La tempesta sulla Fortezza: un caso emblematico

Martedì 28 luglio si svolgerà alla fortezza una manifestazione promossa da Unite in Rete che sta ricevendo numerose adesioni dalla galassia di organizzazioni, sia di base che istituzionali, che a vario titolo sono sensibili al tema della violenza di genere.

Il motivo della manifestazione è la sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Firenze in merito gli eventi avvenuti a Firenze fra la Fortezza da Basso e lo Strizzi Garden nell’estate del 2008, quando sei giovani uomini stuprarono una loro coetanea. Secondo la sentenza non si trattò affatto di stupro, la ragazza era consenziente ed avrebbe successivamente sporto denuncia per censurare un episodio della sua vita in cui non si riconosceva. Qui un articolo che riassume la vicenda, per chi non avesse la pazienza di leggersi l’intera sentenza.

La sentenza ha fatto scoppiare il caso, e le reazioni non hanno tardato a manifestarsi: l’avvocato della vittima ha rilasciato un’intervista a Controradio dove commentava il moralismo della sentenza che si permetteva di emettere giudizi sia sulla vita “non lineare” della ragazza, sia sull’intera vicenda che, pur non ritenendola “penalmente censurabile”, la definiva “incresciosa” e “non encomiabile per nessuno”. Insomma, lo stupro non c’è stato, ma fare sesso di gruppo è vergognoso.

Ma ben più significativa è stata la lettera della diretta interessata, pubblicata da vari blog femministi, ma anche da siti mainstream come Repubblica e Vanity Fair. La “ragazza della Fortezza” ha anche rilasciato un’intervista alla sezione fiorentina di Repubblica, ma la vicenda è uscita su molti siti di informazione a livello nazionale. Emerge chiaramente come la ragazza in questione sia stata vittima due volte, una prima volta per i fatti della Fortezza, e una seconda volta per il processo nel quale gli avvocati difensori e il tribunale stesso hanno scavato in profondità nella sua vita privata.

C’è stata anche la controreazione da parte degli imputati, o meglio, dei loro avvocati, che oltre a rivendicare la sentenza come “verità storica”, minacciano anche azioni legali contro chi sostenga il contrario sui media, chi continui a sostenere, cioè, che lo stupro c’è stato eccome. Non sono mancate poi le prese di posizione da parte dei vigliacchi difensori della cultura maschilista, sempre più intimoriti dalla possibilità di essere incastrati in tribunale da qualche “nazifemminista”.

Particolarmente interessanti, nel merito della questione, sono stati due interventi: il primo, Stuprata da chi? Riflessioni attorno alla sentenza di Firenze, è uscito sul sito di communia e ripreso da Senzasoste, ha il pregio di fare un po’ di memoria storica sui processi per stupro, riprendendo in particolare il primo processo che alla fine degli anni settanta attirò in Italia l’attenzione dei media, riportato nel documentario Processo per sturpro.

Il secondo è Quel rumore di fondo che evita di parlare di cultura moralista, uscito sul blog Al di là del Buco. Quest’ultimo sottolinea il punto centrale di tutta la vicenda e il suo significato politico: il problema non è tanto la sentenza in sé, ma la cultura di fondo che emerge dal processo e dal successivo dibattito pubblico.

Il problema dunque non sono le strutture della giustizia di questo Stato, nelle quali in ogni caso non riponiamo tutta questa fiducia, anzi: non ci stupisce che dei ragazzi di buona famiglia, che si sono potuti permettere dei bravi avvocati, l’abbiano fatta franca contro una ragazza in evidenti difficoltà economiche, per non parlare di quelle esistenziali dovute alla traumatica esperienza, colpevole di condurre una vita “non lineare”, non in linea quindi con gli standard di questa società. Se fosse stata una brava ragazza, ci dice implicitamente la sentenza, e non “una maiala”, non sarebbe successa una cosa del genere, e se fosse successa non ci sarebbero stati dubbi che fosse stato uno stupro. Ma siccome è sessualmente esuberante, ci stava che si prestasse al sesso di gruppo (anche se in realtà la sua vita precedente, passata ai raggi x in tribunale, non riscontrava pratiche di quel tipo, come sottolineato anche dal suo avvocato). E d’altra parte quei bravi ragazzi, se fossero invece provenuti da situazioni di disagio sociale, da classi sociali meno abbienti o magari “immigrati”, non sarebbero apparsi così bravi e non avrebbe stupito in loro un atteggiamento predatorio nei confronti della vittima.

Quello che colpisce insomma, quello che va stigmatizzato e combattuto di tutta questa vicenda, è il moralismo e il sessismo ancora dilagante: se una fa la disinibita, se la va a cercare. Come nel processo degli anni settanta ricordato dall’articolo su communia, ci sono perfino donne che la pensano così, le madri, le mogli o fidanzate e le amiche degli imputati: basta dare uno sguardo alla sentenza della Fortezza per scoprire che poco o nulla è cambiato. Fidanzate e amiche degli imputati si sono adoperate per screditare la vittima.

Concludiamo ricordando che recentemente c’è stata una vicenda che ci riconsegna lo stesso clima culturale: si tratta dello stupro avvenuto a fine giugno a Roma, presso piazzale Clodio. Finché l’identità dello stupratore era ignota, politici reazionari come Salvini, la Meloni, e i loro fan, invocavano la forca. Quando poi è venuto fuori che si trattava di un marò, i politici hanno improvvisamente chiuso il becco, mentre le schiere dei loro elettori, incapaci di frenare la compulsione al commento sui social media, hanno cambiato registro: chissà com’era vestita, si sarà pentita dopo, le ragazzine a quell’ora devono stare a casa, e così via. La colpa, ancora una volta, quando si tratta di giovani maschi italiani, orgoglio di madri, sorelle, fidanzate e della “nazione tutta”, è della ragazza svergognata.

Certe battaglie si combattono nel quotidiano, solo estirpando le radici di tale “cultura” impediremo che un uomo pensi di poter approfittare di una donna a prescindere dal suo consenso, e di passarla liscia, se non sul piano giuridico, almeno su quello morale.

Tuttavia rinnoviamo l’invito a partecipare alla manifestazione di martedì 28 luglio, ore 21.00, Piazza Bambine e Bambini di Beslan.

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