si trovano idrocarburi (a parte un giacimento di gas). Pochi sono i giacimenti in mano ai sunniti nell’Iraq centrale. Le esplorazioni negli ultimi venti anni hanno proceduto a ritmo ridotto, ma pare comunque che i giacimenti più importanti siano già stati tutti scoperti.

iraq discovery and productionFonte: Campbell Atlas of Oil and Gas Depletion (seconda edizione)

L’infrastruttura di trasporto del petrolio è il principale collo di bottiglia all’aumento produttivo in Iraq. Al sud l’infrastruttura opera già a pieno carico, mentre i giacimenti del nord non riescono ad inviare il petrolio tramite oleodotti a causa del loro deterioramento e delle azioni di sabotaggio. Negli ultimi anni le autorità curde hanno iniziato a trasportare su gomma circa 35.000 barili/giorno verso la Turchia e si ventila la possibilità di creare una pipeline dedicata. Le dispute territoriali conseguenti alla caduta del regime di Saddam Hussein hanno sinora impedito il rafforzamento e lo sviluppo del sistema degli oleodotti.

Note

[1] Hallock, Wu, Hall et al, “Forecasting the limits to the availability and diversity of global conventional oil supply: Validation”, Energy (64), pp 130-153

scaricabile da qui: http://www.rcem.eu/media/238142/hallock_et_al_2014_energy_-_published_paper_january_2014.pdf

visionabile da qui:http://www.researchgate.net/publication/259780768_Forecasting_the_limits_to_the_availability_and_diversity_of_global_conventional_oil_supply_Validation

[2] http://www.pewforum.org/2009/10/07/mapping-the-global-muslim-population/

da http://aspoitalia.wordpress.com/

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