Cina, ultras nel mirino del governo

Si chiama insulto alla pechinese ed è un coro da stadio che, nato tra i tifosi del Guo’an di Pechino, si sta diffondendo anche nel resto del Paese.
La parola chiave è shabi, che di fatto è la versione cinese dell’inglese stupid cunt.
Allo Stadio dei Lavoratori di Pechino è tutto un fiorire di shabi: contro l’arbitro, contro i giocatori avversari e perfino contro i propri, quando sbagliano. Se la squadra ospite effettua una sostituzione, tutto lo stadio grida «se un shabi sostituisce un shabi, sarete sempre più shabi». E così via.
AUTORITÀ IN ALLERTA. A Shanghai, l’insulto in puthonghua (il dialetto del Nord che è divenuto lingua nazionale) sta ormai sostituendo il tradizionale «maiale» scandito nella lingua locale, chiaro indizio di colonizzazione culturale.
E il fenomeno inquieta così tanto le autorità, che il Dipartimento di Civiltà Spirituale del Partito ha deciso di presidiare la partite del Guo’an in mezzo agli ultras, sia in casa, sia in trasferta.
L’INTERVENTO DEL PARTITO. A ogni tifoso viene consegnato un sacchetto dell’immondizia con lo slogan: «Lavati la bocca durante la partita e poi porta via la tua spazzatura». Il Dipartimento ha tra i suoi compiti quello di promuovere una società più civile e «armoniosa», parola che impazzava all’epoca della leadership di Hu Jintao, precedente a quella attuale, e che sostanzialmente significa una società priva di conflitti.
I filologi della strada e delle gradinate sostengono che il Jing ma – cioè l’insulto alla pechinese, direttamente mutuato dallo slang della classe operaia – sia scandito contro squadre e tifoserie ospiti fin dagli Anni 90.
Il Guo’an e la rivalità con le squadre di Shanghai e Tianjin
I tifosi del club color verde hanno la fama di essere i più bellicosi della Cina. Arcinota è la rivalità contro lo Shenhua di Shanghai. Ma la squadra più odiata è il Taida della vicina Tianjin: nel 2008, gli ultras del Guo’an assediarono gli ospiti per ore prima che questi riuscissero a lasciare lo Stadio dei Lavoratori.
Ora però “le guardie imperiali” (soprannome del club) si sentono un po’ perseguitate. Intervistato dal South China Morning Post, tale Benetton Yang dice che i tifosi di più o meno tutte le squadre cinesi hanno la loro versione dishabi; solo che gli altri nessuno li capisce, perché lo gridano nel loro dialetto.
MULTE SALATE ANCHE NEL BASKET. Ovviamente, l’insulto pechinese non si limita alle partite di calcio. Il club di pallacanestro dei Beijing Ya – “Anatre di Pechino” – è stato multato l’anno scorso di 40 mila yuan (circa 6 mila euro) dall’Associazione Nazionale del Basket, perché i suoi tifosi avevano più volte gridato shabi alle Tigri Volanti dello Xinjiang.
Nella motivazione allegata alla multa si leggeva che «verso i giocatori ospiti, i tifosi hanno manifestato un comportamento totalmente contrario alla cultura dello sport».
CLUB PRIMO IN CAMPIONATO. Il Guo’an è attualmente primo nel campionato cinese e partecipa alla Champions League asiatica.
Qualcuno dice che sia questo il motivo – più che l’azione del Dipartimento di Civiltà Spirituale – per cui allo Stadio dei Lavoratori l’insulto si sente un po’ meno.
Impazza invece un’altra parola dello slang locale: niubi, che tradurremo in italiano con «figata» e che alla lettera designa l’organo genitale femminile di un bovino. Per ora, le autorità tacciono.

Tratto da: lettera43.it

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