E’ guerra alle nostre condizioni di vita: come cambiano le città e quali scuse ci rifilano

Da quando il governo Renzi si è insediato , gli obiettivi da colpire, in senso negativo, sono due: il lavoro e la casa. Come nella migli ore tradizione padronale, questi due obiettivi vengono portati avanti scatenando la famosa guerra tra poveri, in modo da rendere le classi meno abbienti permeabili rispetto alle argomentazioni e ai luoghi comuni più diffusi.

Per riportare la situazione lavorativa ad una condizione ottocentesca, si mettono i figli contro i padri, facendo credere che la mancanza di diritti dei secondi dipenda dalla troppa ingordigia dei primi. Insomma si spara il dato generazionale e si aspetta che il popolo abbocchi.

Sull’argomento casa si compie la stessa operazione. La situazione è drammatica perché ogni giorno ci sono decine e decine di sfratti in una città come Firenze, figuriamoci a Roma o a Milano che sono due città decisamente più grandi. Anche in questo caso scatta la trappola della guerra tra poveri: il problema sono gli extracomunitari che occupano le case che altrimenti verrebbero date agli sfrattati italiani.

I dati del censimento del 2011, elaborati di recente, però, parlano un’altra lingua. Il problema in Italia è rappresentato dalle case vuote, non da quelle occupate dagli extracomunitari. Gli appartamenti inutilizzati risultano essere 7 milioni, con un aumento del vuoto negli ultimi 10 anni del 350%. In un’ottica razionale questo dato dovrebbe suggerire ai vari amministratori locali e nazionali di non devastare ulteriormente il nostro territorio con nuove costruzioni. Così facendo si darebbe un senso anche ai vari proclami contro i dissesti idrogeologici di questi ultimi tempi. Perché se uno si duole delle varie alluvioni, smottamenti e frane e poi continua ad asfaltare  significa che è un cazzaro. Un po’ come  Matteo Renzi che da sindaco di Firenze diceva di essere a favore dei “volumi zero”, cioè per non costruire più niente, e poi come presidente del consiglio promuove lo Sblocca Italia, che per la speculazione edilizia è una manna dal cielo.

In realtà, rispetto a 20 anni fa è stato edificato il doppio del suolo, ma molti appartamenti rimangono vuoti: il 25% degli alloggi, per l’esattezza, è inutilizzato. Il dato regionale è ancor più preoccupante. In Calabria il 40% delle case sono vuote, in Sicilia e in Sardegna il 30% del patrimonio immobiliare . In Piemonte 1 alloggio su 4 è vuoto, in Veneto e in Toscana il rapporto è di 1 su 5.

E’ ragionevole, quindi, chiedersi perché nel nostro paese si continui a costruire nonostante il declino demografico, il dissesto idrogeologico e la crisi economica. La spiegazione è che le nuove costruzioni non vengono realizzate per soddisfare una domanda sociale, ma per esigenze di mercato. Le case inutilizzate diventano il luogo della trasformazione della rendita fondiaria, che diventa prima immobiliare e poi finanziaria. Le case vengono lasciate vuote  perché servono ai fondi di investimento o a risparmio gestito per fruttare e al capitale illegale per riciclarsi.

Il neoliberismo non ha trionfato soltanto nel mondo del lavoro precarizzandolo, ma ha cambiato aspetto alle nostre città che sono sempre meno dei luoghi pubblici destinati alla socializzazione, ma luoghi privati dove abitare e basta. La città pubblica scompare sotto i colpi della grande proprietà privata che demolisce  i servizi sociali e gli spazi per l’apprendimento, porta alla scomparsa del welfare urbano e del trasporto pubblico e lancia una spietata competizione verso il basso. Il problema è individuare quante auto di grossa cilindrata ci sono fuori dalle case popolari e se chi vi abita ne ha il diritto oppure no.

da http://rifondazionecampi.org/

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