Sesso, morte, bestialità e dolcezza.

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Su Radio di Massa

La sesta puntata di «Siamo tutti poeti laureati», in onda alle 14.15 di venerdì 30 gennaio 2009, sarà una scorpacciosa carrellata sulla poesia italiana dal Duecento al Novecento, noi scegliendo fra i poeti scelti da Giacinto Spagnoletti per una vecchia antologia popolare.

In tale scelta al quadrato, o meglio quadrato-radicale, abbiamo compiuto esclusioni clamorose – la divina Commedia, Leopardi, le poetesse ecc. –, giustificate dalle inclusioni delle cose escluse in puntate vecchie o future.

Fili incosci, intanto, si sono dipanati; e le poesie e i poetici frammenti sono emersi, dai quattro tascabilini, non come relitti ma cime di unitarie montagnole sottomarine, spinte a disabissarsi, e farsi nostre, dagli astri e da oscure dee madri; e quivi la dorsale piú d’altre rizomatica s’è rivelata essere la Donna: ché gli italiani sono mammoni e farinielli.

Cosí, il periodo tardomedievale è uscito caratterizzato dalle «Donne piú o meno di paradiso», sulle quali variamente sospirano Dante e Petrarca; e delle quali Sacchetti ha una simpatica visione in un boschetto, tra la pioggerellina, esse a coglier erbe, e col suo metro libero par quasi anticipare ’l Novecento di Palazzeschi e frati; mentre fra’ Jacopone visiona la Madonna, straziata dai tormenti calvarici del figlio, e che ci strazia di rimbalzo con tutto il peso dell’Ultimo Mito.

Il Cinque-Seicento, schiacciato tra Controriforma e razionalismo, si svela spampanato ricettacolo di «Morbosità, violenza, tette e uccelli»: i mediconi di Berni contemplano il papa agonizzante come appollaiati corbacchioni, Marino svolazza decadentemente intorno a un usignolo di cui analizza il contrappunto, Tasso si strugge nel perverso gioco di marionettarci Tancredi e Clorinda a morte; e mentre tra i seni di lei, al termine del bestiale combattimento, Tancredi affonda la spada, lo spagnolante nostro conterraneo Sgruttendio de Scafato si compiace dei grassi seni dell’amata Cecca, di faccia racchia come si conviene a un’epoca in cui il gusto or decàde or troppo innalzasi, sbaroccando a spiràleo schizzo onanico.

E il Sette-Ottocento è «Dolce vita, amara morte»: Baffo sguazza nel fontanone felliniano del piú romanesco edonismo; il prete Parini ci sbigottisce con le sue nude voglie ’e na femmena bbona; di contro, i buoni Belli e Mercantini e Pascoli contemplano vittimistici e martirologici il nulla finale, chi piú chi meno cogli occhi ingombri di fantasmi e lacrime, chi tra spighe, chi grani di caffè: vano è sbattersi, ’a morte è na livella.

Infine, il Novecento è il regno delle «Casalinghe piú o meno disperate», dove non pare esserci piú spazio per la passione; Trilussa ci porta tra scialletti e tra conigli; s’inconiglia e variamente imbestia fin la moglie di Saba; e Gozzano, rinunciato alla vita attiva, si rinchiude in casa con una scimmia, la mamma e uno zio demente, mentre Sbarbaro si rivolge al babbo e Pasolini alla mamma, quasi Madonna: et il cerchio dei secoli si chiude; e una puntata piú eterosessuale di questa non s’era mai sentita. Titolo complessivo:

Sesso, morte, bestialità e dolcezza.

Antologia della poesia italiana

scegliendo tra le scelte di Giacinto

Spagnoletti: diciotto

poeti dal Duecento al Novecento,

tra le madri di Cristo e Pasolini.

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