Eluana, Gaza, il Corsera e il giornalismo di qualità 

 Grandi idee: la crisi dell’informazione, colpa dei blogger e di Internet.

Il mondo vecchio è “il giornalismo di alta qualità, approfondimenti,
credibilità”. Il mondo nuovo è popolato da vampiri, come i blogger, che
sfruttano “le strutture ramificate (e costose) come quelle dei giornali
per poi abbattere ogni recinzione” e consentire “l’accesso a costo
zero”, “gratis, verso chiunque senza limiti né ritegno per la
“proprietà” delle notizie. Togliendosi anche spesso lo sfizio di
criticare ferocemente gli stessi gruppi editoriali”. Sono stralci da un
articolo di Giuliano Di Caro, recentemente pubblicato su D La
Repubblica delle donne, settimanale “allegato” del Gruppo Espresso.

“Poiché Internet è una gigantesca fotocopiatrice che copia ogni azione,
carattere, pensiero, le cose che hanno più valore sono quelle che non
possono essere copiate. La fiducia tra lettore e la testata non si
riproduce, si guadagna con la qualità dei servizi. L’autenticità delle
notizie va verificata e possibilmente non al telefono ma di persona: è
il compito del giornalismo di sempre, e continuerà a esserlo anche
domani”. In sostanza, spiega Di Caro, Internet ci ha dato la cattiva
abitudine di leggere gratis informazioni non verificate e invece le
notizie buone vanno pagate.

Parecchio tempo fa il nascente capitalismo inventò le enclosure. Le
terre comuni vennero “recintate” (è esattamente il termine usato da Di
Caro) a favore dei proprietari terrieri. Oggi si punta a delimitare
direttamente l’essere umano, il suo corpo e le sue facoltà, oppure a
circoscrivere la cooperazione intellettuale della rete, ricorrendo alla
creazione di scarsità artificiali, copyright, divieti e brevetti.

Il giornalismo italiano, comprensibilmente in difficoltà, tende a
prendersela con Google, non assimila l’idea che Google sia
semplicemente uno strumento né che il valore di ciò che qualcuno chiama
“conoscenza tacita”, altri/e preferiscono nominare “esperienza non
trasmittibile”, si manterrà sempre e comunque, indipendentemente dalla
riproducibilità consentita dai motori di ricerca. Ma è esattamente qui
che casca l’asino. Questo modello – implicito nel capitalismo cognitivo
– fa cilecca sul giornalismo italiano per colpa del giornalismo
italiano stesso. Non a caso, gli esempi virtuosi di informazione di
qualità non prevedono mai casi nostrani (e, infatti, Di Caro è
costretto a parlarci del Guardian o del NYT). A partire dai siti dei
grandi quotidiani nazionali, infarciti di donne nude, gossip e
pubblicità. A partire dalla scrittura banale dei giornali. In sostanza,
il problema è che la “conoscenza tacita” o l’“esperienza non
trasmittibile” trovano raramente, da sempre, possibilità di espressione
sui media italiani, ma il peccato non è concepito da Internet.
L’informazione, in Italia, è da decenni – da assai prima
dell’invenzione di Google e della nascita dei blogger –
qualitativamente scarsa a causa dei condizionamenti imposti dai suoi
ingombranti legami con il potere politico ed economico.

Il Corriere della sera, sabato 7 febbraio. Un articolo di Grazia Maria
Mottola da Udine descrive l’“agonia” di Eluana Englaro, da mancanza di
idratazione: “Nei prossimi tre, quattro giorni il volto resterà ancora
intatto, le guance piene, gli occhi allungati, le labbra rosa. Certo,
non come nelle foto, l’azzurro sulle palpebre, le pose da modella in
tuta da sci o a cena con le amiche. Ma pur sempre bella, anche oggi,
soprattutto per la pelle, ancora bianca e distesa. Poi arriverà il
decadimento”.
Immaginiamo che la signora Mottola, da giornalista qualificata, abbia
verificato di persona, a differenza di un blogger qualsiasi, e che
perciò sia giusto pagare per una notizia del genere, vale a dire per
una campagna del genere che ha infatti convinto, in questi giorni,
Beppino Englaro, a invitare Berlusconi e Napolitano a constatare di
persona lo stato della figlia.

Lorenzo Cremonesi, “inviato” del Corriere della sera a Gaza durante
l’offensiva “Piombo fuso”, accertatore accreditato sul campo, onorando
“il compito del giornalismo di sempre”, ha fornito dati sul numero
finale delle vittime palestinesi inferiori della metà (600) a quelli
confermati dallo stesso ufficio della Difesa israeliano (1300).
Riteniamo sia corretto pagare anche i reportage di Lorenzo Cremonesi.

Per contro, solo alcuni blogger, da noi, hanno riportato la denuncia
(26 gennaio 09) dell’Ufficio dell’Onu per il Controllo della droga e la
prevenzione del crimine: ci sono prove che alcuni grossi istituti di
credito si siano salvati dal fallimento, nella attuale crisi
finanziaria globale, grazie alle iniezioni di liquidità derivanti dai
proventi della droga, che ha pompato sul mercato creditizio denaro per
circa 90 milioni di dollari, unico capitale liquido disponibile. Nessun
mezzo di informazione ha ritenuto interessante il fatto, nonostante
“strutture ramificate (e costose)”.

Sono solo tre esempi. A caso. I giornali italiani verranno a breve
massacrati da “tagli e prepensionamenti”. I giornalisti avranno
prestissimo un nuovo contratto di lavoro che ne ridurrà ulteriormente
le possibilità di espressione (incollati alla loro piattaforme
multimediali e ricattati da una mobilità potenzialmente perenne).
Mentre la crisi farà selezione sulla base dei capricci degli
inserzionisti che concorderanno con gli azionisti-editori strategie ben
poco editoriali, alla faccia della “fiducia tra lettore e testata”. I
freelance finiranno forse a fare i baristi, le cuoche o i vigili urbani
(ammesso si faccia un concorso pubblico).
Noi non diciamo che tutto questo non sia un problema grosso, anzi.
Diciamo solo di trovare qualche ragione seria al perché delle cose. Non
sparate sulla rete. Con questo disastro non c’entra.

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