Da Mondeggi con amore

Andando al mercato a comprare i pomodori, siamo contenti di vedere un’etichetta con scritto “provenienza Italia”, attenti a scansare quelli olandesi, o le pere argentine, che tanto petrolio hanno consumato per arrivare fino a qui. Così, persuasi da un senso di appagamento nell’aver contribuito, nel proprio piccolo, ad un miglior sfruttamento delle risorse, ce ne andiamo a casa con buste della spesa piena di prodotti di cui, in realtà, non ne conosciamo la storia, ma solo il prodotto finale, impacchettato e ricamato. L’uomo, costituitosi in civiltà metropolitane, ha ormai perso il rapporto con la terra, quasi sembra ignorare che tutto ciò di cui ha bisogno è sotto i suoi piedi, nei suoli e nei terreni che calpesta ogni giorno.

Mondeggi parte proprio dalla necessità di recuperare il rapporto perduto con la terra. L’accesso alla terra diventa quindi una variabile fondamentale, che permette finalmente di conoscere e di produrre direttamente i beni di cui abbiamo bisogno. Fondamentale è capire come fare a sfruttare il bene senza alterare l’ambiente dove è stato prodotto. L’agricoltura è la rottura di un equilibrio naturale, e per preservare l’ambiente l’agricoltore deve cercare di ricostituire quell’equilibrio, differenziando, creando biodiversità, senza depauperare i suoli.

Sono combattute direttamente a livello di produzione, logiche capitalistiche di sfruttamento intensivo delle risorse, che a lungo termine rendono sterile un terreno. Ne sono un esempio gli uliveti impiantati in lontani tempi di attività della fattoria, troppo vicini tra loro per permettere una raccolta senza macchinari che distruggono la pianta, o per permettere a questa di crescere sana, in uno spazio limitato che non permette, tra l’altro, di diversificare la biologia del terreno.

Mondeggi si pone poi il problema di come coinvolgere la popolazione, di come dare sostentamento a questa, guardando prima i borghi vicini, e poi anche a Firenze, rimettendosi in discussione ogni volta, per preservare e coinvolgere sempre di più.

Terra e acqua, di questo abbiamo bisogno per vivere. E chi ci comanda lo sa bene, tanto che ci ha privato dell’accesso diretto a questi due beni. A Mondeggi l’acqua è in effetti emblema di ciò: il circuito di redistribuzione dell’acqua esiste ed è tuttora in buone condizione, ma Publiacqua, società a capitale misto pubblico privato che gestisce le risorse idriche nell’area fiorentina, è la sola che ha l’accesso diretto all’acqua di Fontesanta, sorgente che forniva, fino agli anni ottanta (quando entrò in vigore la legge Galli), acqua a tutta la valle.

Chi, in questi giorni, partecipa al campeggio, nota subito che qui le cose funzionano assai diversamente dalla vita a cui siamo abituati. Non sono tanto le difficoltà della vita in campestre che ci colgono di sorpresa, o i simpatici vespasiani in mezzo a un canneto. È piuttosto il senso di comunità, quasi come se la vicinanza ai prodotti e ai sapori della terra, fosse una costituente fondamentale, esattamente come racconta la storia dell’uomo, per la costituzione di una società. Non c’è alienazione, non ci sono settarismi, si mangia, si balla, si parla e si decide insieme. Ripensando alla città, che sembra da qui così lontana, si scopre che comprare un pomodoro “provenienza Italia”, è alienante quasi come comunicare con uno smartphone con una persona che si trova dall’altra del mondo, senza sapere, magari, come si chiama chi siede accanto a te.

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