14 dicembre: il dibattito mainstream

Vendola:

ROMA – “Ho cercato di evitare di parlare degli scontri di Roma. Mi addolora. Perché vedo i miei cinque nipoti, i tanti ragazzi, la domanda sparpagliata, carsica, di dignità della vita e di cambiamento. C’è una carica di disperazione…”.

Nichi Vendola, questo dà ragioni alla guerriglia di Roma? Ha scritto Roberto Saviano, in una lettera ai ragazzi del Movimento, che la violenza è una trappola, un favore al Potere, ai vecchi signori che hanno fallito con le loro strategie violente. Lei, leader della sinistra vicina ai Movimenti, è d’accordo?

“La violenza è sicuramente una trappola; è entrare in un vicolo cieco; è il contrario della radicalità. Violenza è una forma di autodegradazione. Significa lasciare che la brutalità dei mezzi diventi il cannibale che si mangia la bontà dei fini. Saviano propone un dialogo con un movimento nascente e adolescenziale che è una immensa speranza in un paese in cui gli adulti hanno adulterato anche la speranza. Ma è tutto il vecchio continente – l’incendio nelle banlieue parigine, la ciclica esplosione di sommovimenti giovanili in diverse metropoli europee – a ignorare una generazione che non ha nulla da perdere”.

Giustifica in parte questa violenza, quindi?

“Non intendo giustificare, voglio capire. C’è un dato inedito nella condizione giovanile ed è la spoliazione del futuro. In Italia i giovani sono la “generazione

del lavoro mai”, come per i condannati all’ergastolo, per sempre precari. Ragazzi che vivono in scuole e università sempre più dequalificate; assuefatti a immagini di morte, dalla macchia di petrolio del golfo del Messico al plastico del garage di Avetrana in uno studio tv”.

Ma lei da che parte sta, da quella degli studenti?

“Assolutamente sì. Sto con questa generazione. Sempre contro la violenza, sempre con i giovani che si ribellano. Questa è una generazione che ha una repulsione spontanea verso il Potere che ha prodotto l’esecuzione sommaria di Federico Aldrovandi e Stefano Cucchi. Come se i giovani fossero vuoti a perdere. Ecco, la politica deve dare risposte a questo passaggio d’epoca; riconnettere la domanda di vita e di libertà. Un lavoratore deve arrampicarsi su una gru per fare vedere la sua disperazione e le sue ragioni. C’è una società alla deriva, il nuovo nome della questione sociale è molto antico ed è povertà”.

Per i partiti, per i politici c’è indifferenza se non disgusto?

“La fanghiglia e il teppismo che abbiamo visto nelle aule parlamentari durante il voto sulla fiducia a Berlusconi, impediscono alla politica di fare prediche. Questa generazione ha trovato forme d’identificazione nell’appartenenza alle curve dello stadio, nel tifo identitario. Anche lo stadio è un surrogato di ciò che è venuto meno: la scuola la famiglia, la politica, i partiti, tutto è venuto meno. Restano la tv e lo stadio”.

I poliziotti hanno manganellato, la sinistra denuncia la repressione. Ma se lei, che si candiderà alla leadership del centrosinistra, fosse stato al governo, cosa avrebbe fatto?

“Questo governo non ha ascoltato nessuno, ha spezzato le gambe alla speranza della scuola e dell’università. Berlusconi aveva promesso le tre “i” (inglese, impresa, informatica) e ha realizzato le tre “p” (paura, povertà, precarietà). Potrei mettere una quarta “p” ma in Italia si preferisce dire escort”.

Il Pd ha parlato di infiltrati, è stato un errore?

“Questa volta a me pare che tutti hanno cercato di capire di più. Lasciamo perdere servizi segreti, poliziotti, infiltrati black bloc, è accaduta una cosa che non cancella il fatto che la stragrande maggioranza dei giovani che protestano sono più studiosi di come è stata la Gelmini e sono pacifici. C’è un humus di violenza che attraversa questa fase della storia italiana e della storia europea, che si determina quando il mondo adulto non sa aprire le finestre e impedisce ai ragazzi di guardare il futuro. È questa la bomba di orologeria in sé”.

Mantovano:

Roma, 17 dic. – (Adnkronos) – «Estendere» il daspo alle manifestazioni pubbliche «con tutti gli adattamenti del caso». È la proposta del sottosegretario all’Interno, Alfredo Mantovano, dopo gli scontri di martedì a Roma durante la manifestazione degli studenti. «Al di là dei doverosi accertamenti disposti dal ministro della Giustizia – spiega Mantovano – sulla puntale applicazione delle norme in vigore, le decisioni dell’autorità giudiziaria sugli scontri di martedì inducono a una riflessione di sistema. I giudici di Roma hanno convalidato gli arresti, e con ciò hanno riconosciuto la correttezza dell’operato delle forze di polizia e, allo stato, la responsabilità degli arrestati per i reati loro contestati. Dunque, non è in discussione che, salvi gli accertamenti successivi, a carico dei 23 fermati esistono i gravi indizi di colpevolezza». «Rimettendoli in libertà, i giudici hanno negato l’esistenza delle esigenze cautelari – aggiunge – e su questo si è incentrato il dibattito. È noto che le esigenze cautelari rispondono a un duplice criterio di prevenzione: nel processo, per la parte che chiama in causa il rischio di inquinamento della prova e il pericolo di fuga; fuori dal processo, per la parte riguardante il rischio di reiterazione dei reati. Per quest’ultimo aspetto, l’immediata liberazione degli arrestati crea un deficit di prevenzione». «Dire questo – prosegue Mantovano – non significa invadere le autonome valutazioni della magistratura; significa porsi il problema di come evitare che gli scarcerati tornino a usare violenza alla prossima manifestazione, e, più in generale, che altri, prendendo spunto dal tratto giudiziario permissivo, siano indotti a fare altrettanto. Una parte della magistratura è responsabile di questo deficit e viene avallata  politicamente dall’Anm: ma il problema in sè resta in piedi, ed è grosso come una casa».«Una ipotesi di lavoro per colmare questa obiettiva lacuna – sottolinea il sottosegretario all’Interno – è quella di estendere alle manifestazioni pubbliche, con tutti gli adattamenti del caso, un istituto che sta dando ottima prova di sè per le manifestazioni sportive: il cosiddetto daspo. La sua applicazione nel corso degli anni ha permesso di ridurre fortemente l’ingresso negli stadi di centinaia di violenti, e quindi di circoscrivere, come attestano i dati, gli incidenti in occasione delle gare». «L’estensione del daspo alle manifestazioni di piazza – aggiunge Mantovano – permette da un lato di contare su uno strumento in più sul piano della prevenzione quando il processo si è risolto in una presa in giro; quindi di avere un di più sul piano della repressione, allorchè si accerti il daspo è stato violato; in generale, permette di conoscere preventivamente, e non sulla base di mere informative, i soggetti da tenere distanti dalla piazza, nell’interesse stesso dei manifestanti con intenzioni pacifiche». «Alla ripresa dell’attività parlamentare – conclude Mantovano – si discuterà il nuovo disegno di legge sulla sicurezza, approvato dal Consiglio dei ministri a novembre contestualmente al decreto legge che il Parlamento ha appena convertito: potrebbe essere la sede più adeguata per una riflessione ampia e, mi auguro, equilibrata, su questo possibile strumento».

Alemanno a ANM:

Alemanno: «Sono costretto a protestare a nome della città di Roma contro le decisioni assunte dalle sezioni II e V del Tribunale di Roma di rimettere in libertà in attesa di giudizio quasi tutti gli imputati degli incidenti di martedì scorso. C’è una profonda sensazione di ingiustizia di fronte a queste decisioni perché i danni provocati alla città e la gravità degli scontri richiedono ben altra fermezza nel giudizio della magistratura sui presunti responsabili di questi reati. Non è minimizzando la gravità di questi fatti che si dà il giusto segnale per contrastare il diffondersi della violenza politica nella nostra città mentre è evidente che queste persone hanno dimostrato, soprattutto in un momento di grande tensione sociale quale quello che stiamo vivendo, di essere soggetti pericolosi per la collettività. C’è veramente da augurarsi di non vedere queste persone di nuovo all’opera quando qualcuno, nei prossimi giorni, cercherà di contrastare le decisioni del Parlamento sulla riforma universitaria».

«C’è una responsabilità politica che deve essere assunta fino in fondo perché non dobbiamo tornare agli anni 70 – aveva detto questa mattina Alemanno – Mi preoccupa molto la sicurezza del centro storico e nei prossimi giorni farò un incontro con il prefetto e il questore per verificare cosa bisogna fare per difendere il nostro centro da queste aggressioni vandaliche». Per il sindaco «c’è un problema politico: bisogna isolare veramente i violenti perché non basta condannarli quando accade qualcosa o subito dopo. È necessario che ci sia da parte delle forze politiche di opposizione e dei movimenti di protesta una scelta prioritaria e anticipata di isolare i violenti e preferire forme di protesta che non creino occasioni per scatenare gesti di violenza».

L’Anm: «Non possiamo che ribadire che è legittima la critica ai provvedimenti dei magistrati, ma non lo sono gli insulti nei confronti dei giudici e dell’istituzione nel suo complesso», dice Luca Palamara, replicando ad Alemanno.

«Alemanno faccia il sindaco come si aspettano da lui i cittadini, anzichè commentare decisioni della magistratura – dice Roberto Giachetti del Partito Democratico – I romani si aspettano che passino gli autobus, che le strade vengano riparate dalle buche, che la città non si allaghi a causa di una normalissima pioggia e che per spostarsi non si debba stare in fila per ore imbottigliati nel traffico impazzito. Questa è solo una piccolissima parte dei problemi della capitale su cui la giunta Alemanno sta a guardare. La città di Roma non sa che farsene delle sue prese di posizione su decisioni che spettano esclusivamente agli organi inquirenti. Alemanno faccia il sindaco e lasci stare le chiacchiere».

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