Un weekend di lotta e rivolta negli States

Lo scorso fine settimana a Richmond, in Virginia, lavoratori provenienti da tutti gli Stati Uniti si sono riuniti per dimostrare ai loro capi, le più grandi multinazionali del mondo, che continueranno a lottare per un salario più alto e per il diritto di organizzazione sul posto di lavoro.

La convention di #FightFor15 dello scorso 12-13 agosto ha visto la partecipazione di diverse migliaia di lavoratori che insieme hanno discusso del mondo in cui vogliono vivere e hanno pianificato le future iniziative del movimento. Per il prossimo 12 settembre è stata fissata una giornata nazionale di lotta ed è stato deciso di presenziare ai dibattiti presidenziali per imporre nell’agenda politica il tema dell’aumento dei salari.

I lavoratori chiedono dignità e rispetto per le loro famiglie, in troppi non riescono a preparare un pasto decente per i loro figli e a pagare le bollette. Durante i lavori è stato ribadito che la lotta non punta soltanto ad ottenere i 15 dollari l’ora e che non riguarda solo i 64 milioni di americani che percepiscono un salario inferiore a tale cifra: riguarda ognuno di noi perché è l’intera “working class” a sprofondare in una condizione di miseria (The Richmond Resolution. Resolved, by the working people of the Fight for $15 movement, in Richmond, Virginia on August 13, 2016).

La convention si è conclusa con una grande marcia nel centro della città (con presidio davanti ad un McDonald’s), durante la quale venivano scanditi slogan contro l’ingiustizia razziale ed economica. L’unico modo per invertire la tendenza dei salari da fame, sostenevano alcuni manifestanti, è quello di affrontare 400 anni di razzismo sistemico: “To demand racial justice. To demand immigrant justice. To demand $15 an hour and union rights!”. Molti i cartelli inneggianti a Black Lives Matter, movimento che con le sue lotte contro la violenza della polizia ha segnato, insieme a Fight For 15, quest’estate americana.

L’ultimo fatto di sangue è avvenuto a Milwaukee dove un poliziotto ha ucciso un ragazzo afroamericano, Sylville Smith. Appena è circolata la notizia, centinaia di dimostranti hanno bloccato l’incrocio vicino al luogo dell’omicidio e nella notte sono scoppiati violenti scontri. Lo sceriffo della Contea, visto il persistere dei disordini, ha chiesto la mobilitazione della Guardia Nazionale, mentre il sindaco della città ha lanciato un appello a tutta la popolazione: “Se volete bene ai vostri figli, alle vostre figlie, ai vostri nipoti, dite loro di tenersi a distanza dalla zona, la situazione è molto instabile”.

Oppressione economica e oppressione politica vanno a braccetto negli Stati Uniti, il paese più colonialista di tutti, quello che colonizza il “99%” della sua popolazione.

 da http://www.chicago86.org/index.php

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