TODOS SOMOS AYOTZINAPA !

Il 26 settembre 2014 durante una manifestazione di protesta in Messico, a Iguala, nello stato meridionale di Guerrero, poliziotti e sicari al servizio della malavita (e dell’oligarchia locale) hanno aperto il fuoco contro i manifestanti (e alcuni passanti), uccidendone 6, e centrando anche un autobus a bordo del quale viaggiavano dei giocatori della squadra di calcio Los Avispones, della terza divisione professionale. Il sindaco della cittadina infatti, informato che gli studenti della scuola “Normal Rural” stavano arrivando da Ayotzinapa per protestare contro la riforma federale del sistema educativo e temendo che potessero interrompere un’iniziativa organizzata da sua moglie – imparentata con alcuni noti trafficanti di droga -, ha dato ordine ai poliziotti di bloccare i manifestanti a qualsiasi costo. Nella stessa giornata sono spariti nel nulla 57 studenti. Dopo qualche ora 14 di loro sono tornati nelle proprie case, raccontando di una tremenda caccia all’uomo da parte degli agenti di polizia e dei sicari, mentre degli altri 43 non si è persa ogni traccia.
A due mesi dal fatto, per il governo il caso è chiuso con la confessione di tre killer della banda dei Guerreros Unidos, secondo i quali gli studenti sarebbero stati tutti uccisi e i loro corpi bruciati, e con il ritrovamento nelle fosse comuni di 28 cadaveri, i quali però non corrispondono a quegli degli studenti. Per i familiari e per tutto il movimento invece questa versione non è veritiera e chiedono ancora chi siano i colpevoli e dove siano gli studenti desaparecidos.
Tutto ciò si inserisce in un clima di terrore e repressione messo in atto dal governo ultraliberista di Enrique Peña Neto, che sta cercando di stroncare in tutti i modi sia le mobilitazioni contro la riforma dell’università, la quale dequalifica il titolo conseguito a seguito della laurea di primo livello, sia quelle contro la riforma riguardo il petrolio, che privatizza l’azienda nazionale. Già da tempo erano in atto manifestazioni (in alcuni casi, sfociate nello scontro con le forze dell’ordine) e, da 4 mesi, l’occupazione da parte dei maestri della principale piazza di Città del Messico, che è stata assaltata brutalmente da tremila poliziotti dei reparti antisommossa coadiuvati da numerosi cannoni ad acqua montati sui blindati. Successivamente la protesta ha continuato con grande determinazione e ha portato decine di migliaia di persone a scendere in piazza in moltissime città del Messico, per chiedere verità e giustizia per i 43 normalistas e per contestare una riforma scolastica sempre più elitaria e classista.
Nello stato del Guerrero i manifestanti hanno dato fuoco alla sede del PRI, il partito di governo del presidente Peña Neto, e a Città del Messico hanno cercato di assaltare Palacio Nacional, sede del potere esecutivo. Anche nelle altre città gli studenti, i maestri e i familiari dei desaparacidos, insieme a una sempre più ampia fetta della popolazione, hanno contrastato duramente le politiche del governo con pesanti scontri con la polizia e con azioni importanti, come l’occupazione dell’aeroporto di Acapulco e il blocco di un autostrada.
La repressione poliziesca si è intensificata notevolmente: attivisti incarcerati in maniera preventiva e/o senza nessuna prova, osservatori per i diritti umani aggrediti dalla polizia e gruppi di manifestanti manganellati senza motivo sono infatti scene all’ordine del giorno, mentre media e governo continuano a criminalizzare le proteste, dipingendo i manifestanti come vandali pericolosi e antisociali.
Nella Universidad Nacional Autonoma de México (UNAM), la più importante istituzione accademica del Paese, un agente della polizia giudiziaria di Città del Messico ha fatto fuoco sugli studenti dell’auditorium occupato Che Guevara ferendo due universitari e, poche ore dopo, più di 500 agenti hanno cercato di sgomberare un posto occupato da più di 15 anni all’interno dell’università, tentativo fallito grazie alla resistenza degli studenti stessi. Queste mobilitazioni hanno portato a risultati come le dimissioni della presidente del IPN (Instituto Politécnico Nacional) e l’annullamento dei nuovi piani di studio e del regolamento interno che doveva rendere i laureati di primo livello non più ingegneri, ma tecnici, meccanismo che avrebbe reso possibile per le imprese assumere personale con questa qualifica a costo più basso.
I fatti di Iguala non vanno letti come una evento eccezionale, essi hanno piuttosto messo a nudo la violenza di un sistema nel quale la collusione tra criminalità organizzata, polizia e istituzioni politiche non si fa scrupoli a reprimere con brutale violenza qualsiasi forma di protesta o insorgenza; non c’è infatti una regione del Messico dove non sia stata trovata una fossa comune nella quale i cartelli della droga, coperti dalla complicità delle autorità politiche e di sicurezza, non abbiano nascosto le vittime delle loro stragi.
Il movimento e i familiari dei desaparecidos conoscono bene queste complicità tra istituzioni e gruppi criminali tanto da affermare che la strage di Iguala è una strage di Stato.
Non sarà dunque un cambio di governo o qualche arresto in più che porteranno giustizia ai già tantissimi morti e feriti delle manifestazioni di questi mesi, è il sistema in toto da rifiutare e da combattere perché si realizzi un’educazione pubblica, gratuita e di massa e una società migliore, libera da mafie e sfruttamento.

SOLIDARIETA’ AGLI STUDENTI MESSICANI !
VERITA’ E GIUSTIZIA PER I 43 DESAPARECIDOS !

Collettivo Politico di Scienze Politiche