I fatti del Burkina Faso, nuova “routine” per l’Africa

Compaoré recentemente aveva aiutato Prodi per il suo ruolo all’Onu. Quando il «cambio di regime» torna utile agli interessi occidentali. L’ambivalenza delle Forze armate. E quella di Parigi sui diritti. Un’altra prova, con Ebola, per misurare l’autonomia di cui gode o non gode l’Africa

Blaise Compaoré
Un tempo in Africa – quando il grado di isti­tu­zio­na­liz­za­zione della poli­tica era insuf­fi­ciente e qual­che volta ine­si­stente – i fatti in corso nel Bur­kina Faso sareb­bero stati con­si­de­rati rou­tine. Il colpo di stato era la forma cor­rente per ogni suc­ces­sione al potere, anche all’interno di uno stesso regime. Ora l’Unione afri­cana ha creato un’infrastruttura di pro­te­zione del diritto e dei diritti. Ogni vio­la­zione della Costi­tu­zione è ban­dita e lo stato in cui si veri­fica una rot­tura del genere è sospeso dall’Assemblea.

Il prin­ci­pio non è stato sem­pre appli­cato rigo­ro­sa­mente. Fra le cause che hanno por­tato a delle ecce­zioni c’è, un po’ iro­ni­ca­mente, la diversa con­si­de­ra­zione che pro­prio i paesi occi­den­tali, pala­dini a parole dei diritti umani, hanno della rego­la­rità costi­tu­zio­nale in Africa o nel Medio Oriente. Il “cam­bio di regime”, comun­que avvenga, può tor­nare utile ai loro interessi.

Per elu­dere le dispo­si­zioni della Carta dell’Unione afri­cana è abba­stanza dif­fuso l’espediente dell’emendamento della Costi­tu­zione a tempo debito per “lega­liz­zare” l’allungamento del man­dato di un pre­si­dente al com­pi­mento dei due ter­mini che si solito sono fis­sati per legge come tetto mas­simo. È stata pro­prio l’iniziativa assunta dal pre­si­dente Blaise Com­paoré al fine di otte­nere una rie­le­zione a sca­te­nare la vio­lenza dell’opposizione, che è scesa in piazza. Un fatto raro nell’Africa a sud del Sahara, per­ché gli abusi indu­cono per lo più all’apatia o alla ras­se­gna­zione e per­ché, data la fra­gi­lità degli stati, un som­mo­vi­mento può por­tare alla rovina dello stato insieme al governo.

Appa­ren­te­mente, non è bastato l’impegno a non por­tare avanti il pro­getto di riforma assunto uffi­cial­mente dallo stesso Com­paoré a ripor­tare la calma. Il passo suc­ces­sivo è stato l’intervento dei mili­tari. Ci sono state molte vit­time e alcuni edi­fici pub­blici sono stati distrutti dalla furia popolare.

È stato un mili­tare ad aver segnato nel Bur­kina Faso, allora Alto Volta, la pagina più gra­ti­fi­cante e oggetto di più rim­pianti. Tho­mas San­kara è stato pro­ta­go­ni­sta negli anni Ottanta di un colpo di stato “demo­cra­tico” inau­gu­rando un regime socia­li­sta che cer­cava di supe­rare in avanti sia il tra­di­zio­nale «socia­li­smo afri­cano» che i sistemi detti afro-marxisti.

L’esperimento finì con una tra­ge­dia. San­kara fu ucciso in un com­plotto che dai più è stato attri­buito pro­prio a Com­paoré, che era il più stretto com­pa­gno di San­kara e che gli suc­ce­dette al ver­tice, tro­vando più tardi una spe­cie di legit­ti­ma­zione in due con­sul­ta­zioni elettorali.

Il ruolo delle forze armate è dun­que ambi­va­lente a livello di pra­tica e di imma­gi­na­rio. Non è chiaro se l’azione dell’esercito è da inten­dere come un vero colpo di stato o più sem­pli­ce­mente come una misura d’emergenza per bloc­care i disor­dini. Le prime dichia­ra­zioni par­lano di un «orga­ni­smo prov­vi­so­rio». Il par­la­mento è stato sciolto. Per non incor­rere in una pro­ce­dura puni­tiva da parte dell’Unione afri­cana, i mili­tari potreb­bero assi­cu­rare la tem­po­ra­neità dell’atto di forza pre­pa­rando la con­vo­ca­zione delle ele­zioni già in pro­gramma per il 2015.

L’incognita mag­giore potrebbe nascon­dersi tut­ta­via nello sce­na­rio regio­nale. Negli anni Cin­quanta l’allora Alto Volta era cor­teg­giato per­ché era l’anello man­cante (debole) per com­pat­tare il blocco socia­li­sta Ghana-Mali-Guinea e d’altra parte era il retro­terra di sicu­rezza della Costa d’Avorio. Nkru­mah e Houphouët-Boigny erano anta­go­ni­sti dichia­rati come inter­preti di due modelli opposti.

Oggi il Bur­kina col­lega la fascia sudano-saheliana – in cui ope­rano mili­zie jiha­di­ste, mafie cri­mi­nali che gesti­scono i traf­fici ille­citi (droga, armi, emi­gra­zione clan­de­stina), spinte iden­ti­ta­rie delle popo­la­zioni tua­reg – e la più nor­ma­liz­zata zona fore­stale. Il Bur­kina ha gli stessi pro­blemi del Mali e del Niger, appena a un regi­stro più basso.

Com­paoré aveva acqui­sito una certa rispet­ta­bi­lità a livello afri­cano e inter­na­zio­nale come “media­tore” anche quando agiva chia­ra­mente da uomo di parte. Fu l’ispiratore di varie inter­fe­renze nella Costa d’Avorio all’epoca dello scon­tro fra Gbagbo e Ouat­tara (natu­ral­mente soste­nendo Ouat­tara come uomo del Nord e garante dei molti cit­ta­dini vol­taici emi­grati verso la stessa Costa d’Avorio).

Nei pro­dromi della crisi in Mali, Com­paoré ebbe lo stesso inca­rico di rap­pre­sen­tante spe­ciale di Prodi: Prodi del segre­ta­rio gene­rale dell’Onu, Com­paoré dell’Ua. Durante il governo Monti, con Andrea Ric­cardi mini­stro dell’Integrazione e della Coo­pe­ra­zione, fu l’ospite d’onore alle gior­nate sulla coo­pe­ra­zione allo svi­luppo che si ten­nero a Milano. L’invito a Com­paoré servì pro­ba­bil­mente anche ad aiu­tare Prodi in vista dell’investitura che avrebbe rice­vuto di lì a poco da Ban Ki-moon.

Alla fine, sia lui che Prodi furono sca­val­cati e di fatto estro­messi dall’azione mili­tare della Fran­cia. Il primo alleato di Hol­lande per l’Operazione Ser­val fu il Ciad del pre­si­dente Déby. Il Bur­kina accettò volen­tieri il fatto com­piuto per con­te­nere even­tuali riper­cus­sioni in casa pro­pria.
Il punto di rot­tura ora è a Oua­ga­dou­gou ma è ine­vi­ta­bile guar­dare ancora a Parigi, più di quanto non si guardi a Addis Abeba, dove siede l’Unione afri­cana, o al Palazzo di Vetro. In Bur­kina ci sono coo­pe­ranti, uomini d’affari e sol­dati fran­cesi. Un’altra prova, con Ebola, per misu­rare l’autonomia di cui gode o non gode l’Africa.

Di Gian Paolo Calchi Novati

tratto da Il Manifesto

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