Nella fabbrica verde di Nardò lo sciopero del lavoro migrante va avanti da sabato 30 luglio. I lavoratori migranti si rifiutano di continuare la raccolta per arricchire chi, attraverso i caporali, gioca in continuazione al ribasso sui loro salari e sulle loro vite. I caporali, infatti, sono solo l’ultimo gradino di un sistema di comando sul lavoro migrante che vede poche aziende agricole fare profitti, mentre i migranti devono accettare, nel migliore dei casi, 6 € per un cassone da 100 chili di pomodori. Il salario però può anche essere di soli 2€ per cassone ora che il ricatto
si fa più forte, ora che la concorrenza scatenata dalla chiusura della raccolta delle angurie comincia a pesare. Sono centinaia i migranti che trovano appoggio nella masseria Boncuri, il luogo da cui è nata la protesta. Provengono dall’Africa del nord e da quella sub-sahariana, alcuni sono arrivati dalla Libia dopo le grandi rivolte del Maghreb. Molti si sono riversati nella raccolta perché espulsi dalle fabbriche del nord d’Italia, altri sono lavoratori stagionali che conoscono bene la realtà del caporalato, l’hanno già vista nel foggiano, la vedranno a Rosarno quando ricomincerà la raccolta delle arance. E quest’esperienza va ben oltre la differenza di lingua e di provenienza. Quello che conta è la convinzione che questo sfruttamento deve avere fine e che lo sciopero è l’unico modo per affermare la propria forza.
Questa è la lotta degli operai della fabbrica verde di Nardò, che hanno avuto la capacità di organizzarsi autonomamente, nonostante la radicale precarietà delle loro condizioni di lavoro e di vita. Questa è la lotta di tutti i migranti sotto il regno della legge Bossi-Fini. Questa è la lotta di tutti i lavoratori, che conoscono bene quel sistema di sfruttamento che si gioca al ribasso sulla loro pelle, attraverso le lunghe catene di appalto che sono la norma non solo nei campi, dove hanno la faccia del caporale, ma anche all’interno delle fabbriche e dei servizi.
La posta in gioco nella lotta di Nardò è molto alta: si tratta di spezzare un sistema violento che ogni anno ritorna uguale a se stesso anche nella democratica Puglia. Non si tratta solo di eliminare gli odiati caporali, ma di riconoscere la forza del lavoro migrante al sud come al nord, per l’abolizione della legge Bossi-Fini, per una regolarizzazione slegata dal lavoro e dal salario, contro la precarietà. Per questo siamo al fianco dei lavoratori della masseria Boncuri, sostenendo il loro sciopero così come tutte le forme di lotta che loro decideranno, e partecipando all’assemblea che terranno sabato sei agosto.
Coordinamento Migranti Bologna e Provincia
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