Gli ex tirocinanti della Biblioteca Nazionale scrivono una lettera al ministro Franceschini

Pubblichiamo questa lettera degli ex tirocinanti della Biblioteca Nazionale indirizzata al ministro Franceschini, poiché centra il punto sull’utilizzo dei vari tirocini/stage/servizi civili nelle strutture pubbliche: si “abboccano” giovani con la promessa di una meravigliosa ed utilissima esperienza formativa per poi fargli svolgere le stesse identiche mansioni del personale strutturato ad un salario notevolmente inferiore. Professione tappabuchi. Tutto ciò aggravato, in questo caso, dal giocare sulla pelle di un istituto dall’importanza assoluta come una Biblioteca Nazionale centrale che svolge una funzione non da poco, come quella della conservazione di TUTTO il materiale librario e periodico pubblicato in Italia. Lasciare letteralmente a marcire una struttura del genere è da pazzi. Soprattutto se chi governa usa quotidianamente una stucchevole retorica neo-nazionalista: l’Italia di qua, l’Italia di là, sblocchiamo l’Italia ecc. per poi disinteressarsi addirittura della Biblioteca Nazionale. Già, ma il vero problema sono i lavoratori (in appalto ai loro amici delle cooperative) che scioperano al Colosseo, agli Uffizi o a Pompei, additati all’opinione pubblica come “nemici della Patria” , ovviamente sono loro a limitare “l’accesso alla cultura”… 

“Tirocinanti senza prospettive: tirocinanti come soluzione?”

La polemica di questi giorni scatenata dal “caso Colosseo” ci stupisce per i toni utilizzati ed è fonte di indignazione per la totale rimozione dalle preoccupazioni del Governo delle condizioni di lavoro di migliaia di addetti e operatori dei beni culturali. Vogliamo ridare centralità a questo aspetto, partendo dalla nostra esperienza di tirocinio alla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze. Per sei mesi i servizi della BNCF sono stati attivi anche grazie a noi: alcuni dei 150 giovani per la cultura individuati dal MIBACT con procedura concorsuale volta a selezionare i migliori giovani laureati da impiegare per la durata di sei mesi in un “un tirocinio formativo e di orientamento”. Consideravamo la BNCF come l’eccellenza fra le biblioteche italiane, ma la realtà che ci si è palesata era ben lontana dalle aspettative. Siamo stati impiegati non sulla scorta di un percorso formativo (come da noi più volte sollecitato) ma come necessità determinava, per sopperire alle mancanze dettate dalla ristrettezza di risorse. Speravamo di unire all’esperienza dei dipendenti le nostre competenze e la voglia di fare. Ci siamo sforzati di avere un approccio positivo e volenteroso, permettendo alla biblioteca di lavorare a pieno regime presentando progetti volti a migliorare i servizi. Ma tutti i nostri entusiasmi e le nostre proposte sono state frenate da un mantra: “non abbiamo risorse, né personale, né tempo a sufficienza per realizzare nessuna di queste buone iniziative”.

Tirocinio formativo di orientamento e inserimento al lavoro? Un sistema di autocombustione di energie lavorative che non produce effetti duraturi e stabili, ma che tende alla dilatazione del precariato. Dopo sei mesi nessuno di noi ha ottenuto alcuna prospettiva lavorativa generata da questa esperienza a differenza di quanto previsto e dichiarato dalle linee guida in materia di tirocini: “Le parti si impegnano a definire politiche di accompagnamento e avviamento al lavoro anche attraverso la predisposizione, nell’ambito del settore privato, di misure di incentivazione per trasformazione dei tirocini in contratti di lavoro”. Il problema, Ministro, sono le attuali politiche che non solo non prevedono alcun prospettiva di assunzione, ma insistono nel proporre nuove selezioni di tirocinanti (come dimostrano i bandi: 500 giovani per la cultura e il neo pubblicato dei 130) limitate a temporalità ristrette e non prorogabili. Segnali che denotano ormai una scelta consapevole indirizzata alla cristallizzazione della precarietà lavorativa dei giovani laureati. Una vera e propria bancarotta culturale. Si dovrebbe solo provare a dare “al patrimonio culturale le uniche due cose che le servono: personale qualificato assunto a tempo indeterminato e fondi ordinari sufficienti” come detto da T. Montanari, Biblioteca Nazionale, vergogna sul foglio con stemma, La Repubblica, 9 Settembre 2015. Assistiamo, invece, notizia di questi giorni, a decreti legge che definiscono i Beni culturali come “servizio pubblico essenziale” e che mettono i lavoratori dei beni culturali a rischio di essere precettati, qualora decidano di manifestare, contro la scarsezza dei fondi a loro destinati. Facciamo, allora, della cultura un vero “servizio pubblico essenziale”, liberando migliaia di giovani competenti dalla precarietà con un serio piano occupazionale, rifinanziando adeguatamente il fondo ordinario, promuovendo l’accesso a musei e siti culturali, sostenendo il diritto allo studio e le fonti informali della formazione. È davvero tanto complicato avere cura del nostro patrimonio culturale? Nel caso della BNCF sarebbe bastato applicare quanto previsto dalle già citate linee guida, noi saremmo ancora lì a garantire quei servizi al pubblico che adesso risultano sospesi.

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