Ancora una volta la Val Susa non si tocca!

Cronoca della marcia Giaglione – Chiomonte del 30/7 

Dalla Valle ribelle che resiste e non si arrende! 

*Mentre la coda della marcia No Tav raggiunge anch’essa il campeggio di Chiomonte, che si sta riempiendo del fiume in piena che ha attraversato i boschi della Val Susa, dalla cronaca di Twitter – che è stata ancora una volta un’altra dei megafoni nella battaglia contro l’alta velocità – inizia a girare un primo commento a caldo sulla “giornata da bollino rosso in Val Susa! visto il traffico No Tav lungo i sentieri stile esodo estivo!”.

Una battuta che restituisce la statura di una marcia convocata come conclusione del campeggio di Chiomonte e trasformatasi in un ennesimo importante appuntamento per il movimento. Numeri alti, importanti: migliaia e migliaia di persone hanno voluto esserci, rispondendo quindi non solo all’aggressione militare che da oramai un mese è in stanza alla Maddalena, ma anche a tutti coloro che si sono prodigati per tentare di mettere i bastoni in mezzo alle ruote attraverso i mezzucci dell’allarmismo mediatico (dal leghista Maroni che grida all’eversione e minaccia sgomberi al vendoliano Ferrentino che invita a disertare il No Tav…).

Diverse le delegazioni arrivate da fuori che oggi ed in queste settimane hanno voluto mettere piede in Val Susa, per respirare un pò di sana aria No Tav, per dare una mano al movimento che nella marcia odierna ha ancora una volta aggiunto un tassello dentro una lotta di medio-lungo corso. Nella spendida eterogeneità composita del movimento No Tav, nella forza determinata e irriducibile anche dinnanzi alla violenza poliziesca e mediatica, la Val Susa ha riempito l’onda della marcia partita da Giaglione e conclusasi a Chiomonte.

Appuntamento che ha quindi anche rotto l’assedio mediatico contro il movimento, mandando in tilt le rappresentazioni fittizie e minoritarie che stampa e politica vorrebbero sciroppare alla cosidetta opinione pubblica. Balle alle quali solamente gli ipocriti e gli stupidi possono pensare di continuare a ritenere veritiere.

La Val Susa, il suo popolo contro l’altra velocità, ha gridato un ‘presente/NoTav’, marciando lungo i sentieri della Valle che resiste e non si arrende, costeggiando le recinzioni di un cantiere inesistente ma protetto da un’orda di poliziotti e carabinieri, preparandosi per la riconquista della Maddalena. Il movimento No Tav insegna che le promesse devono essere mantenute, l’abbiamo sempre fatto e continueremo a fare.

da www.infaut.org

Sabato 30 Luglio torneremo in Val Susa a fianco della comunità ribelle NoTav per continuare l’assedio sociale intorno al cantiere – peralto fantasma e nn più pervenuto – dello scempio politico, economico ed ambientale chiamato Alta Velocità, difesa dagli eserciti di polizia e carabinieri che in assetto da guerra stanno da settimane occupando militarmente tutta la valle.

www.notav.info

La potenza della Valle ribelle

 – contributo delle e degli Indipendenti dopo la straordinaria giornata di mobilitazione del 3/7 –

Quello che è avvenuto il 3 Luglio nella Val Susa è un fatto importante che come altri frammenti che si sono susseguiti e sedimentati temporalmente nel lungo corso dei conflitti sociali di questo paese, francamente scrive la storia. Una giornata per i movimenti correttamente definita epica. Certo giù nella Valle, per chi l’ha frequentata negli anni lo sa bene, una certa eroicità diffusa e soggettivizzata, la troviamo quotidianamente in quella umanità aperta della comunità NoTav. Una forza che si respira, si mastica, che c’è ed esiste nella vita quotidiana della Valle, nelle tante e diverse forme di vita di quei paesi i cui nomi si susseguono tra l’italiano e il francese in quello spaccato di profondo nord.

Tre generazioni in lotta, unite e cooperanti, ognuno con le sue possibilità soggettive. Tre generazioni nella lotta partigiana del popolo NoTav che in una domenica estiva hanno praticato con forme diverse un unico, solido, obiettivo: assediare il presidio poliziesco a difesa degli interessi sporchi delle lobby trasversali del potere politico ed economico. E hai voglia te a ricercare come facevano spesso provocatoriamente i giornalisti presenti lì a caldo intorno agli scontri, dissociazioni e distinguo tra buoni e cattivi e non trovandone reagire nervosamente, così come successo il giorno seguente alla conferenza stampa indetta dai Comitati. Ma si sa, a servire e proteggere strumentalmente i potenti ci si guadagna sempre nella conquista delle piccole posizioni.

E così mentre da Giaglione e dal bosco di Ramatz, migliaia di attivisti praticavano l’assedio cercando di forzare in ogni modo il dispositivo militare a difesa del cantiere Tav, tutto ciò avveniva e risultava possibile proprio perché il corteo pacifico e determinato che a sua volta era partito ore prima da Exilles, aveva consapevolmente scelto di costruire un vero e proprio tappo nei confronti della polizia, coprendo letteralmente le spalle ai rivoltosi che dalla montagna assediavano il presidio militare. Un corteo che pur di garantire il deflusso ai cosidetti cattivi black blok dai quali si sarebbe dovuto dissociare, ha invece resistito per ore alla gasazione che i guardiani del Tav somministravano dalle loro mitragliette.

E allora, se un intero paese si mobilita in difesa dei Valligiani e del movimento NoTav qualcosa vorrà pur dire. La si può definire una minoranza di pochi facinorosi? E come fanno “poche centinaia di violenti infiltrati” a tenere sotto scacco 2000 tra poliziotti, carabinieri e finanzieri, armati di tutto punto, con blindati, idranti, elicotteri e centinaia di lacrimogeni al gas CS vietati peraltro dalla convenzione di Ginevra? E come avrebbero fatto in un numero così ristretto, senza la cooperazione e complicità con tutto il resto della manifestazione, ad assediare un esercito professionista della repressione come l’antisommossa italiana? E chi sono questi black blok? superdotati marziani della guerriglia? La verità al contrario sta emergendo con sempre più forza da quel canale web che così come nella primavera araba funge ormai come vero e proprio spazio di garanzia della cittadinanza rispetto ai poteri forti e la loro dis-informazione di regime. E cioè che si è trattato di una vera sollevazione popolare, di prove tecniche di insubordinazione sociale, di rabbia degna esplosa contro l’arroganza e la violenza della cricca al governo e delle sue lobby.

Sta di fatto che migliaia di persone sono andate li e altre migliaia, anche di più, hanno seguito tutta la giornata e fatto decine di telefonate oltre che attivato un tam tam informativo sulla rete. E’ sempre più evidente come dallo scorso autunno una moltitudine precaria stia dicendo delle cose molto chiare. Lo ha fatto il 14 dicembre a Roma, nelle battaglie contro il business della mondezza, nelle battaglie dei precari e delle precarie, lo ha fatto con il referendum vinto in difesa dei beni comuni praticando l’indipendenza dai partiti e dai sindacati. E l’ha detto una volta di più con la Val Susa e la sua ventennale battaglia.

Allora vogliamo riflettere su un nodo cruciale, problematico, ma denso di potenza: una composizione di popolo molto larga, possiamo dire maggioritaria, afferma ormai in questo paese la propria indisponibilità a proseguire su determinate strade e traiettorie del “cosiddetto” sviluppo, assume la critica al neoliberismo e alle poliche di austerity, sceglie la strada della sovranità popolare esercitandone dal basso la materialità costituente. La stessa composizione sociale larga ed eterogenea che sta pagando la crisi, comincia a pretendere che si smetta di investire nei profitti di pochi e che si cominci a pensare al bene della collettività puntando alla redistribuzione della ricchezza e mobilitandosi contro la devastazione sociale ed ambientale. A questa parte del paese il partito trasversale dell’ordine risponde con arroganza e durezza mobilitando non solo il governo, ma anche e soprattutto, il Pd e la cosi detta opposizione politica, che con un suo pesante portavoce prestato al Quirinale dichiara a poche ore dalla battaglia che si tratta non di resistenza popolare ma invero di azioni eversive. Essendo anche il presedente del CSM, onestamente l’inquietudine aumenta, ma di certo non ci spaventa.

Se questo è il messaggio che viene ignorato e si fa di tutto per continuare ad imporre la propria volontà, compreso l’utilizzo massiccio di forze dell’ordine come vere e proprie truppe di occupazione, vuol dire che si sta imponendo con la violenza e con lo stato di eccezione permanente, il governo del territorio e la conflittualità sociale che vi può esplodere.

A questo punto crediamo con ancora più forza che sia stato non solo un nostro diritto praticare la resistenza nei boschi ma che sia stato soprattutto un dovere nei confronti della futura umanità.

E allora la vediamo anche noi così: Sarà dura, sempre più dura, sicuramente per voi!

Laboratorio Acrobax – Coordinamento cittadino di lotta x la casa

http://www.indipendenti.eu/blog/?p=25630

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