L’”efficienza” nel bruciare i rifiuti

incenerire

Oggi parliamo di efficienza nel recupero di energia dai rifiuti. Un argomento che spesso viene lasciato ai tecnici.

Un grosso errore.

Non si parlerebbe più di incenerimento dei rifiuti se non fosse proprio per il recupero di energia. 

Di Dario Faccini

Il 5 settembre sono stato invitato a parlare ad un Convegno a Cremona dal titolo “Inceneritori e ambiente: Salute, Diritti, Alternative“. Mi è stato chiesto di portare il punto di vista di ASPO Italia sulla questione. Quello che segue è una sintesi a braccio dei concetti più importanti.

Perch’è l’efficienza

Buongiorno,

per la presentazioni di oggi avrei potuto ribadire le solite cose: che il concetto di rifiuto non esiste in natura, che riciclare è difficile e non sempre possibile, che recuperare energia bruciando i rifiuti ha un’utilità marginale, che per produrre un bene si usa spesso molto più energia di quella che poi contiene il bene stesso e di quest’ultima sarà possibile recuperarne solo una frazione.

Poi mentre curiosavo sulla rete alla ricerca di uno spunto, ho ritrovato il “Rapporto sul recupero energetico dei rifiuti urbani in Italia 2014” dell’ISPRA e di Federambiente, pieno di dati. Allora ho deciso di verificare un dubbio che ho da tempo: ma è vero che gli inceneritori sono efficienti nel recupero di energia?

Può sembrare una domanda “tecnica”, ma invece è sostanziale:

  • Il recupero di energia dai rifiuti produce benefici energetici, ambientali e climatici solo se è sufficientemente elevato. In letteratura scientifica i confronti tra le varie alternative allo smaltimento dei rifiuti, compresa quello del recupero di materiali, presentano i moderni inceneritori come la scelta da preferire proprio grazie alla loro presunta buona efficienza.
  • Dal recupero energetico dipende una parte importante del business plan di un inceneritore e quindi la sua redditività economica.
  • L’UE fissa al 60% l’efficienza minima di un impianto di incenerimento per essere considerato “recupero di energia”(categoria R1) invece che “smaltimento rifiuti”(D10). Il Governo Italiano, con lo Sblocca Italia, impone a tutti gli inceneritori riconosciuti in R1 l’obbligo di funzionare al massimo della capacità, anche importando rifiuti da altre regioni.

Vediamo allora di capire innanzitutto come funziona un inceneritore. Successivamente vedremo qual’è l’efficienza reale di un sottoinsieme degli inceneritori italiani, quelli in regione Lombardia.

Flussi di massa, flussi di energia

Gli inceneritori con recupero di energia hanno due vite parallele. Riducono innanzitutto la massa solida dei rifiuti.

flussi massa

Nel farlo si producono grandi quantità di fumi (circa 7 volte in peso il rifiuto in ingresso) e rimane comunque un quota solida in parte smaltita in discarica, in parte utilizzata nella produzione del cemento (nonostante questa scelta sia alquanto discutibile).

Inoltre l’inceneritore recupera una parte dell’energia chimica dei rifiuti producendo energia elettrica (sempre) e termica (talvolta). I dati della slide che vedete sono riferiti a quelli di un impianto di piccola taglia di ultima generazione (si dice sempre così) e sono quelli che vengono forniti all’Università e nei confronti pubblici.

flussi energia

In realtà un inceneritore è un impianto molto complesso, dove i flussi di energia non sono affatto così semplici. Serve un pò di energia per avviare la combustione dei rifiuti (metano) e una parte dell’energia elettrica prodotta deve essere consumata per il funzionamento dell’impianto. Inoltre ci possono essere altri consumi energia, come quella che serve per essiccare i fanghi destinati al forno. Oggi faremo una trattazione semplificata, considerando solo i rifiuti che entrano e il calore e l’elettricità che escono. Si introduce così qualche errore ma è piuttosto contenuto.

Dentro ai numeri

Vediamo allora qual’è l’efficienza elettrica dei 13 impianti di incenerimento lombardi, in rapporto alle tonnellate di rifiuti che bruciano. Vedremo così che la dimensione degli impianti “conta”. I dati sono del 2013 e sono presi dal rapporto ISPRA-Federambiente già menzionato.

Innanzitutto ricordiamo che l’efficienza è un rapporto: energia che esce, diviso l’energia che entra. In questo caso energia elettrica (netta) diviso l’energia liberata dalla combustione dei rifiuti.

1

Nel grafico sopra è riportata una linea gialla che rappresenta l’efficienza elettrica media che dovrebbe avere la realtà industriale nazionale, secondo quanto indicato da illustri tecnici del campo, ad es, il prof. Consonni. I punti blu corrispondono all’efficienza elettrica lorda degli impianti lombardi, mentre quelli rossi all’efficienza netta (quella che veramente ci interessa).

Cosa osserviamo?

Innanzitutto che gli impianti più grandi, dovrebbero essere più efficienti e questo in effetti trova un certo riscontro nei dati reali.

In secondo luogo che la linea gialla si adatta bene all’efficienza elettrica lorda, ma non a quella netta, che risulta in tutti i casi tranne uno, molto più bassa: per 5 impianti l’efficienza elettrica netta è sotto il 12%, con due impianti che sono addirittura attorno al 5%. Questi sono valori veramente troppo bassi, tanto che è difficile considerarli per il 2013 come impianti che abbiano recuperato energia elettrica. Pesa in particolar modo non solo la scarsa capacità di produzione elettrica, ma anche l’elevato autoconsumo di elettricità.

Consideriamo ora solo l’efficienza elettrica netta e suddividiamo gli impianti in due categorie: quelli che recuperano solo elettricità e quelli che recuperano anche il calore per servire una rete di teleriscaldamento (cogenerativi). 

bis

Si osserva che, a parte i grandi impianti, gli impianti cogenerativi sono mediamente meno efficienti nella produzione elettrica. Il motivo è tutto progettuale: per produrre un 5% in più di energia termica è necessario sbilanciare il dimensionamento dell’impianto e “sacrificare” circa l’1% di produzione elettrica.  Si recupera così più energia totale, ma siccome il calore è una forma molto meno pregiata di energia (compie molto meno lavoro) rispetto l’elettricità, da un punto di vista termodinamico compiere questa scelta è un po’ come scambiare una moneta d’oro con cinque di rame.

Per quanto riguarda l’efficienza termica invece la situazione è un po’ meno grave rispetto all’elettrica.

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Trai 7 impianti cogenerativi lombardi, ce ne sono 3 che superano il 30% e 4 che si attestano sotto, con uno di grande taglia che recupera pochissimo calore, probabilmente a causa di difficoltà nel distribuirlo in una rete di teleriscaldamento.

Vediamo ora di mettere insieme l’efficienza elettrica e quella termica per trovare l’efficienza totale. Il risultato si apprezza nella figura successiva.

7 bis

Questo grafico è però concettualmente sbagliato: mette insieme due forme d’energia molto diverse, quella elettrica e quella termica, senza ricondurle prima ad una forma d’energia comune. E’ un po’ come sommare le mele con le pere.

Per sistemare questo grafico si può allora riportare tutto in energia primaria. In pratica è come si ci ponessimo due domande. Quante unità di energia primaria servono mediamente in Italia per produrne una elettrica? E quante per una termica?

La risposta, approssimativa, è nell’immagine sotto.

in energia primaria

Quindi possiamo ora rappresentare l’efficienza, in energia primaria “evitata”, dei 13 inceneritori.

8

Ora finalmente possiamo confrontare l’efficienza dei 13 inceneritori lombardi.

Si nota subito che, mediamente, l’efficienza nel recupero di energia è di circa il 40%, un valore poco incoraggiante e ben lontano dall’80% che era lecito attendersi con i valori di efficienza indicati normalmente dai tecnici [1].

In secondo luogo ci sono solo due inceneritori che superano la soglia fatidica del 60% e che quindi dovrebbero avere diritto a rientrare tra gli impianti di recupero energia “premiati” dallo Sblocca Italia.

ritocchi made in UE

Purtroppo ora qui ha termine la realtà fisica ed inizia quella normativa.

La UE, per classificare l’efficienza di un impianto di incenerimento, nel 2008 ha creato una formula ad hoc, la cosiddetta “formula R1”. L’idea era di avere un’unica formula per confrontare tra loro tutti gli inceneritori nella UE. Inutile dire che questa formula ha una quantità di “ritocchi premianti” che ne snatura completamente l’utilizzo nel campo dell’efficienza energetica, almeno quella insegnata all’Università.*

r1-1

Vediamone alcuni di queste modifiche:

1) Il denominatore è moltiplicato x 0,97, per togliere il calore contenuto nelle ceneri e nelle scorie di risulta. Eppure sarebbe un calore tecnicamente recuperabile.  [+3% all’efficienza totale]
2) L’energia elettrica è moltiplicata per un fattore 2,6 invece che 2,2, perché si considera il  rendimento medio di una centrale a carbone europea. La logica avrebbe voluto che fosse considerato invece il mix medio europeo di produzione termoelettrica. [+18% su eff. elettrica]
3) Incredibilmente, anche l’energia elettrica autoconsumata dall’impianto contribuisce all’efficienza.  La ragione fornita è che è bene che l’elettricità sia consumata in loco. Proprio così. [sino a +66% su eff.elettrica]

Ma la modifica più snaturante è la definizione di un fattore climatico “Kc” che dovrebbe tener conto della maggior difficoltà, per gli inceneritori del sud europa, a recuperare energia termica per il teleriscaldamento in presenza di stagioni termiche più brevi e meno fredde.

Siccome la UE non ha definito subito il valore del Kc, l’Italia nel 2013 brucia le tappe con l’emanazione di un decreto che pone questo fattore ad un valore massimo pari ad 1,38[+30% su tutta l’efficienza]
Solo nell’estate 2015 la UE giunge a definire il valore di Kc, posto sensibilmente più in basso rispetto a quello “italiano”( al massimo a 1,25). [+20% su tutta l’efficienza]

Ora, non è poi così sbagliato che ci sia un fattore di correzione climatica. Quel che è sbagliato che questo fattore aumenti non solo il contributo di energia termica recuperata, ma anche quello di energia elettrica, che dal clima è ben poco influenzato.

Con tutti questi “aggiustamenti”, un impianto di incenerimento medio Lombardo con efficienza reale (in energia primaria) del 43%, passa ad avere il 75%.

A parte rare eccezioni, è quindi poco probabile che esistano in Italia impianti di incenerimento con recupero di energia che possano mancare la soglia normativa di efficienza del 60%. Anche perché abbiamo visto che in realtà non è davvero una soglia di efficienza.

Conclusioni: ma quale efficienza?

Gli impianti di incenerimento lombardi hanno un’efficienza (misurata in termini di energia primaria evitata) circa dimezzata rispetto a quanto sarebbe lecito attendersi. Da questo consegue un maggiore impatto in termini ambientali e climatici, e minori prestazioni economiche.

Gli impianti più grandi, grazie alle economie di scala, tendono ad essere più efficienti. Ma questo significa anche un bacino di raccolta rifiuti più vasto, con maggiori impatti per il trasporto e maggiori emissioni al camino dovute alla taglia.

Gli impianti di modeste dimensioni che recuperano anche il calore, tendono a penalizzare il recupero di elettricità.

Infine, l’efficienza per definire un impianto come “recuperatore di energia” è calcolata con una formula che con l’efficienza centra ben poco.

Note

[1] Vedi la figura dei flussi di energia. Efficienza nel recupero di energia = 30*1,1+22,5*2,2 = 82,5%.

da https://aspoitalia.wordpress.com/

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