Regno Unito: la lotta per un salario decente

Yvonne Roberts, The Observer, Regno Unito, traduzione a cura di Internazionale

Nel Regno Unito un gruppo di associazioni ha lanciato una campagna perché le aziende garantiscano ai lavoratori una paga più alta del salario minimo nazionale

Sonja, 39 anni, è una madre single di South London che divide un monolocale con sua figlia Isobel, 14 anni. Isobel sogna di diventare av- vocata. “Sono orgogliosa di mia madre”, dice mentre lei le sorride. Sonja (non è il suo vero nome) si è trasferita dal Portogallo cin- que anni fa e oggi lavora per dieci ore al giorno come addetta alle pulizie negli uffici della Her Majesty’s revenue and customs (Hmrc), un dipartimento del governo britannico responsabile della raccolta delle tasse e anche dell’applicazione del salario minimo. Comincia il turno alle cinque del mattino e finisce alle tre del pomeriggio. “Dicono che non hanno mai avuto una donna delle pulizie come me”, racconta con orgoglio. “Ma siamo invisibili. I dipendenti sanno solo che i bagni sono puliti”. Sonja guadagna 6,75 sterline all’ora (8,6 euro), 25 penny in più del salario minimo. Ogni mese la maggior parte del suo stipendio – 1.100 sterline nette più 180 sterline di sussidio di maternità – serve a pagare l’affitto, le tasse municipali e le bollette.

Sonja fa parte del gruppo di persone di servizio degli edifici governativi che chiede l’applicazione del living wage (salario di sus- sistenza), una paga di 7,65 sterline (il 21 per cento in più del salario minimo nazionale) proposto dalla Living wage foundation e adottato su base volontaria. A Londra il salario di sussistenza è di 8,8 sterline all’ora, ma il 3 novembre il sindaco della capitale, Boris Johnson, ha annunciato che salirà a 9,15 sterline. Nel resto del paese il salario di sussistenza passerà a 7,85 sterline all’ora. “Se avessi il salario di sussistenza guada- gnerei cento sterline al mese in più”, spiega Sonja. “Non dovrei dire a mia figlia di aspettare fino a quando avrò i soldi per comprarle un cappotto nuovo”. Secondo Rhys Moore, direttore della Living wage foundation, “il salario di sussistenza garantisce a una famiglia una cifra sufficiente per vivere senza fare un secondo o un terzo lavoro né passare ore sugli autobus notturni per cominciare il turno all’alba”. Dal 2011 la fondazione cer- tifica le aziende che adottano il salario di sussistenza. “Non basta aspettare che il governo aumenti il salario minimo, e non è detto che un ritorno alla crescita favorisca chi è pagato meno. Il salario di sussistenza premia una dura giornata di lavoro con una paga adeguata”.

In un momento in cui i salari sono bloccati e il costo della vita è aumentato del 25 per cento, le persone più penalizzate sono gli invisibili di cui parla Sonja: i dipendenti delle pulizie, dei ristoranti, dei servizi di assistenza, degli hotel, dei negozi. Per anni sono stati costretti a contare su salari insufficienti per far quadrare i conti. Dieci anni fa le aziende che concedevano il salario di sussistenza aumentavano al ritmo di dieci all’anno. Nel 2013 sono state 432 in più. Oggi più di mille datori di lavoro concedono il salario di sussistenza, tra cui 18 delle prime cento società quotate alla borsa di Londra (l’anno scorso erano quattro).

A metà degli anni novanta un gruppo di 15 sindacalisti e attivisti incontrò alcune associazioni religiose a Limehouse, nell’East London, per parlare del fatto che alcuni facevano tre lavori, senza vedere quasi mai i figli, e che nonostante tutto avevano problemi ad arrivare alla fine del mese. Uno di loro, Neil Jameson, si era impegnato nella sua comunità a Chicago nel 1989, insieme a Barack Obama. Nel 2001 il gruppo, insieme ad altri sindacati come Unison, ad associazioni come London citizens e all’organizzazione di comunità fondata da Jameson (oggi Citizen Uk), lanciò una campagna per il salario di sussistenza. In poco più di dieci anni l’iniziativa si è evoluta fino a diventare una campagna internazionale sempre più efficace. Ma come ha fatto questa causa a diventare così importante per Westminster e a ottenere l’appoggio dei principali partiti? Perché le richieste dei più poveri sono finite al centro del dibattito politico in vista delle elezioni del 2015? “Il cambiamento arriva dalle persone comuni che hanno un’idea e la perseguono”, spiega Jameson. “Il nostro obiettivo è aiutare la gente a credere in un cambiamento democratico e migliorare la politica. La società civile deve svegliarsi, comprendere quali sono le sue capacità e organizzarsi meglio”.

Al fianco di Theresa

Amanda Walters, una volontaria di Citizen Uk, racconta la storia di Theresa, che contribuisce al mantenimento di due figlie e due nipoti facendo tre lavori, tra cui quello di addetta alle pulizie all’Hmrc. “Esce di casa alle 4.30 del mattino e torna alle undici di sera. Conosce solo la stanchezza”, racconta Walters. Theresa e Amanda hanno coinvolto padre Francesco Buttazzo, della chiesa cattolica del santo redentore di South London. Il 1 novembre, quando i dipendenti delle pulizie dell’Hmrc, sostenuti da Citizen Uk, hanno organizzato una protesta, padre Francesco era al fianco di Theresa. “Ci basiamo sulle relazioni e la reciprocità”, spiega Jameson. “Se un’azienda fa la cosa giusta la ringraziamo. Ogni datore di lavoro è un amico e un bersaglio”.

Citizen Uk ha una filosofia chiara. Gli organizzatori lavorano con le comunità (chiese, moschee, scuole) per portare alla luce i problemi. Poi preparano “un’azione”, per esempio un picchetto, e gli attivisti cercano di aprire un dialogo con chi ha il potere di cambiare le cose. L’obiettivo è strappare il potere allo stato e al mercato affermando i valori che contano davvero. Inizialmente la campagna per il salario di sussistenza si è concentrata sui livelli di retribuzione in quattro ospedali di East London. Poi si è estesa al distretto finanziario e alle Olimpiadi del 2012. Anche Diana Gallego fa parte del personale di servizio degli edifici governativi. Lavora per il dipartimento dell’energia e del cambiamento climatico (Decc), che quest’anno è diventato il primo datore di lavoro governativo a pagare il salario di sussistenza dopo un incontro tra il segretario di stato Ed Davey e il personale di servizio. Da agosto il reddito netto di Diana è aumentato di 106 sterline alla settimana. “Ora la mia vita è serena. Ed Davey è un essere umano. Lo ringrazio”.

Citizen Uk raggruppa trecento organizzazioni e ha mezzo milione di iscritti. Il suo manifesto per le prossime elezioni include la creazione di un fondo da un miliardo di sterline per la salute dei bambini, misure per alloggi più economici, forme di sostegno al credito cooperativo e la creazione di zone e città con un salario di sussistenza. Nel 2009 ha ricevuto una spinta decisiva quando l’organizzazione benefica Trust for London (Tfl) ha investito più un milione di sterline, permettendo di migliorare la promozione e la ricerca e di creare la Living wage foundation. Un nuovo studio del Tfl ha mostrato che nel settembre del 2013 la campagna per il salario di sussistenza aveva generato 49 milioni di sterline di entrate aggiuntive per 23mila lavoratori. Secondo la ricerca, inoltre, se tutti avessero un salario di sussistenz agarantito, ilgoverno potrebbe risparmiare 2,2 miliardi di sterline perché spenderebbe meno per i sussidi e avrebbe maggiori introiti dall’imposta sul reddito. Il costo dell’aumento del salario peserebbe meno dell’1 per cento sul bilancio di aziende attive in settori come l’edilizia, la produzione alimentare e i servizi bancari. In settori come la vendita al dettaglio e all’ingrosso, dove gli stipendi bassi sono comuni, l’impatto sarebbe maggiore. È per questo che l’adesione al salario di sussistenza è volontaria. Mike Kelly è il responsabile del salario di sussistenza presso la Kpmg, che ha aderito all’iniziativa nel 2005. “Fino a quel momento il personale di servizio doveva terminare il lavoro entro le 6.30 del mattino ed era quasi invisibile”. Oggi 520 dipendenti hanno il salario di sussistenza e l’avvicendamento del personale è calato, come anche i costi per la selezione e la formazione. Ma c’è un altro vantaggio. Quattro anni fa l’azienda ha deciso di non aumentare gli stipendi per evitare di licenziare. L’unica eccezione è stata per chi riceveva il salario di sussistenza. “Ci aspettavamo una risposta negativa, invece il primo commento è stato: ‘Penso sia la cosa migliore che abbiamo fatto quest’anno’. I dipendenti sanno che è una causa importante”.

Nel 2012 il quartiere londinese di Islington, una delle aree più depresse dell’Inghilterra, è diventato il primo municipio britannico certificato per il salario di sussistenza dopo un taglio di 50mila sterline agli stipendi dei dirigenti. Oggi il 98 per cento dei cinquemila dipendenti comunali incassa almeno il salario di sussistenza, incluse 500 assistenti sociali. A ottobre il consigliere laburista Andy Hull si è unito al preside Harsha Patel, al personale e agli alunni della Copenhagen primary school per festeggiare la certificazione della scuola come datrice di lavoro che garantisce il salario di sussistenza. Il quartiere adesso conta 75 datori di lavoro certificati e sta incoraggiando le aziende che gestiscono il fondo pensioni comunale da un miliardo di sterline a pagare il salario di sussistenza. “Affrontare la povertà e ridurre la disuguaglianza è il nostro obiettivo politico”, spiega Hull. L’assessore si rammarica del fatto che la squadra di calcio locale, l’Arsenal, non abbia ancora adottato il salario di sussistenza anche se è uno dei club più ricchi del mondo. Uno dei suoi campioni, il tedesco Mesut Özil, gua- dagna 130mila sterline alla settimana. Per prendere la stessa cifra un dipendente dell’Arsenal con ilsalario minimo ci metterebbe quasi dieci anni.

Secondo lo studio del Tfl, pagare il salario di sussistenza regala ai datori di lavoro “un miglioramento della reputazione”, perché attira i consumatori eticamente consapevoli. Il boicottaggio del cinema Ritzy di South London dimostra quanto possa essere efficace il meccanismo: i gestori del cinema sono stati costretti ad annullare il licenziamento di venti dipendenti dopo che la catena di cui il cinema faceva parte ha accettato di pagare il salario di sussistenza.

L’unico amico

Il 31 ottobre John, 39 anni, ha cominciato la sua giornata lavorativa alle 7.30 del mattino. Ha lavorato fino alle tre del pomeriggio, poi altre tre ore la sera. Si occupa delle pulizie al dipartimento per l’ambiente, l’alimentazione e gli affari rurali (Defra). “Quando arrivo a casa il divano è il mio unico amico. Al mio capo sembro un clandestino che ha il terrore di perdere il lavoro”.

Il Defra, come l’Hmrc, sostiene che non può pagare il salario di sussistenza perché la decisione spetta alle ditte appaltatrici. Questo, però, non ha impedito al Decc di au- mentare gli stipendi. Al pomeriggio John torna a casa per un’ora per vedere suo figlio Ibrahim, 14 anni. Sua moglie e altri due figli sono in Africa. John è naturalizzato, ma non riesce a guadagnare abbastanza da portare la famiglia nel Regno Unito. Il suo stipendio mensile netto è di 1.580 sterline. Ne invia 400 alla moglie, mentre per l’affitto e le bollette spende 700 sterline. “Mio figlio gioca a basket e ha bisogno di attrezzature. A volte posso accontentarlo, ma spesso è impossibile. Lui capisce la situazione, ma le cose devono cambiare”.

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