La paura è una marea, torna indietro a chi la crea

Tavolo di discussione all’interno di ID09, Independence Days Festival, nella giornata di venerdi 20 marzo.

Il governo della crisi ha instaurato di fatto uno stato di eccezione permanente, in cui attraverso la paura e in nome dell’interesse nazionale vengono colpite le fasce più deboli e viene repressa ogni forma di dissenso, di alternativa, ogni spazio di libertà. Attraverso questo meccanismo,diffuso e amplificato tramite media,  dalla mancanza e restrizione dei diritti il discorso viene deviato, nel tentativo di individuare di volta in volta soggetti da indicare come responsabili.

Ad esempio le persone migranti: prima sfruttate, trattate come invisibili e clandestini, e poi ancora criminalizzate e individuate come elementi estranei, nemici da cui difendersi.
L’elemento dell’identità nazionale è alla base oggi della tattica messa in campo: creare ed esasperare la competizione per il benessere, istigando una guerra sociale.
Il nostro paese non è nuovo a svolte repressive, e solo in parte rappresenta uno specifico nel panorama europeo. Il centrodestra che governa l’Italia ha nel suo DNA il ventennio fascista, il golpismo e lo stragismo degli anni ’60 e ’70, la xenofobia che accolse i primi, grandi flussi migratori che investirono la penisola, il personalismo populista che ha caratterizzato la politica italiana degli ultimi venti anni.

Mentre si continua a sostenere partiti e gruppi neonazisti e si organizzano le ronde cittadine, si creano le condizioni affinché, proprio dalla stessa società impaurita, venga la richiesta di norme e regole, che legittimino la restrizione delle libertà e la  chiusura degli spazi sociali e di agibilità politica. Come nel caso degli ultimi decreti sulla sicurezza urbana, del complesso di articoli chiamato “pacchetto sicurezza” e del decreto antistupro, provvedimento ancora più odioso perchè strumentalizza la violenza sulle donne evidenziata in chiave razzista .

L’altra strada che si percorre è quella tramite cui rendere sempre più aridi e deserti i luoghi della relazione sociale e potenzialmente conflittuale.
I modelli urbani che ci sono stati proposti negli ultimi anni in Italia, come nel resto d’Europa, sono città governate con il pugno di ferro, a colpi di ordinanze e attraverso la militarizzazione delle strade.
I tradizionali spazi del conflitto sociale, il mondo del lavoro e quello
della formazione sono sotto attacco sistematico: il diritto di sciopero e
di manifestazione viene fortemente limitato, mentre nelle scuole i processi
di impoverimento e i tagli alle risorse per l’insegnamento sono
accompagnati dal reinserimento dei dispositivi disciplinari più
grotteschi, come il voto di condotta o le classi separate.

Ma non sono solo luoghi e pratiche ad essere investiti dal neoautoritarismo: il controllo sui corpi passa anche dall’inasprimento delle norme sull’utilizzo di droghe o alcool, fino all’imposizione della morale cattolica sulla regolamentazione  della nascita e della morte.

Insomma, ci vorrebbero far vivere come vogliono loro: tutte e tutti chiusi a casa o nei posti di lavoro.
Ma noi non abbiamo paura.
Non hanno avuto paura coloro che hanno agitato l’Onda studentesca, nonostante
le minacce e i manganelli di polizia e neofascisti; non hanno paura
migranti, antifasciste e attivisti che stanno dando vita ad un movimento
contro le politiche della sicurezza e dell’emergenza sociale, espressamnete xenofobe e repressive; non hanno paura tutte quelle donne che sono scese in strada contro il decreto antistupro perchè sanno con certezza che la violenza maschile non dipende dal passaporto ma da una cultura sessista che combattono ogni giorno; non ha paura chi sta costruendo le mobilitazioni in
vista dei vertici internazionali in tutta Europa, in attesa del ritorno dei
G8 in Italia, 8 anni dopo Genova.

In occasione del festival Independence Days vogliamo ritrovarci per
discutere insieme dei percorsi e delle pratiche di conflitto contro la
Governance delle gabbie sociali e dello stato di polizia, per affermare che
a questa fase di crisi che considera gli individui come linfa produttiva da sfruttare e controllare, rispondiamo con la forza delle nostre pratiche di lotta quotidiane espressione della ricchezza sociale che rappresenta l’unica reale alternativa di un mondo possibile.

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