A proposito di violenze sessuali: lettera di un'attivista al movimento

Riceviamo e diffondiamo:

A proposito di violenze sessuali: lettera di un'attivista al movimento


Il testo che segue é una lettera aperta scritta da una persona che ha vissuto sulla propria pelle una violenza sessuale e di genere da parte di Rod Coronado, attivista attivo dagli anni '80 nel movimento di liberazione animale radicale nordamericano, e conosciuto anche in italia attraverso le traduzioni di alcuni suoi articoli e del libro Memorie di libertà.
Leggendo il testo ci si potrebbe chiedere quali siano i motivi che hanno spinto qualcunx a tradurlo e diffonderlo anche in italia, dopotutto non riguarda una questione meramente personale tra due attivistx e interna al movimento negli stati uniti ?

Nello specifico é proprio come risposta a questo tipo di atteggiamento che crediamo sia importante esprimere solidarietà a Julie che scrivendo questo testo ed uscendo allo scoperto con la sua storia ha sfidato il muro di silenzio dietro al quale di solito si relegano queste vicende. Inoltre, le violenze di genere e gli stupri sono realtà scomode presenti ovunque, anche nei nostri ambienti, e ancora troppo poche sono le voci che affrontano queste questioni. Come accade per altre tematiche, anche queste andrebbero affrontate collettivamente e pubblicamente, perché come si dice in altri contesti, il silenzio aiuta l'oppressore, mai l'oppressx.
Il fatto di non affrontare collettivamente storie di violenze sessuali e di stupri quando « vengono fuori » concentra sulle spalle della persona che le ha vissute tutta la responsabilità di gestirsi la situazione, incrementandone l'isolamento. Allo stesso tempo, la tendenza a gestire « in privato » queste questioni assicura piena agibilità alla persona che ha commesso la violenza, senza metterla di fronte alle proprie responsabilità e impedendo alle persone non al corrente della situazione di prendere una posizione nei suoi confronti.

Sebbene nei contesti anarchici e antiautoritari si parli costantemente di distruggere ogni forma di autorità e gerarchia, spesso si sorvola sul fatto che l'autorità non é solo un fattore esterno all'individuo, incarnato dallo stato e dai suoi servi, ma é presente e deriva da dinamiche sociali ben più subdole e complesse da smantellare.
Lo status sociale, la posizione che una persona ha in determinati contesti (spazi, collettivi, movimenti, scene musicali,…), é determinata da svariati fattori quali l'età e l'esperienza, la militanza e presenza nell'attivismo, il genere, la classe, la cosiddetta « razza », l'abilità motoria, la capacità retorica, l'aspetto fisico, l'orientamento sessuale, nonché dal carisma e dalla popolarità.
Questi fattori apportano dei privilegi che per larga misura sono indipendenti dalle idee e dall'agire della persona che ne gode, e la loro decostruzione richiede l'impegno e la costanza di una vita.
Volenti o nolenti, in ogni rapporto interpersonale i fattori citati sopra giocano un ruolo non indifferente, modellando l'autorità in forme a volte difficili da smascherare, creando gerarchie interne anche in ambienti che le vorrebbero distrutte.
In questo senso nei casi di violenze sessuali una persona che decide di parlare dell'abuso che ha vissuto si trova a dover far fronte a degli ostacoli dettati anche da queste forme di autorità.

Nel caso specifico il fatto di uscire dal silenzio e dalla sfera personale per raccontare pubblicamente ciò che Julie ha vissuto significa per lei scontrarsi con gli ostacoli rappresentati dalla posizione sociale della persona che ha commesso le violenze, Rod Coronado, uno degli attivisti più « famosi » e figura di riferimento del movimento di liberazione animale nordamericano (e anche internazionale) degli ultimi vent'anni. Ci si può facilmente immaginare quante persone siano rimaste sconvolte dalla sua lettera e quante si saranno schierate dalla parte di Rod Coronado per principio, perché lo conoscono, perché lo stimano o semplicemente perché non possono concepire che un « eroe » del movimento abbia potuto fare una cosa del genere.

Prendendo le difese e giustificando l'autore della violenza , o anche solo minimizzando l'accaduto, estrapolandolo dal contesto e relegandolo a un « problema personale » tra le persone coinvolte, si mettono in atto dinamiche e discorsi colpevolizzanti che spostano la responsabilità dell'accaduto sulla persona sopravvissuta, mettendo in dubbio la sua parola ed il suo vissuto.
Se invece si leggessero queste azioni attraverso il prisma di un'analisi dell'oppressione di genere, risulterebbe chiaro che sono prima di tutto azioni politiche di prevaricazione volte ad assicurare e perpetuare i privilegi degli uomini cisgenere(*) in questa società eteropatriarcale, e che quindi devono essere affrontate politicamente e su un piano collettivo.

Speriamo che la lettera di Julie possa essere uno stimolo per approfondire queste questioni e riflettere sui possibili percorsi da intraprendere per far fronte alla cultura dello stupro e alle violenze che essa genera.

(*)persona cisgenere : persona che si sente a proprio agio con il genere che le é stato assegnato alla nascita.

« E quando parliamo abbiamo paura
Che le nostre parole non verranno udite
O ben accolte
Ma quando stiamo zitte
Anche allora abbiamo paura
Perciò è meglio parlare
Ricordando
Che non era previsto che noi sopravvivessimo »

Audre Lorde, Litania per la sopravvivenza



Questo scritto contiene descrizioni di violenze sessuali.

Per chi ha vissuto violenze sessuali: Vorrei che capiste che quello che vi è successo NON ve lo siete né cercato né meritato. NON ascoltate le critiche su come vi siete gestite/i* la situazione. Avete fatto quello che dovevate fare per sopravvivere all’esperienza. Avete fatto quello che era necessario per superare ogni singolo giorno che è venuto in seguito. Non ascoltate chi vi critica per aver taciuto o per aver parlato. Non ascoltate chi si sente in dovere di giudicare come avreste o non avreste dovuto reagire nella situazione. State facendo esattamente quello che dovete fare: sopravvivere. Siete più forti di quello che pensate, e NON SIETE SOLE.

Per chi vuole essere di supporto: *Voglio mettere ben in chiaro che parlo unicamente da quella che è la mia esperienza personale e non anche a nome di altre persone che hanno vissuto delle violenze sessuali.*
Rompere il silenzio può essere, sotto molti aspetti, tanto spaventoso quanto lo sono stati “quegli attimi”. Può farti sentire come se si desse la propria storia in mano ad altri/e* in modo che possano scrutinarla e farla a pezzi come meglio gli pare e non hai più il controllo su quello che accade o su quello che viene detto su di te. Questo è il motivo per cui è facile convincersi di starsene zitte. C’è forza e controllo in ciò che resta segreto, una volta che parli, ti sfugge dalle mani. Di fatto il tuo potere se n’è andato… un’altra volta. Fa ancora più paura quando chi ti ha violentato è una figura molto conosciuta all’interno del movimento. Sei ben consapevole che il contraccolpo può essere brutale e crudele. La tua integrità di essere umano può essere fatta a pezzettini da chi sostiene chi ti ha fatto violenza e non vuole credere che il proprio amico possa aver fatto una cosa del genere. Le porte ti vengono sbattute in faccia e in generale tutte le opportunità legate agli amici del tuo violentatore diventano per te inaccessibili. Se già i benefici di tenersi per sé l'accaduto sono tanti, le conseguenze negative del parlarne li superano di gran lunga.

Per tutte queste ragioni non ti esponi. Per la tua sicurezza inizi a muoverti secondo il presupposto che la maggior parte delle persone non ti crederebbero. Il silenzio da parte degli-le-* amici-he-* significa che sono contro di te. La fiducia è ciò che ti ha reso vulnerabile, di conseguenza la fiducia è qualcosa di negativo e isolarsi ti fa sentire più al sicuro.
Se sai e vuoi dare supporto a chi si è esposta-o raccontando la propria storia, questi sono alcuni passi che puoi fare: apri gentilmente un dialogo e fai sapere che ci tieni, perché probabilmente noi potremmo avere troppa paura di avvicinarti per parlare. Dille che le credi perché potrebbe presupporre che la maggior parte delle persone non lo faccia, e queste parole sono molto più forti di quello che si possa immaginare. Chiedile cosa vuole, e metti in chiaro che va benissimo anche se ancora non ne ha idea. Se c’è un qualche tipo di percorso intorno a quello che è successo, falle sapere cosa sta succedendo, sempre che sia quello che vuole. Non metterla in condizione di doverlo chiedere. Ristabilire la fiducia passa attraverso l’apertura alla comunicazione, di conseguenza se non puoi più esserci per qualsiasi motivo, sii onesta-o-*, e aiutala a trovare qualcun' altra/o* di cui potersi fidare. Non lasciarla in sospeso dopo che il mondo le si è già capovolto. Per esperienza posso dire che questo può causare molto più danno di quello che già le è stato fatto. In poche parole, comunica. La risorsa più grande per chi ha vissuto un’esperienza di violenza è l’amicizia.
Tra le cose peggiori che si possano dire (escludendo a priori quelle che incolpano la persona che si è vissuta la violenza) ci sono frasi tipo “questa è una storia tra te e lui” o “ho già troppi casini da gestire per occuparmi anche di questo”, “non l’ho mai visto comportarsi in questo modo”, “sto sentendo così tante versioni…”, “ma non avevate una relazione?”, ecc. se questo è quello che provi ti metterei nella categoria di quelli che NON danno supporto. È meglio il silenzio piuttosto che questi commenti condiscendenti e assolutamente non benefici.
...
Mi sono detta che non avrei mai parlato di quello che è successo, che non c’era ragione per cui chiedere una presa di responsabilità e coscienza da parte di qualcuno che si rifiutava persino di riconoscere quello che mi aveva fatto, anche quando gliel’ho messo davanti agli occhi. Mi vergognavo di aver lasciato che accadesse e il pensiero di svelarlo mi terrorizzava. Non volevo rivivere il trauma e sicuramente non me la sentivo di affrontare l’attenzione, la colpevolizzazione e le critiche. Quindi per mesi sono rimasta in silenzio.
Ma parlare NON È MAI sbagliato. Puoi prevenire che accada nuovamente, aiutare qualcun’altro-a. E quindi ecco la mia storia. La sto condividendo attraverso la mia voce per la prima volta per incoraggiare le altre persone a fare altrettanto. Meritate che le vostre voci vengano ascoltate. E la vostra voce è bella.

Mi chiamo Julie e sono stata violentata da Rod Coronado. È successo durante la campagna Wolf Patrol (campagna di protezione dei lupi e delle lupe in Nord America), mentre stavamo organizzando il campeggio.
Questo stupro non è successo in un vicolo buio. Non mi ha preso per i capelli e sbattuta contro un armadio tappandomi la bocca. Questo sarebbe più facile da capire, più facile da perdonarmi. No. Rod era un amico. Pensavo avessimo stabilito un meraviglioso rapporto di collaborazione. Pensavo mi rispettasse in quanto compagna, viste le esperienze fatte insieme. Era mio amico ed è questo che rende ciò che ha fatto così incomprensibile. Era un amico.
Una volta che ha reso chiare le sue intenzioni di volere avere un altro tipo di rapporto con me gli ho svelato il fatto che in passato avevo già subito violenze sessuali. Non sono sicura di avergli raccontato che ho faticato ad affrontare il trauma ma gli ho detto cosa sono le cose che mi fanno rivivere il trauma, ciò di cui avevo bisogno per sentirmi al sicuro in una relazione intima e quali erano i miei limiti. Non e' possibile che scaturisca un'incomprensione dalla frase “il sesso mi fa scattare ansia e disagio”, “ho vissuto dei traumi legati al sesso, quindi non voglio in questo momento”.

Ma con il procedere della campagna i miei limiti venivano rispettati sempre meno e il suo modo di toccarmi sempre piu'… per soddisfare le sue voglie. Ci sono state notti in cui mi svegliavo con il mio corpo che veniva toccato e stretto. Non c'erano piu' attenzioni e richieste ma stava a me a spingerlo via e dirgli di no. Era evidente per me che stava diventando sempre più irritato nei miei confronti, e la mia ansia non e' passata inosservata a un'altra persona parte del Wolf Patrol e quando mi ha chiesto cosa stava succedendo gliel'ho confidato. È diventato talmente pesante che alla fine l'ho preso da parte e gli ho detto che doveva smetterla, gli ho spiegato quello che mi stava facendo a livello emotivo. Poco dopo il suo intero atteggiamento nei miei confronti é cambiato. Avrei già dovuto capire cosa stava succedendo.

Alcune notti dopo è successo. Il mio limite più estremo, oltre il quale é concentrato tutto ciò che mi fa rivivere il mio trauma, é stato violato. Ero scioccata e confusa. Mi sono nascosta in bagno per quasi 2 ore in totale incredulità. La mattina dopo quando finalmente ho trovato il coraggio di affrontarlo, di chiedergli perché mi ha fatto questo, la sua reazione è stata quella di zittirmi con tono sprezzante, disorientante e manipolatorio. Mi ha detto che ero isterica, emotiva e senza rispetto, che quello che gli stavo dicendo era impossibile e che non mi avrebbe parlato fino a quando non mi fossi calmata. Dodici ore più tardi è tornato da me con la sua versione dei fatti. Mi ha detto che sono stata io a volerlo, che non avrebbe mai fatto qualcosa che non avessi voluto. Questo era quanto, l'ho voluto io. La sua risposta è stata quella di dire a me quello che io stavo provando. Ero distrutta. Con il cuore in mille pezzi. Completamente ignorata. Ne ho parlato con altre due persone del Wolf Patrol, ma la reazione non è stata quella che cercavo e di cui avevo bisogno. Ho iniziato a dubitare che effettivamente fosse colpa mia, che in un qualche modo davvero me la fossi cercata. Ho deciso di starmene zitta e tranquilla, nell'ambiente in cui mi trovavo la mia sicurezza e il mio benessere dipendevano dal tenere la bocca chiusa.

Quello che scrivo qui di seguito ora è una risposta diretta alle dichiarazioni che sono state fatte girare da quando ho parlato dell'aggressione che ho vissuto. Questa è la mia risposta a Rod che sostiene che quello che è successo fosse consensuale.
Prima del Wolf Patrol sono stata in una relazione di quasi 2 anni con qualcuno che ho amato molto. Ho lottato molto per essere in grado di avere dell’intimità con lui, compreso vedere diversi terapisti. Lo stress e il trauma delle violenze sessuali vissute in passato influenzavano la relazione con qualcuno che amavo. Anche con lui, che era incoraggiante e mi dava supporto, che ha fatto tutto quello che poteva per farmi capire che non mi avrebbe ferita, che ci teneva a me, il mio trauma aveva un'influenza quotidiana sulla nostra relazione. E alla fine ha avuto un ruolo importante nel portare alla fine della nostra relazione. Questa è l’ultima volta che ricordo di aver provato cosa significasse sentirsi sessualmente al sicuro. Questo è per tuttx coloro che prendono la parte di Rod quando sostiene che ciò che mi ha fatto fosse consensuale.

Guardandomi indietro, non ho mai avuto alcuna speranza di avere il mio spazio di agire all’interno della campagna, ma ero lì per soddisfare una specifica idea che Rod aveva di me. Nessuno si merita quello che è successo a me. So che se non avessi mai reso pubblica questa storia potrebbe succedere ad un’altra persona. Non è iniziata con me, e sicuramente nemmeno finirà con me. So che non supererò mai quello che mi è successo standomene in silenzio, lasciando che accada a qualcun’altr*. A dire il vero non so che forma abbia il guarire, ma questo è un primo passo.

Siamo un movimento a cui piace parlare di distruggere il patriarcato. Questa è una possibilità concreta di affrontare effettivamente un po’ della nostra merda. Questa è una situazione reale, non ipotetica. Non è accettabile che le aggressioni sessuali siano così presenti all’interno del nostro movimento, e non è nemmeno accettabile che continuiamo a non avere modi concreti per affrontarle quando serve.

È arrivato il momento di cambiare, quante persone ancora devono venir ferite? Quante persone ancora devono venir ferite da una persona?

E' arrivato il momento di prendere una posizione e smettere di lasciare che il movimento sia terreno fertile per autori di violenze sessuali. Ci sono abbastanza pericoli e traumi nel mondo che stiamo cercando di combattere, che non ci serve avere paura gli uni delle altre tra di noi. O la smettiamo di parlare di distruggere il patriarcato e di dare priorità al mettere al sicuro le persone, oppure iniziamo a farlo veramente.
Quindi fatevi sentire tutt*. Fatevi sentire.

-Julie
survivorsspeakup@gmail.com

Gio, 14/01/2016 – 09:10
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