L’infanzia non si appalta: contro le norme comunali sulle scuole di infanzia

Riceviamo e pubblichiamo il documento del Comitato “L’infanzia non si appalta” costituito dai genitori di circa 25  scuole dell’infanzia comunali con l’intento di fermare le norme comunali che vogliono esternalizzare parte dell’offerta formativa a cooperative esterne al sistema scolastico.

Noi, genitori delle bambine e dei bambini delle scuole di infanzia comunale, riunite/i nel comitato interplesso ‘L’infanzia non si appalta’, esprimiamo la nostra ferma contrarietà al progetto di esternalizzazione dell’orario pomeridiano proposto dalla Vicesindaca Giachi e dal sindaco Nardella con le seguenti motivazioni, che toccano sia il metodo sia il merito della proposta:

Nel metodo: la proposta di riforma è stata annunciata a iscrizioni chiuse, calpestando il diritto all’informazione delle famiglie. Le linee di indirizzo per le scuole dell’infanzia comunali stabiliscono infatti che “le famiglie sono titolari del diritto all’informazione, alla partecipazione attiva e alla condivisione delle attività realizzate”. Niente di tutto ciò è avvenuto: nonostante le invocate limitazioni alle assunzioni siano state previste dalla legge di stabilità pubblicata il 29.12.2014 e entrata in vigore il 1.1.2014,, niente è stato annunciato durante gli Open day e per tutto il periodo delle iscrizioni, quando avremmo potuto scegliere di non iscrivere le bambine e i bambini a una scuola che non poteva mantenere il servizio che avevamo scelto. Solo a marzo inoltrato e a iscrizioni chiuse è stato presentato alle insegnanti e ai genitori il blocco totale del turn over e la rigida volontà di esternalizzare. Troppo comodo, oltre che certamente non trasparente, prevedere nei moduli per le iscrizioni clausole volutamente oscure e ingannevoli per i genitori, con le quali laconicamente ci si limita ad informare che l’offerta formativa avrebbe potuto essere garantita anche attraverso il ricorso a soggetti privati.

Nel merito:
1) la riforma mina alla base la continuità educativa e didattica, perno della sicurezza delle bambine e dei bambini nello spazio scolastico. A subire l’esternalizzazione saranno infatti intere scuole; per far sì che ogni scuola abbia il numero di maestre che l’esternalizzazione richiede, le attuali insegnanti di ruolo dovranno essere trasferite e redistribuite sulle 30 scuole comunali. L’anno successivo, quando ulteriori scuole saranno date in appalto, nuovamente ci dovrà essere una redistribuzione delle maestre, e così via, sgretolando ogni ipotesi di continuità formativa per i tre anni di frequenza di ogni bambina/o.

2) la riforma smantella il progetto formativo: la vicesindaca parla di un considerevole aumento delle ‘attività formative’, ma confonde volutamente il piano formativo con le attività aggiuntive (inglese, musica, psicomotricità): queste ultime -che in didattica si chiamano aggiuntive, e quindi opzionali- saranno aumentate a dismisura, mentre il progetto formativo vero e proprio – che è quello che qualifica il modello educativo di eccellenza che abbiamo consapevolmente scelto- sarà ridotto almeno del ,0%. La vicesindaca dovrebbe spiegarci in base a quale teoria pedagogica le nostre bambine e i nostri bambini sarebbero avvantaggiati dal frequentare queste decine e decine di ore di inglese o di psicomotricità all’età di 3-6 anni. Ricordiamo che solo due anni fa il Comune ha ridotto tutte queste attività alla durata di , minuti l’una perchè le bambine e i bambini non reggevano un’ora intera.

3)Attraverso l’affidamento del servizio a cooperative o privati, pur non abbattendo i costi, la riforma opera una grave svalutazione della professionalità docente: sostituisce posti di lavoro stabili e tutelati con posti precarizzati e sottopagati, impoverendo lo stesso tessuto sociale della città. Al di là della facile propaganda, sappiamo invece che senza dignità delle insegnanti non esiste qualità del servizio. Poiché alle/agli insegnanti in appalto sarà richiesto lo stesso titolo delle attuali maestre, avverrà che le docenti che adesso lavorano a tempo determinato saranno costrette a farsi assumere senza tutele e per circa 8 euro l’ora da chi vincerà l’appalto: come potranno rimanere adeguatamente motivate? Relativamente a questo punto il comitato sottolinea con forza che non siamo contro le lavoratrici e i lavoratori delle cooperative: siamo consapevoli che si tratta di professioniste/i titolate/i e preparate/i, cui va la nostra più totale solidarietà affinché raggiungano quanto prima la stabilità e la retribuzione che la loro qualifica necessariamente richiede.

4) La vicesindaca dichiara che l’investimento non diminuirà, ovvero che non si spenderà di meno. Dietro la scusa del blocco delle assunzioni -in realtà ricordiamo che la legge di stabilità consente di coprire una parte del turn-over- l’esternalizzazione si configura palesemente come una scelta politica. La scelta è quella di spendere i soldi pubblici -gli stessi se non di più- per far guadagnare dei veri e propri colossi di un ‘mercato educativo’, come l’inchiesta di Repubblica Firenze pubblicata a firma di M. Neri il 29/03/201, mette efficacemente in luce. Il guadagno sarà per i soliti noti, mentre perderà un’intera comunità educativa di maestre, bambine/i, genitori.

Perderà l’intera città di Firenze, perché in questo caso non si appalta un servizio collaterale o accessorio, si smantella il ‘capitale umano’ che è custode e garante primo dello stesso patrimonio educativo di eccellenza che caratterizza a oggi la scuola dell’infanzia comunale. Questo patrimonio non è costituito certo da un insieme di regole, progetti e progettini scritti, clonabili attraverso un’operazione di copia-incolla su un capitolato. Più semplicemente, il nostro patrimonio sono le nostre maestre e quelle/i che a loro si potranno unire a parità di titoli, selezione per merito, diritti, salario. Per tutte queste ragioni, chiediamo che l’amministrazione ritiri la proposta di esternalizzazione, procedendo alle assunzioni autorizzate dalla legge di stabilità e coprendo gli altri posti con contratti a tempo determinato, nella prospettiva di un piano di assunzioni pluriennale, da attuarsi eventualmente invocando l’ausilio dello Stato, che preservi la scuola come bene pubblico e tuteli prioritariamente la dignità del lavoro insegnante.

Comitato genitori interplesso ‘L’infanzia non si appalta’

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