Qatar – Vietato filmare i lavoratori immigrati

Una troupe della BBC, in viaggio-stampa nell’emirato per documentare le condizioni degli stranieri impiegati nei cantieri della coppa del mondo, è stata arrestata e trattenuta in carcere per due giorni per aver ripreso alcuni lavoratori invece delle lussuose residenze che il governo dice di aver loro destinato

Lavoratori nepalesi in un cantiere a Doha

Lavoratori nepalesi in un cantiere a Doha

di Giorgia Grifoni

Roma, 19 maggio 2015, Nena News - Invitati in Qatar dal governo che voleva mostrare le “degne condizioni di vita” dei lavoratori immigrati impiegati nella costruzione delle strutture per il mondiale 2022 dopo mesi di polemiche, appena hanno tirato fuori una telecamera per filmare alcuni di quei lavoratori sono stati immediatamente arrestati e condotti in prigione. E’ accaduto a un gruppo di reporter della BBC, in viaggio nell’emirato per un documentario sui migranti e la coppa del mondo del 2022 sponsorizzato da Doha e organizzato dalla Portland Communications, compagnia di pubbliche relazioni basata a Londra.

Mark Lobel, corrispondente per l’emittente da Dubai, assieme ad altri tre colleghi stava prendendo parte al “tour” sponsorizzato dalla petromonarchia, che aveva il chiaro scopo di cancellare l’immagine negativa che Doha si era costruita dal momento in cui le era stato assegnato il mondiale: le organizzazioni umanitarie, aiutate dalle ambasciate dei paesi asiatici nell’emirato, avevano infatti diffuso le drammatiche cifre del lavoro dei nuovi schiavi, con 400 cittadini nepalesi morti nei cantieri dei nuovi stadi dal 2010 e una media di 220 persone decedute all’anno a partire dal 2011 tra gli indiani.

Secondo i dati diffusi da Kathmandu, la prima causa di morte è l’arresto cardiaco, seguito da incidenti stradali e incidenti sul lavoro. Condizioni disumane come la privazione del cibo e dell’acqua – una condanna a morte nelle torride estati del Golfo – sarebbero all’origine dei decessi “innaturali” di giovani uomini tra i 20 e i 30 anni. Ma niente di tutto questo è stato mostrato alla delegazione di giornalisti: piuttosto sono state organizzate visite guidate alle nuove “ville spaziose e confortevoli per i lavoratori edili, con piscine, palestre e assistenti sociali”, quando la verità è che non hanno diritto a un sindacato, né a un salario giusto e nemmeno al proprio passaporto.

Secondo il rapporto stilato dalla Confederazione Internazionale dei Sindacati lo scorso anno sulle condizioni di vita e di lavoro di un milione e 400 mila immigrati in Qatar, infatti, il nuovo schiavismo continua a perpetrarsi grazie alla Kafalah,  il sistema di sponsorizzazione esistente nel Golfo che permette al lavoratore immigrato di ottenere un visto di lavoro solo a contratto firmato, e che lega la sua permanenza nel Paese al padrone. Stipendi non versati, condizioni di lavoro irregolari e abusi non costituiscono, per le leggi dei paesi del Golfo, una valida ragione per sciogliere il contratto di lavoro da parte del migrante. Solo il padrone può farlo: e spesso, a questo punto, il lavoratore immigrato viene rimpatriato.

Questioni che le autorità qatariote avevano tentato di nascondere dietro al finto benessere di cui godrebbero gli immigrati, smascherandosi da sole: non appena la troupe della BBC ha cominciato a filmare un gruppo di operai nepalesi in fila di fronte alle strutture, subito è stata circondata dalle auto dell’intelligence e condotta in carcere, dove ha passato due notti ed è stata sottoposta a un interrogatorio. “Questa non è Disneyland – avrebbe detto uno degli agenti a Lobel – non puoi puntare la tua telecamera dove ti pare”. 

Subito dopo il rilascio, alla troupe è stato offerto di riprendere il tour di stampa, ma le autorità non hanno ancora restituito ai giornalisti il materiale confiscato. Non è la prima volta che Doha imprigiona chi indaga sui suoi lavoratori immigrati: lo scorso marzo era toccato a due giornalisti di una tv tedesca sorpresi a filmare in un’area della città in cui risiedono molti cittadini stranieri. Le autorità qatariote, per bocca del ministro del Lavoro Abdullah al-Khalaifi, hanno dichiarato come se niente fosse che il Qatar è “un luogo aperto e libero in cui i giornalisti possono lavorare”. Lobel ha risposto caustico: “L’approccio Dr. Jekyll/ Mr.Hyde del Qatar nei confronti del giornalismo è stato esposto dagli stessi riflettori che gli sono stati puntati addosso dopo che ha vinto la gara della Coppa del Mondo 2022″. Nena News

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