L’ascesa del rossobrunismo putiniano

http://www.inventati.org/cortocircuito/wp-content/uploads/2015/04/ich-rede-zu-euch-als-professor.jpg Simone Pieranni,

L’appeal continentale del sogno euroasiatico

Ale­xan­der Dugin è un per­so­nag­gio. Si tratta di un teo­rico russo che negli ultimi anni ha con­qui­stato popo­la­rità nella sua madre­pa­tria e non solo, finendo, secondo molti osser­va­tori, per influen­zare diret­ta­mente alcune deci­sioni del Crem­lino in tema di poli­tica estera. Par­tito come fasci­sta negli anni 90, «inter­ven­ti­sta» in Geor­gia, ancora oggi girano sue foto armato o con un lan­cia­razzi sulle spalle, Dugin ha fatto car­riera, finendo per pre­sie­dere impor­tanti orga­niz­za­zioni cul­tu­rali e stra­te­gi­che russe, met­tendo in altri posti chiave altri stu­diosi fau­tori della sua stessa teo­ria euroasiatica.

Oggi – diven­tato ormai una cele­brità nel mondo della destra euro­pea e spesso ospite di con­ve­gni inter­na­zio­nali — si defi­ni­sce un «cen­tri­sta radi­cale». Le sue posi­zioni poli­ti­che sono via via dive­nute sem­pre più anti ame­ri­cane ed è con­si­de­rato il teo­rico dell’«Impero euroa­sia­tico». Dugin non va né sot­to­va­lu­tato, né con­fuso con qual­cosa di più grande di lui. La sua ela­bo­ra­zione, inse­ren­dosi in un dibat­tito molto vivo tra le nuove destre, ha finito per unire posi­zioni molto distanti, appa­ren­te­mente, creando epi­goni e inter­pre­ta­zioni. Qual è la teo­ria di Dugin che ha finito per con­qui­stare le destre euro­pee alla ricerca di una nuova bus­sola post guerra fredda? Dugin ha dif­fuso la teo­ria del nazio­na­li­smo euro asia­tico basato sulla con­trap­po­si­zione tra l’ordine mon­diale di Usa e Gran Bre­ta­gna, che arri­verà a defi­nire in un suo libro «il regno di Satana», o «la nuova Babi­lo­nia», all’ordine euro asia­tico gui­dato dalla Russia.

È bene pre­ci­sare che la teo­ria di Dugin si com­pone anche di ele­menti mistici, reli­giosi (tanto che alcuni stu­diosi par­lano di «setta») e non si tratta solo di una sem­plice esa­spe­ra­zione del nazio­na­li­smo. Si tratta di un nuovo nazio­na­li­smo che si inse­ri­sce in quella teo­ria di «nuova destra euro­pea» che nasce già negli anni Trenta e che si ria­nima dopo la caduta dell’Unione sovie­tica. Dugin si inse­ri­sce in que­sto dibat­tito, pla­smando nel tempo la pro­pria teo­ria, accom­pa­gnata da arti­coli e inter­venti pub­blici più poli­tici, quasi sem­pre a favore delle poli­ti­che puti­niane. Ci sono due con­cetti che stanno alla base della dot­trina di Dugin: in primo luogo la neces­sità che solo una società post libe­rale, gerar­chica e in grado di man­te­nere le tra­di­zioni cul­tu­rali euro­pee, sia in grado di argi­nare il plu­ra­li­smo e la dilui­zione, fino alla scom­parsa, dei valori tra­di­zio­nali. Il secondo con­cetto è deci­sa­mente inte­res­sante, per­ché per­mette di com­pren­dere alcune vici­nanze (che la crisi ucraina ha di fatto san­cito) tra posi­zioni di estrema destra e di estrema sini­stra, unite dall’antiatlantismo e da let­ture geo­po­li­ti­che «occi­den­tali», che non met­tono a fuoco le carat­te­ri­sti­che pre­cise di alcune aree del mondo (Siria, Libia, il Medio oriente in gene­rale e la stessa Ucraina). Si tratta del con­cetto gram­sciano dell’egemonia cul­tu­rale. Ma gli stu­diosi di Dugin aggiun­gono altri tre con­cetti «di sini­stra», uti­liz­zati dalla nuova destra euro­pea: l’anti glo­ba­liz­za­zione, l’attenzione al ter­ri­to­rio e all’ambiente.

Da parte di Dugin c’è anche un inte­resse nei con­fronti della Destra ita­liana, che non è una casua­lità: Dugin cono­sce molto bene la sto­ria del pen­siero poli­tico ita­liano e l’ambiente intel­let­tuale che ruota attorno a idee vicine alle sue. Nella sua prima rivi­sta, il Dolce Angelo, Dugin ha infatti ospi­tato un sag­gio di Clau­dio Mutti, diret­tore della rivi­sta ita­liana Eura­sia. Dugin pro­pone l’idea di «Impero euroa­sia­tico», orga­niz­zato in modo fede­rale. Nel suo libro più famoso, Osnovy geo­po­li­tiki («Prin­cipi di geo­po­li­tica»), Dugin ade­ri­sce a una teo­ria che vede la con­trap­po­si­zione ine­vi­ta­bile tra le potenze marine, Usa e Gran Bre­ta­gna, e quelle euroasiatiche.

Il suo pen­siero – riba­dito nel 2012 in The Fourth Poli­ti­cal Theory – ha tro­vato ter­reno fer­tile in molti paesi, in par­ti­co­lare in Unghe­ria, con Job­bik, in Gre­cia con «Alba dorata»; con Ataka in Bul­ga­ria. Gabor Vona, lea­der di Job­bik ha uti­liz­zato la teo­ria di Dugin per recla­mare per l’Ungheria il ruolo di ponte tra l’est e l’ovest dell’Eurasia, riven­di­cando pro­prie ance­stra­lità orien­tali. Per la Gre­cia – e Cipro – Dugin avrebbe già pronto il ruolo di porto per la guida russa all’Impero. Tutti e tre i par­titi, inol­tre, con­di­vi­dono l’euroscetticismo, l’anticapitalismo roman­tico e l’anti liberalismo.

La guerra ucraina ha sca­te­nato molte discus­sioni, aprendo a scon­tri ver­bali sui media e sulla rete tra fazioni: chi ha espresso soli­da­rietà con Kiev e di chi lo ha fatto con le regioni orien­tali del paese. La con­fusa situa­zione dell’est ucraino, tra cit­ta­dini e lavo­ra­tori in armi, filo russi e neo­na­zi­sti russi a tenere le redini dei prin­ci­pali bat­ta­glioni, ha fatto sì che l’anti atlan­ti­smo della «destra sociale» e della sini­stra potesse tro­vare alcuni punti in comune nella guerra del Donbass.

Così come il rife­ri­mento sto­rico che richiama, il ros­so­bru­ni­smo, que­sta vici­nanza non è tra­du­ci­bile, ce lo augu­riamo, nella nascita di un sog­getto poli­tico. Si tratta di con­co­mi­tanza di ana­lisi e rifles­sioni, che avvi­cina alcune istanze tipi­che della destra sociale a quelle di una certa parte di sini­stra anti atlan­ti­sta e spesso preda di teo­rie complottiste.

Senza andare troppo indie­tro alle ori­gini di quel feno­meno di ros­so­bru­ni­smo che si lega fin dagli anni 20 all’idea di «comu­ni­ta­ri­smo nazio­na­li­sta», oggi que­sta ten­denza (basata anche, malau­gu­ra­ta­mente, sul con­cetto secondo il quale «il nemico del mio nemico è mio amico»), rischia di creare situa­zioni imba­raz­zanti nella rifles­sioni su eventi sto­rici, appiat­ten­dosi sul con­cetto di Euroa­sia­ni­smo, por­tato avanti da Dugin e che trova punti di con­tatto con molti gruppi dell’estrema destra europea.

Que­sta ipo­tesi poli­tica con­trap­po­sta all’atlantismo e il fascino per Putin costi­tui­scono le due carat­te­ri­sti­che più salienti di quello che potremmo ormai defi­nire come «ros­so­bru­ni­smo puti­niano», pen­siero mino­ri­ta­rio, ma in grado di minare la capa­cità di leg­gere gli eventi in un mondo multipolare.Kiev nel Don­bass. In prima fila c’è uno dei movi­menti sto­rici di estrema destra russa, il «Rus­sia Natio­nal Unity».

Come ripor­tato in un’intervista al «mani­fe­sto» Anton She­ko­v­tsov, uno dei prin­ci­pali ana­li­sti delle nuove destra dell’Europa orien­tale, si tratta di un’organizzazione che esi­ste dall’inizio degli anni 90 in Rus­sia. «In parte, a livello orga­niz­za­tivo ha una sua strut­tura di busi­ness e un strut­tura mili­tante, dichia­ra­ta­mente neo nazi­sta. Hanno par­te­ci­pato a vari con­flitti, come in Trans­ni­stria, in Cece­nia, dove hanno fatto bot­tino e incetta di armi e soldi e secondo le mie fonti hanno par­te­ci­pato al ten­tato colpo di Stato del 1993 a Mosca, ma in difesa del Par­la­mento, con­tro Eltsin. E in seguito hanno par­te­ci­pato ad ogni con­flitto in cui sono riu­sciti a infi­larsi, per fare soldi, armi e trai­ning». Oggi sono il gruppo più forte pre­sente nell’Ucraina dell’est. Poi ci sono anche atti­vi­sti pro­ve­nienti dall’«Euroasian union», una sorta di gruppo gio­va­nile dell’organizzazione inter­na­zio­nale gui­data da Ale­xan­der Dugin, quelli di «Sput­nik e Pro­grom», il «movi­mento con­tro l’immigrazione ille­gale», il «Movi­mento per la Rus­sia imperiale».

Facebook

YouTube