Contrordine: la fine del petrolio non è a breve scadenza, ma i problemi ci sono già oggi
Cosa dice davvero l’ultimo Rapporto sull’energia globale
di
Ugo Bardi
Esce in questi giorni il 63-esimo “Rapporto Statistico sull’Energia Globale” della BP (British Petroleum). E’ un rapporto che va in parallelo con quelli di altre agenzie che si occupano di energia, come la Iea (International energy agency) e la Eia (Energy information agency). Tutti questi tentativi di fornire un quadro completo delle tendenze planetarie soffrono sempre di un certo grado di incertezza dovuto all’affidabilità dei dati. Questo è vero in particolare per quanto riguarda le riserve petrolifere, un campo notoriamente pieno di tranelli dove più di una volta si sono viste delle sorprese molto sgradevoli. Per dare un esempio recente, un’analisi di quest’anno ha trovato che le risorse di olio di scisto in California erano state sovrastimate e dovevano essere ridotte del 96% (!).
Tuttavia, il nuovo rapporto della BP concorda con altri studi nell’inquadrare le tendenze generali della produzione mondiale di energia. I punti importanti si possono riassumere, più o meno, così:
1. La produzione di petrolio e di gas continua ad aumentare debolmente a livello globale. E’ il risultato più che altro dalla crescita della produzione negli Stati Uniti, spinta da nuove tecnologie e da investimenti ai massimi storici. Il resto del mondo è in una situazione di stasi, con alcune aree produttive in netto declino (per esempio il Mare del Nord) e altre il cui declino è atteso a breve (per esempio, la Russia). I prezzi del petrolio si mantengono alti, cosa che sta mettendo in difficoltà molte economie.
2. Il carbone, il più inquinante fra i fossili, mostra un incremento di produzione leggermente maggiore di quello di petrolio e gas. Tuttavia, ci sono segni evidenti di rallentamento della crescita a livello globale.
2. La produzione di energia rinnovabile mantiene la sua robusta tendenza di rapido aumento. Ci sono però dei sintomi di difficoltà per il peso degli incentivi correlati a tecnologie come il solare e l’eolico. Anche i biocombustibili non sembrano in grado di mantenere le tendenze di crescita che avevano fino a pochi anni fa.
4. La produzione di energia nucleare è in netto declino a livello globale ormai da diversi anni, anche se ha visto un lieve aumento in controtendenza nel 2013.
In sostanza, la barca continua ancora ad andare, ma continua a galleggiare sui combustibili fossili, il cui declino futuro è certo anche se la scala dei tempi non può essere stabilita con certezza. Quello che è certo è che i tempi dell’abbondanza di combustibili a basso costo sono finiti da un pezzo, e che oggi per mantenere la produzione ai livelli ai quali ci siamo abituati dobbiamo fare degli sforzi economici pesantissimi. Non solo non stiamo facendo un buon affare, ma stiamo ulteriormente aggravando il problema climatico con gli incrementi di emissioni che derivano dalle rese di estrazione sempre più basse (e, incidentalmente, a indicazione dello scarso interesse dell’industria petrolifera su questo argomento, notiamo che la parola “clima” non è nemmeno mai menzionata nel rapporto della BP).
Per finire, da notare come il rapporto BP sia stato massacrato sulla stampa italiana con delle interpretazioni a dir poco discutibili, come quella dell’Ansa che se ne esce con un titolo incredibile: “Distributori di carburante a secco dopo il 2067”. Veramente si pensa che fra 53 anni i pozzi smetteranno improvvisamente di produrre? Nonostante tutto è un dato in qualche modo confortante, perché fa credere che non avremo problemi per almeno 50 anni. Ma non è così.
Il problema non è la “fine del petrolio” – che è molto lontana nel tempo. Il problema sono i prezzi alti, e quelli ce li abbiamo già oggi.
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