FOCUS UCRAINA / La guerra come strumento di controllo sociale

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In Ucraina il tumultuoso movimento sociale dell’inverno scorso è stato sopraffatto, diviso e messo pressoché a tacere dal conflitto militare. Si tratta di una situazione che fa riflettere e che è in contrasto con altri momenti della storia, per esempio la fine della Prima e della Seconda guerra mondiale, quando il conflitto ha prodotto rivolte sociali. Questo articolo cerca di analizzare questi paralleli storici e il significato che hanno per i socialisti.

[Questo articolo del militante di sinistra Gabriel Levy può essere letto insieme agli altri due che ha pubblicato contemporaneamente in inglese nel suo sito: “Ukraine: truce the least bad option, but it gave space to fascists on all sides” e “Social protest and repression in Donbass”]

Le manifestazioni di scontento per i problemi sociali hanno continuato a diffondersi in tutta l’Ucraina – ivi incluse le regioni orientali – anche dopo la caduta del regime di Viktor Yanukovich a Kyiv nel febbraio scorso. Alcune delle proteste facevano parte del cosiddetto movimento Antimaidan, che sotto molti aspetti rispecchiava il movimento di Maidan. Ma in entrambi i casi un nazionalismo corrosivo ha preso il sopravvento. E’ in questo contesto che nell’Ucraina Orientale è comparso un movimento separatista armato, cresciuto poi rapidamente. Il principale fattore che lo ha aiutato è stato il sostegno del governo russo, il quale (i) ha annesso la Crimea a marzo, (ii) ha fornito un forte supporto politico ai leader separatisti (tra i quali vi sono attivisti di organizzazioni fasciste e ultranazionaliste russe, nonché mercenari accusati di crimini di guerra in Cecenia) e (iii) ha consentito a un ampio numero di mercenari di attraversare i confini, insieme a un flusso di armamenti (che è arrivato a includere anche carri armati) e di denaro. Sebbene la Russia abbia sempre negato che il suo esercito stava prendendo parte al conflitto, alla fine di agosto è emersa una enorme quantità di prove relative alla presenza non solo di armi russe, ma anche di soldati di Mosca. Il ruolo delle forze armate russe è stato portato alla luce in particolare da giornalisti e organizzazioni per i diritti umani della Russia, che hanno aiutato a identificare soldati russi rimasti uccisi nel conflitto, la cui esistenza le autorità militari hanno cercato disperatamente di nascondere. Il Comitato delle Madri dei Soldati, che già in passato si era opposto ai governi di Eltsin e di Putin protestando per il ricorso a giovani reclute come carne da cannone nelle guerre in Cecenia, ha svolto un ruolo prominente nel portare alla luce l’operazione militare segreta in Ucraina e questa settimana proprio per tale motivo una delle sue attiviste più note è stata arrestata.

A settembre è stato messo a punto un cessate il fuoco tra l’Ucraina e i separatisti con la partecipazione della Russia. Ha placato il conflitto ma non lo ha fermato; da allora sono morte almeno 300 persone. E’ possibile che questo processo di pace prosegua, ma sembra inevitabile che le “repubbliche” separatiste continueranno a esistere per un periodo di tempo indefinito, con la forma arbitraria e violenta del loro governo militare e la loro politica di estrema destra.

Per usare il gergo della politica internazionale, la situazione potrebbe portare a un “conflitto congelato” che verrà utilizzato dall’élite russa per destabilizzare il governo ucraino e sottoporlo a pressioni, in maniera simile a quanto è accaduto nella regione della Transnistria, ma su una scala molto più ampia. In termini di classe, significa che la popolazione del maggiore centro industriale dell’Ucraina vivrà probabilmente ancora per lungo tempo in una situazione molto simile a un’occupazione militare. Il militarismo e il fascismo potrebbero inoltre guadagnare terreno anche nell’Ucraina occidentale e centrale. Allo stesso tempo si sono aperte fratture all’interno della classe lavoratrice.

Le cause

Il movimento separatista è stato in grado di avviare un conflitto armato di queste dimensioni contro lo stato ucraino unicamente grazie al sostegno che gli ha fornito lo stato russo. Il motivo principale di questo sostegno è stato, ed è ancora adesso, la paura che lo stato russo ha dei movimenti che si sono sviluppati in Ucraina prima del rovesciamento di Yanukovich: le dimostrazioni di Maidan e l’alto livello di proteste sociali che le hanno accompagnate in tutta l’Ucraina.

Non sto magnificando il movimento di Maidan. Accanto a idee progressiste e democratiche tra chi vi aveva preso parte circolavano molte idee reazionarie e nazionaliste. Voglio solo dire che il Cremlino guardava con orrore a tali dimostrazioni, perché erano una dimostrazione del fatto che azioni collettive condotte da un grande numero di persone possono creare nell’ex spazio sovietico situazioni che Mosca non è in grado di controllare. La paura dei movimenti sociali, in Russia o negli altri paesi dell’ex Unione Sovietica, è una caratteristica tipica del governo di Putin. In conseguenza del coinvolgimento militare diretto della Russia nel conflitto, i paesi Nato hanno introdotto sanzioni economiche contro Mosca e in questo momento è in atto un conflitto reale tra la Russia e alcune delle potenze occidentali. Ma è una tensione che ha i suoi limiti. Sarebbe un errore credere che ci troviamo di fronte a una nuova “Guerra Fredda”, oppure che vi sia qualcosa di progressista, “antimperialista” o “antifascista” nelle azioni del Cremlino. La successiva sezione di questo articolo affronta in modo più approfondito questo aspetto.

Una prospettiva lunga un secolo

Quest’anno si celebrano i cento anni dall’inizio della prima guerra mondiale. La guerra è sfociata in alcune rivoluzioni: l’ammutinamento della flotta tedesca; nelle nostre isole, grandi movimenti in Irlanda e in Scozia; ma, soprattutto, vi è stata la rivoluzione russa. Un elemento fondamentale della rivoluzione è stato quello della diserzione di massa dei soldati russi che si trovavano al fronte. Hanno preso alla lettera gli slogan di pace che molti politici russi all’epoca pronunciavano costantemente, prendendo i propri fucili e tornandosene a casa. E’ stata la disponibilità dei bolscevichi a dare sostegno a questa diserzione di massa, sulla quale avevano uno scarso controllo – così come hanno dato il loro sostegno alla presa di possesso di terreni da parte dei contadini, sulla quale avevano altrettanto poco controllo – che ha consentito loro di prendere il potere statale, e di conservarlo, alla fine del 1917. Molto spesso nelle loro discussioni i militanti del XXI secolo tendono a concentrarsi sulla ritirata, la disfatta e il rovesciamento della rivoluzione – Kronstadt, l’ascesa dello stalinismo e tutto il resto – ma dimentichiamo quale enorme passo avanti la rivoluzione stessa abbia rappresentato, quale enorme liberazione di energia creativa si sia verificata, quale punto di svolta sia stato segnato con la partecipazione attiva di milioni di persone nel cercare di ricreare il mondo in un nuovo modo.

Penso che sia possibile interpretare i decenni successivi, molto brevemente e in modo abbozzato, come segue. L’ondata rivoluzionaria alla fine della prima guerra mondiale è stata seguita dalla crisi economica degli anni trenta, dall’ascesa del fascismo e dalla Seconda guerra mondiale, anch’essa terminata con un’enorme ondata di lotte sociali. L’ondata del secondo dopoguerra è stata contenuta, in termini generali, tramite la dominazione del movimento dei lavoratori nei paesi più ricchi da parte della socialdemocrazia e dello stalinismo, e dagli accordi intercorsi tra l’Unione Sovietica e le potenze capitaliste per spartirsi l’Europa, dividere la classe lavoratrice, contenendola e controllandola su entrambi i lati della “cortina di ferro”. Il sistema della Guerra Fredda si è evoluto – con le sue due “grandi potenze”, la minaccia di una guerra nucleare e un compromesso sociale con i lavoratori da entrambe le parti – come un sistema di controllo sociale… non solo nell’Unione Sovietica e negli Usa, ma anche in altri paesi, per esempio quelli del Medio Oriente, i cui leader si sono abilmente destreggiati tra il blocco occidentale e quello orientale. Questo sistema si è infranto nel 1989-1991 con il collasso del blocco stalinista. Nell’Europa Orientale e nei paesi dell’ex Unione Sovietica sono state create nuove forme di controllo sociale – ed è il proseguimento di tale processo che in questo momento è in atto nell’Ucraina Orientale.

E’ importante tenere presente la posizione dell’élite russa. La Russia è in corso di integrazione nell’economia capitalista mondiale come esportatore di materie prime, vale a dire in un ruolo subordinato alle economie capitaliste maggiormente sviluppate. La sua economia, le sue esportazioni e le sue finanze statali sono completamente dominate dai proventi delle vendite di petrolio, gas e metalli. Nell’era post-sovietica i settori della produzione e della lavorazione hanno compiuto progressi molto frammentari, mentre l’élite si è concentrata sulla spartizione dei profitti generati dalle esportazioni di materie prime. Al fine di porre rimedio alla sua posizione economicamente subordinata, e all’insuccesso nel riconquistare lo status di seconda superpotenza, l’élite russa ha disperatamente cercato di rafforzare il suo controllo sull’ex spazio sovietico con mezzi politici e militari. Questa linea implica non solo la necessità di mantenere un controllo sulle élite dell’Ucraina e di altre repubbliche ex sovietiche, ma anche quella di disciplinare la classe lavoratrice. Il ruolo dell’élite russa è stato giustamente descritto come quello di un gendarme. Si tratta a mia opinione della definizione migliore per comprendere perché abbia perseguito la propria guerra omicida contro il separatismo in Cecenia, ma a favore del separatismo nell’Ucraina Orientale – in entrambe i casi con tutto l’armamentario di torture e crudeltà messo in atto non solo da soldati in uniforme, ma anche da formazioni armate irregolari.

L’esaurimento del sistema di controllo sociale esistente durante la Guerra Fredda ha fatto inoltre sì che le lotte sociali e sindacali dell’ultimo quarto di secolo si siano svolte, sia nei paesi ex sovietici che altrove, in condizioni molto differenti da quelle degli anni sessanta e settanta. Negli ultimi cinque anni, a partire dall’inizio della crisi economica del 2008-2009, abbiamo assistito a un’enorme ondata di lotte sociali e di conflitti nazionali – penso in particolare alla “primavera del nord-Africa” e alla Siria, nonché all’Ucraina – che sembrano essere differenti dai movimenti, ai quali ho accennato, emersi durante e dopo la Prima o la Seconda guerra mondiale.

Questi movimenti degli anni recenti non hanno dato luogo a cambiamenti sociali profondi. Non abbiamo assistito a una liberazione di energia creativa, o allo sviluppo di idee radicali e a nuove modalità di organizzazione come quelle che ha vissuto la Russia nei primissimi anni dopo la rivoluzione del 1917… nemmeno in Egitto, dove è avvenuta la più grande rivolta popolare. Su un altro piano, i meccanismi di controllo sociale imposti dopo la Seconda guerra mondiale – tramite la socialdemocrazia e il welfare nell’Europa Occidentale e attraverso il sistema burocratico stalinista nell’Europa Orientale e nell’Urss – oggi non operano nel modo in cui operavano una volta.

Una conseguenza orribile di tutto questo è che di fronte ai movimenti sociali le élite hanno fatto ricorso a metodi molto più crudi e violenti di controllo sociale. Ciò spiega in parte quanto è accaduto sia nell’Ucraina Orientale sia in Siria. Enormi quantità di armi e denaro sono state iniettate in cosiddette guerre civili che sotto molti aspetti sono guerre per procura tra stati capitalisti. Il prezzo più alto in termini di morti e feriti viene pagato dalla popolazione civile.

Ma un’altra faccia di tutto ciò è che i movimenti sociali e sindacali di oggi si stanno sviluppando in condizioni in cui i meccanismi di controllo sociale messi in atto dallo stalinismo e dalla socialdemocrazia si sono fortemente indeboliti. Non si tratta automaticamente di una buona notizia, ma è uno sviluppo che apre ai comunisti e ai socialisti opportunità di tipo differente e problemi di tipo differente. Innanzitutto, i movimenti sociali di oggi sono spesso influenzati da ideologie e da organizzazioni di natura diversa, e utilizzano simboli differenti da quelli di 30 o 40 anni fa. E’ inevitabile, data la crisi storica dello stalinismo e della socialdemocrazia. Il pericolo per i comunisti è pensare che o dobbiamo semplicemente riciclare gli slogan e le politiche delle precedenti generazioni, oppure possiamo semplicemente buttare l’esperienza storica nella pattumiera e ricominciare da zero. Nessuno di questi due approcci è in grado di funzionare, a mia opinione. Ritengo che le organizzazioni comuniste possano svilupparsi con successo rielaborando l’esperienza del passato, ma trovando allo stesso tempo modi per promuovere le nostre idee nelle presenti mutate condizioni. Non pretendo di avere risposte alla domanda di come possiamo farlo, ma riporto qui sotto alcune idee su come la guerra pone questa questione.

I movimenti sociali in tempo di guerra: tre punti

1. Una conseguenza della guerra in Ucraina è che alcuni cosiddetti “militanti di sinistra” hanno apertamente dato il loro sostegno ai regimi separatisti creati da squadre di fascisti armati e altre bande criminali. A mio parere si tratta di una svolta nella politica di questi gruppi stalinisti (e di alcuni gruppi trockisti). La logica è che se la gente ha in mano i fucili e si trova su un fronte opposto a quello degli Usa, allora si merita il nostro sostegno. Il fatto che tutto questo avvenga nel nome dell’”antifascismo” – un argomento che replica passo per passo la propaganda del Cremlino secondo cui il governo ucraino è fascista – rende il tutto ancora più osceno.

Quello che gli eventi in Ucraina ci hanno ricordato è che una volta che i lavoratori vengono armati con bastoni e pistole – per non parlare poi dell’artiglieria – e vengono messi gli uni contro gli altri è ormai troppo tardi per cominciare a pensare a come promuovere le lotte sociali. E’ veramente una pessima cosa che alcuni cosiddetti socialisti prendano parte a tutto ciò. E’ ancora peggio che altri cosiddetti socialisti se ne stiano seduti nel loro paese, lontani dalle violenze e dalle ferite che provocano alla classe lavoratrice, e non solo plaudano a questa attività, ma la utilizzino anche per giustificare un allineamento politico con il Cremlino.

Prendere atto del fatto che la guerra e il conflitto militare siano mezzi di controllo sociale significa prendere atto del loro impatto disastroso sui movimenti sociali e sindacali. La ampia disponibilità di armi letali nella società va a braccetto con un nuovo tipo di gerarchia, quella delle persone armate contro le persone non armate, che rafforza le gerarchie dello stato contro la popolazione civile, la classe capitalista contro la classe lavoratrice, e gli uomini contro le donne.

Le notizie provenienti dall’Ucraina Orientale, dove chi protesta rischia di essere ucciso da armi da fuoco durante le manifestazioni e di subire attacchi con bombe a mano contro le proprie case, lo confermano. Lo stesso vale per la situazione nell’Ucraina Occidentale, secondo quanto raccontano amici e compagni che vi abitano e riferiscono che in molte case si tengono fucili, e che sugli uomini in giovane età vengono esercitate pressioni sempre maggiori, da parte sia dello stato che degli ultranazionalisti, affinché prendano parte al conflitto a est.

2. La guerra inevitabilmente rende più profonde le fratture nel momento dei lavoratori. Un recente esempio deprimente è quello dell’unione indipendente dei minatori, uno dei primi sindacati emerso durante il collasso della dittatura sovietica nel 1989-1990 e ancora oggi uno dei meglio organizzati. A giugno la sezione locale del sindacato a Donetsk – dove la maggior parte delle miniere sono chiuse e molte delle stesse sono state inondate e ridotte in rovina durante il conflitto militare – ha emesso una dichiarazione in cui dà il proprio sostegno alla “operazione antiterrorista” del governo contro la “Repubblica Popolare di Donetsk”. Ciò che a mio parere rende la dichiarazione particolarmente problematica è il fatto che denunciava i sindacalisti di Kyiv che avevano protestato contro i piani del governo di adottare misure di austerità, ivi compreso un congelamento degli stipendi dei dipendenti pubblici, con la motivazione che i fondi erano necessari per l’azione militare. Si tratta di una vittoria in tutto e per tutto classica dei nostri nemici: un’organizzazione che rappresenta lavoratori sotto l’assedio dei dittatori militari filorussi si rivolge contro coloro che rappresentano i lavoratori nell’Ucraina centrale e occidentale. Perfino organizzazioni dei lavoratori di lunga data possono essere divise molto rapidamente in condizioni di guerra, smantellando la loro solidarietà. Vi sono però svariati esempi di organizzazioni delle comunità e di lavoratori che sono indipendenti dallo stato e dalle formazioni armate: i manifestanti che sono scesi nelle strade di diverse città dell’Ucraina Orientale questo mese, i minatori di Kriviy Rih che hanno richiesto la formazione di unità di autodifesa della classe lavoratrice e altri ancora. Sfortunatamente rimangono pochi e distanti l’uno dall’altro. Ma questo, e solo questo, può essere il luogo in cui cominciare a costruire movimenti sociali.

3. Per i comunisti e i socialisti (indipendentemente dalle definizioni più esatte dei due termini), l’antimilitarismo deve essere al centro delle attività. In Russia e in Ucraina si tratta di un tema molto concreto: le organizzazioni socialiste dei due paesi si sforzano di trovare modi per aiutare non solo le mobilitazioni delle comunità menzionate sopra, ma anche, per esempio, i soldati che rifiutano di prendere le armi e le famiglie di coloro che sono rimasti feriti o sono stati uccisi nel conflitto e alle quali poi lo stato nega un sostegno.
Un passo avanti incoraggiante è stato intrapreso da un’ampia serie di gruppi socialisti e anarchici che hanno preso parte a Mosca alla grande marcia contro la guerra del 21 settembre dando vita a una “coalizione antimilitarista”. Tra i loro slogan vi erano: “Il capitalismo è la causa di tutte le guerre. Anche di questa” e “Profitti per gli oligarchi; medaglie per i generali; cadaveri per le madri dei soldati”. La coalizione ha chiesto la liberazione di Aleksandr Kolchenko, l’attivista antifascista imprigionato dalle autorità russe della Crimea, nonché degli antifascisti in carcere a Mosca in seguito alle proteste del movimento del 2011-2012.

Ogni passo compiuto dal movimento reale è più importante di una decina di programmi, ha detto una volta Karl Marx. In Ucraina il movimento reale sta cercando di infrangere le catene della guerra e del militarismo con le quali i suoi piedi sono stati incatenati al terreno.

(Questo articolo si basa su un mio intervento alla Fiera del Libro Anarchico di Londra del 18 agosto 2014, organizzata dal gruppo Real World War I. GL.
Foto: la “coalizione antimilitarista” alla marcia di Mosca raggruppata dietro a uno striscione disegnato dall’artista ucraino di sinistra David Chichkan con le parole “malenkaya poBEDAnosnaya voyna”. Si tratta di un gioco di parole: la frase intera significa “una piccola guerra vittoriosa”; le lettere maiuscole, “BEDA”, significano “disgrazia”. La foto è tratta dal sito web Avtonomnoe Deistvie (http://avtonom.org).

Tratto da http://crisiglobale.wordpress.com/

Sull’argomento segnaliamo anche sempre dal sito linkato qui sopra

http://crisiglobale.wordpress.com/2014/10/20/focus-ucraina-le-incognite-dellautunno-ucraino/

http://crisiglobale.wordpress.com/2014/10/21/focus-ucraina-le-incognite-dellautunno-ucraino-2/

http://crisiglobale.wordpress.com/2014/10/24/focus-ucraina-la-sinistra-ucraina-divisa-tra-maidan-e-antimaidan/

 

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