Un gregge di gatti: l’OPEC e i felini del greggio.

Nell’immaginario pubblico su questioni petrolifere l’Opec è stata a lungo, ed è tuttora, un’istituzione tra le più importanti, solide ed influenti a livello mondiale, praticamente non è seconda a nessuno.

Al di sotto del suo aspetto monolitico l’Opec ha però al proprio interno una lunghissima storia di divisioni politiche anche radicali; un esempio molto istruttivo ci viene da un articolo de Il Sole 24 Ore.

La questione è come al solito la possibilità di un nuovo taglio alla produzione, e come al solito Iran ed Arabia Saudita si trovano allo spettro opposto dal punto di vista politico, con l’Iran che spinge per un taglio della produzione mentre l’Arabia Saudita non sembra voler arretrare. Altri, come Emirati Arabi Uniti e Kuwait, addirittura la aumentano.

Ovviamente tutto questo non sarebbe mai stato possibile con il vecchio sistema di quote, che regolava le possibilità estrattive di ogni singolo componente dell’Organizzazione; quel sistema è però venuto meno nel giugno del 2006, durante il vertice di Caracas.

A quanto sembra emergere dall’articolo del Sole 24Ore, il problema sarebbero i prezzi del petrolio considerati troppo bassi dall’Opec; il fatto però è che questa “tendenza ribassista” costa sul mercato comunque circa 100 dollari al barile per i greggi di riferimento (i cosidetti greggi standard), ed è un prezzo che si è ormai stabilizzato da tempo su un livello che è stato comunque abbastanza alto da essere una concausa attiva nella recessione globale.

«Considerata la tendenza ribassista dei prezzi – ha infatti dichiarato il ministro iraniano del Petrolio, Bijan Zanganeh – i membri dell’Opec dovrebbero cercare di moderare la produzione per evitare ulteriore instabilità».

Ovviamente l’instabilità di cui parla il ministro è soltanto quella interna ai paesi Opec, siamo ormai mille miglia lontani dalla vecchia visione di Zaki Yamani, il leggendario Ministro del petrolio Saudita il quale, in una famosa intervista rilasciata ad Oriana Fallaci ebbe a dire che “il vostro disastro, se e quando avviene, sarà il nostro disastro” e che “lo sanno tutti che una recessione ovunque avvenga è un fuoco che presto si allarga e ci raggiunge. Ma v’è un guaio: non tutti credono che aumentare nuovamente il prezzo del petrolio conduca al disastro”.

Le frasi di Yamani erano dette però in anni in cui era certa la presenza di ampie quantità di greggio ancora da estrarre le quali avrebbero potuto, una volta immesse in quantità sul mercato mondiale, rianimare le economie occidentali.

Il problema è che oggi sembra riproporsi una situazione di alti prezzi del petrolio abbinati ad una persistente recessione globale senza però due elementi cardine che erano presenti negli anni ’70: da una parte mancherà con ogni probabilità la possibilità di incrementare significativamente a medio e lungo termine le estrazioni di petrolio, dall’altro oggi l’Opec è meno influente e più divisa di quanto fosse nel 1973, arrivando ormai ad assomigliare ad un gregge di gatti.

Come e quanto questo gregge sia diviso lo vedremo nei prossimi anni, ma un assaggio lo potremo forse avere già fra meno di due mesi, il 27 novembre, nel prossimo vertice dell’Opec.

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