I migranti manifestano a Brescia: solo la lotta può saldare le rivedicazioni dei lavoratori

Sabato 28 settembre il corteo di Brescia è partito con poco ritardo da piazza della Loggia, un luogo storico, non solo per la strage fascista del 28 maggio 1974, ma anche perché i migranti in questi anni l’hanno fatta propria fin dall’occupazione nel 2000 passando per le mobilitazioni del 2010.
Filo conduttore sono state le sanatorie: truffa ed illusione.

Il corteo strombazzante si ingrossa solo mentre attraversa lo storico quartiere del Carmine, ma la partecipazione rimane sottotono, con circa un migliaio di persone, mentre la forza della sua combattività rimane ambigua. Le parole d’ordine sono quelle del permesso di soggiorno per tutti, ma passa un po’ in disparte l’inscindibile “basta sfruttamento!”, che invece ha caratterizzato la mobilitazione dei migranti negli ultimi anni.

La presenza gialla e rumorosa che catalizza l’attenzione è quella di un centinaio di sostenitori di Mohamed Morsi il presidente della Fratellanza Mussulmana deposto dai militari egiziani a fine luglio dopo mesi di proteste e seguita dalla nota dura repressione dei militari. La presenza in piazza dei gialli che salutano a quattro dita, come già precedentemente in altre città italiane, evidenzia un elemento nuovo dei migranti: il loro transnazionalismo si piega alla rivendicazione di un Egitto democratico che mira a sintetizzare “le varie anime dell’Egitto dal religioso al laico, musulmano e copto, nasseriano e repubblicano.”

Essi infatti sul loro sito (egittodemocratico.org) si descrivono come “avvocati, ingegneri, sociologi, manager, liberi imprenditori, studiosi, letterati, pensatori, politici, attivisti, scrittori, opinionisti”. Un interclassismo apparentemente interreligioso quanto organizzato e con ampia disponibilità di denari: non solo perché molti di essi arrivavano dalla vicina Milano, ma soprattutto per la loro capacità di stare nel corteo, le loro magliette, i loro volantini colorati e le grandi bandiere. Non a caso fin da subito è palese qualche tensione con gli altri manifestanti che riconoscono nei ‘gialli’ lo stigma dello sfruttamento e della repressione anti-operaia che in Egitto è continuata imperterrita prima e dopo Mohamed Morsi.

Aldilà delle contingenze che determinano l’andamento di un corteo, questa manifestazione ci ricorda come le condizioni materiali rimangano centrali e come oggi manifestare nelle piazze italiane stia diventando una prassi complicata. Se poi a manifestare sono i migranti è evidente il cambiamento della sinistra italiana. Come qualche mese fa a Bologna, la stragrande maggioranza dei manifestanti sono migranti, mentre le presenze degli italiani sono ormai ridotte al lumicino. La questione di cinque milioni di persone che vivono sotto un regime di differenziazione dei diritti e per questo più ricattabili non sembra più fare breccia. Con buona pace di qualche dirigente della sinistra italiana, l’egualitarismo non è penetrato a fondo nella società italiana, tanto che uno degli slogan più partecipato durante il corteo era contro il razzismo. Un razzismo istituzionale che pervade i rapporti sociali e che i migranti percepiscono quotidianamente. Un razzismo che si è esteso durante la crisi, quando le file per un posto di lavoro o per una casa popolare hanno cominciato a ingrossarsi.

È ormai evidente che l’obbiettivo di saldare le rivendicazioni dei lavoratori autoctoni ed immigrati è ormai un compito che non può essere condotto da quelle forze che ambiguamente nei decenni precedenti ne hanno sostenuto la necessità, spetta alle lotte e ai loro protagonisti stabilire connessioni nuove e mostrare che il razzismo come meccanismo di divisione dei lavoratori è un nemico di classe e non un problema culturale.

da http://clashcityworkers.org/index.php

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