Il 25 aprile e la storia «ufficiale»

La memoria è l’unico “paradiso” dal quale nessuno ci potrà cacciare.

Jean Paul, da molti citato.

Nel fantastico mondo dei contaballe, tutto è possibile. Anche quando le balle fanno a pugni con l’evidenza. Un esempio squallidamente lampante è la storia della Resistenza.

Come è ormai noto e arcinoto, la storia della Resistenza è stata scritta dal Partito comunista italiano in chiave nazional-popolare, ovvero, è stata scritta escludendo ogni nota stonata ed esaltando tutto ciò che portava acqua al proprio mulino. Anche a costo di inventarlo. Il risultato è stato un’immagine oleografica che, col passare degli anni, ha mostrato vieppiù la corda, grazie ai contributi di storici di differente orientamento politico (socialisti, anarchici, comunisti internazionalisti …) o solamente più scrupolosi[1].

Ciò nonostante, la vulgata nazional-comunista guadagnava terreno quanto più contribuiva a plasmare la rassicurante mitologia fondante della Repubblica italiana. Una mitologia patriottica, ecumenica e, soprattutto, interclassista.

Nel corso di questa deriva mitologica, e istituzionalizzante, venivano abbandonati i toni più «militanti» e drastici, spesso oltraggiosi, inizialmente usati per censurare le «note stonate dei dissidenti.

Ma il lupo perde il pelo ma non il vizio.

Cresciuto all’ombra di Giorgio Amendola e di Giorgio Napolitano, Abdon Alinovi è il tipico erede di quella storiografia nazionale-comunista che fu una vera scuola di mistificazioni e di calunnie.

Nell’anno di grazia 2015, Alinovi ha scritto e pubblicato un libro che definire oleografico sarebbe un complimento. Forse l’autore sperava che la polvere dell’oblio avesse sepolto la memoria di eventi ormai remoti. Si è sbagliato.

Qualcuno ha buona memoria di quei pur remoti eventi di lotta al fascismo. Soprattutto chi li ha vissuti in famiglia, come Giuseppe Mannucci, figlio di Danilo che fu sempre in prima fila nella lotta al fascismo, con la prospettiva del socialismo. E non certo di una Repubblica fondata sullo sfruttamento e l’oppressione dei proletari, per la maggio gloria di padroni, faccendieri e politicanti.

Per controbattere la storia «ufficiale» che ogni 25 aprile ci viene servita dai servi furbi del regime, volentieri diffondo la replica di Giuseppe Mannucci.

Se non ci fosse da incazzarsi, ci sarebbe da ridere, di fronte all’insipienza di Alinovi e dei suoi stolti reggicoda. Buona lettura.

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