Civati, Cuperlo, Vendola: tre tenori del niente politico in tour a Livorno

Proniamo questo breve articolo tratto dal sito internet livornese Senza Soste. Ci sembra infatti sempre importante ribadire il nulla politico che anima chi pensa di fare l’ala sinistra nel Pd. Buona lettura!!

Il raduno, voluto da Pippo Civati, nella nostra città dopo la sconfitta del Pd, a regola non avrebbe meritato più di una decina di righe di commento. Con l’invito, nella giornata conclusiva, anche di Gianni Cuperlo e Nichi Vendola, qualche spunto di riflessione alla fine viene fuori. Anche se si tratta di una formula del genere tre tenori che, se va bene per la lirica, ha prodotto una serie di stecche politiche a ripetizione.

Prima di tutto a causa del linguaggio usato: nonostante Twitter si continua a parlare di identitarismo degli schieramenti entro il logoro gioco dell’apparentamento dei capicorrente. Poi l’assenza solare di contenuti specifici. Infine, dopo la retorica dei distinguo, il solito repertorio, o meglio il niente: guarda caso infatti, spunta alla fine l’insuperabilità politica del Pd.

Intendiamoci: ognuno dei tre tenori ha bisogno dell’altro. Civati, a forza di prese di distanza impalpabili da Renzi, esiste solo su Facebook, sul Fatto e in qualche intervista televisiva. Cuperlo, con il suo modo di combattere il liberismo che prelude all’esatto contrario, è esponente di un’area, naturalmente priva di ogni prospettiva strategica di uscita da questa situazione, che colloca sempre meno nomine e amministratori. Vendola, dopo aver perso la sua occasione di leadership a sinistra nell’attesa che il Pd finisse di smantellare parte del paese insieme a Monti, si vede sempre meno utile per Renzi. Di qui la riproposizione, molto stanca a dire il vero, dell’ennesima formula del “farsi valere come sinistra per trattare un’alleanza con il centro” che è stata la stella polare della autoproclamata sinistra dalla caduta del muro di Berlino in poi.

Per capire il futuro di un atteggiamento simile basta la semplice rendicontazione degli orrori prodotti dalla precedente versione di questa formula, officiante Fausto Bertinotti. E su due soli punti: introduzione della precarietà lavorativa, voto favorevole sulla legge Treu nel ’97, e adesione rigida alla disciplina di bilancio Ue con la crisi in arrivo, voto alla finanziaria Padoa-Schioppa del 2006 (con tanto di dichiarazione sulla bontà di un compromesso con Mario Draghi, assieme a Marchionne da parte di Bertinotti sul Corsera).

A dire la verità tutti e tre i tenori sembrano accontentarsi di uno scenario di accordi molto più al ribasso rispetto alle pretese di Bertinotti: magari qualche spuntatina alle intenzioni di Poletti dando la sensazione che lo sconto di qualche decimo di punto sulle manovre imposte da Bruxelles sia frutto della “sinistra”. Un po’ pochino, anzi il niente assoluto di fronte ad una società italiana ed europea in piena mutazione globale. Quando la Banca dei regolamenti internazionali, che è l’istituto di regolazione di oltre 50 banche centrali a livello globale, scrive “nei paesi colpiti dalla crisi non è realistico attendersi che il livello del pil ritorni al trend pre-crisi” è chiaro che si impone un modello di sviluppo radicalmente nuovo. Non una dialettica politica tutta tesa all’aggiustamento del vecchio, di una seconda repubblica decotta.

Abbiamo invece tre signori – tra i quali nessuno fa una capillare campagna politica su accesso diffuso ed egualitario a sapere, tecnologie, credito essenziali per il tessuto sociale del prossimo domani – che si autoconvincono della centralità della concezione della “crescita” del Pd. Solo che, bontà loro, va “spostata a sinistra”. C’è un problema però: la crescita, come raccontata da Renzi, non ci sarà mai, come da previsioni di istituti come la Banca dei regolamenti internazionali (o anche dai centri studi Google se si va a vedere il problema dal tecnologico). Quindi nel migliore dei casi si sposterà il niente.

Resta la curiosità su come tre signori, la cui ignoranza dello scenario che ci attraversa è e resterà palese, possano essere presi ormai sul serio da qualcuno. E che si stiano ormai sfiorando le frontiere della ciarlataneria, oltre le quali non ti prendi più la critica politica ma il riso in faccia, lo si vede da come è stata trattata Livorno dall’allegra banda Civati. Non un’analisi robusta sul perché ciò che viene, a sproposito, chiamata sinistra abbia perso. Non un discorso dove si rivivono i fatti, non una proposta originale a partire dall’analisi del territorio che si visita.

Eppure è proprio Livorno, con quello che è successo, che ha dato occasione a Civati di montare il suo set. Ci sarebbe anche da notare che è esattamente la formula dei tre tenori, appoggio al Pd con distinguo dell’autoproclamata sinistra, che proprio a Livorno ha sonoramente perso. Già, quando si dice andare per apprendere lezioni dal territorio dove si va.

Redazione – 13 luglio 2014

Tratto da: http://www.senzasoste.it/

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