Intervista a Stefano Giusi, presidente Atdal

Il 20 Gennaio L’Associazione ATDAL OVER40 ha organizzato un presidio di fronte alla sede centrale del Ministero del Lavoro, in Via Veneto 56, per consegnare una lettera al Ministro con la richiesta di incontro.

– Quali sono le richieste che volevate porre al Ministro?
La nostra richiesta di incontro voleva portare alla luce la condizione di tante persone che perdono il lavoro dopo i 40 anni e hanno possibilità quasi inesistenti di ritrovarlo, perché il mercato del lavoro o li rifiuta completamente o, se li assorbe, lo fa in condizioni di estrema precarietà e insicurezza sia lavorativa che salariale. Lo slogan della nostra ass.ne è sintomatico di quello che pensiamo “troppo vecchi per lavorare, troppo giovani per la pensione”. Tutte le iniziative prese fino a questo momento da questo governo e da quelli che li hanno preceduti non hanno mai minimamente affrontato il problema. Molte di queste persone che perdono il lavoro non hanno nessun ammortizzatore sociale, e dall’oggi al domani si trovano senza lavoro, senza reddito e senza nessuna possibilità di riaverne uno dignitoso.

– Avete ottenuto un incontro?
Fino ad ora non abbiamo ottenuto nessuna risposta.

– Se si,siete soddisfatti della risposte?

-Cosa pensate dei disegni di legge (Ichino, Nerozzi-Boeri, Damiano) che stanno ispirando la riforma del mercato del lavoro ?
Non ce ne piace nessuno, perché alla base tutte hanno l’idea che bisogna togliere i diritti a qualcuno per redistribuirli ad altri. Già in passato ci hanno martellato dicendo che la flessibilità avrebbe aumentato l’offerta di lavoro: ebbene dopo oltre 15 anni di mercato ampiamente flessibilizzato i numeri stanno lì e dicono chiaramente una cosa: ad aumentare è stata solo la precarietà. I diritti vanno ampliati a tutte le categorie, non tolti a qualcuno per darli a un altro. In quelle riforme c’è solo la volontà di smontare pezzo per pezzo il diritto del lavoro e mettere contro la generazione dei padri e quella dei figli, rompendo  il patto sociale che ha portato avanti fino ad oggi la nostra società.

-Cosa pensate delle varie proposte di riordino degli ammortizzatori sociali: reddito di disoccupazione, sussidio di disoccupazione e reddito di base e incondizionato?
E’ un problema quello del reddito che nessuna forza politica ha fino ad oggi seriamente affrontato. I dati parlano chiaro, negli ultimi dieci anni la gran parte della redistribuzione dei redditi ha premiato rendite e profitti a scapito dei salari. Bisogna entrare in un ottica diversa da quella in cui abbiamo ragionato fino ad oggi con una equazione diretta lavoro=reddito. Per varie questioni non può più essere così e allora bisogna impostare un modello diverso, anche di società, dove il reddito garantito al cittadino sia sganciato dal lavoro, un reddito che consenta a chi non lavora di non cadere nella miseria e nella rincorsa a “lavori” che sembrano più vicini alla schiavitù che ad altro per mettere insieme un misero salario. E smettiamola pure di dire che non ci sono i soldi: i soldi si possono trovare sia unificando i vari ammortizzatori sociali esistenti, sia colpendo sul serio l’evasione fiscale ma soprattutto applicando una vera tassazione sulle transazioni finanziarie, quello che oggi è il vero mercato del denaro.

-Cosa pensate della proposta della cgil di investire sopratutto sul finanziamento CIG?
E’una visione limitata. Ma lo sanno i sindacati che la gran parte dei giovani precari il sindacato non sa nemmeno cos’è perché lavora in microimprese da cui possono essere cacciati in qualunque momento?

-Vi sentite rappresentati e tutelati dai sindacati?
Non rappresentati ne tantomeno tutelati. Il sindacato in gran parte ignora o fa finta di ignorare questo problema, ma soprattutto non riesce a intercettare quella che è la mutata situazione sociale.

-Cosa pensata dell’attuale dibattito sull’art.18?
Come dicevamo prima è il solito tentativo di scardinare lo stato sociale partendo da un elemento simbolico. Una sorta di presa di posizione “machista”, come quella sull’innalzamento devastante dell’età pensionabile, da utilizzarsi in Europa in termini politici. In queste misure non vi è nulla di realmente utile in termini concreti rispetto alla crisi nel nostro paese, sono decisioni di tipo ideologico attraverso le quali si vuole recuperare la credibilità perduta nei confronti dell’UE.  E’ chiaro che se lo guardiamo in termini di cifre assolute l’applicazione dell’articolo 18 non riguarda oggi (purtroppo) la maggioranza dei lavoratori, ma abolirlo è il solito modo di fare: intanto smonto la pietra più grande, poi facciamo venire giù tutto il palazzo. E’ semplicemente pazzesca l’idea che, lavoratore e imprenditore siano sullo stesso piano paritario di forza. Il lavoro, le persone diventano merce che possono essere liquidate tramite indennizzo rimborso e tanti saluti. Da sola questa cosa mostra tutto il progetto di macelleria sociale che c’è dietro. Vogliono tornare a un mercato frammentato in cui ogni lavoratore rappresenti se stesso e si contratti la sua pagnotta contro un altro lavoratore.

-Qual è stata la composizione sociale che ha partecipato alla giornata. Hanno partecipato altre associazioni e/o reti di precari e/o disoccupati?
La manifestazione è stata organizzata da Atdal Over 40 e dall’Associazione Pensionandi con l’adesione dell’Associazione Lavoro Piemonte Over40 (ALP) e dei Comitati Esodati e Precoci.

-Come è stata costruita la manifestazione?
Attraverso la rete e il contatto con le persone, non solo associati, coinvolgendo giornali e media.

-Chi è iscritto e/o partecipa attivamente alla vostra associazione?
In gran parte disoccupati Over 40 ma anche persone che pur lavorando (chi precario, chi no) capisce che il problema non è solo personale ma sociale.

-Avete già in mente prossime iniziative?
Per ora no ma certo non staremo ad aspettare il silenzio del Ministro. Abbiamo posto domande, vogliamo delle risposte.

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