il babau è un mostro bianco per chi di vivere è ormai stanco il babau è un mostro nero finisci dritto al cimitero il babau è tutto rosso corri corri a più non posso il babau è tutto giallo tocca pure al maresciallo il babau è anche blu occhio il prossimo sei tu il babau è di tutti i color se lo incontri sicuro muori
 

Porta Palazzo, Torino

Pubblicato il 12.10.2008 in cronache, iniziative || Nessun Commento

12.10.2008

Torino: blindati al mercato
Domenica 12 ottobre in via Cottolengo c’è un gran silenzio: sin dal primo mattino la strada è bloccata da blindati di polizia, carabinieri e guardia di finanza. Il mercato che ogni domenica mattina anima la via non c’è. Ogni angolo della limitrofa Porta Palazzo è presidiato da agenti in tenuta antisommossa.
Il mercato di via Cottolengo è un mercato abusivo gestito da immigrati: banchi di cibo si alternano a quelli di abiti, casalinghi, merci varie. Per tanti è un’occasione preziosa per integrare il reddito o per comprare i sapori di casa.
Questa zona libera è da sempre nel mirino di razzisti e comitati spontanei. Negli ultimi tempi si sono moltiplicate le attenzioni di giornali e politici: dalla Lega che invocava lo sgombero alla giunta comunale che prometteva posti a chi era in regola e repressione a tutti gli altri. I blindati del 12 ottobre hanno sciolto ogni dubbio sulla strategia preferita da tutti. Lo stesso giorno il quotidiano La Stampa dedicava due pagine alla militarizzazione della piazza ed al torneo di Calcio all’Alpino del giorno precedente. Due pagine di propaganda bellica.


Poco lontano dalla piazza in assetto di guerra, c’è il Gran Balon, il mercato di antiquariato/modernariato che si svolge ogni seconda domenica del mese: qui tutti hanno la licenza, non ci sono controlli, la Torino da salotto ci trova il mobile d’epoca o il gingillo da esporre.
Solo pochi metri separano due mondi che sono la metafora concreta di quest’epoca feroce, la linea di demarcazione tra i sommersi e i salvati.
Intorno alle 11 e mezza fanno la loro comparsa in piazza gli antirazzisti, armati di banchetto, volantini, megafono. Si sistemano in piazza davanti ad un negozio chiuso: compare anche uno striscione con una scritta nera in campo rosso “Via la polizia! Mercato libero”. Viviamo tempi in cui uno slogan liberale diventa follemente sovversivo. Con buona pace di un paese dove tutti, al governo come all’opposizione, si proclamano liberali.
Una signora marocchina si avvicina e piazza nei pressi la sua sporta di pane e pite. Intorno c’è una piccola folla di immigrati: la Digos occhieggia ma non osa avvicinarsi. Gli interventi al megafono vengono accolti con palese favore dagli immigrati, che applaudono e annuiscono. Il titolare arabo del limitrofo bar “Commercio”, che protesta per la troppa vicinanza degli antirazzisti, viene allontanato a gran voce da una piccola folla di magrhebini, che lo spingono a manate nel suo bar.
Due anziani coniugi piemontesi, che poco prima si erano informati sull’accaduto, si avvicinano alla donna araba che vende il pane e comperano due grosse pagnotte.
Gli antirazzisti decidono di concludere la giornata con un giro informativo al Gran Balon. Passano con lo striscione in mezzo al mercato, facendo brevi interventi, per informare quelli del piano di sotto di quanto accadeva poco sopra. In piazza Borgo Dora alcuni commercianti irati tentano di aggredire gli antirazzisti, che non raccolgono la provocazione. La Digos interviene in sostegno ai bottegai. Altri bancarellari invece manifestano solidarietà e condivisione. Al ritorno in piazza della Repubblica alcuni immigrati salutano e ringraziano gli antirazzisti che se ne vanno.
Una giornata che riflette, nelle sue luci e nelle sue ombre, l’immagine di una realtà sociale frantumata, sempre più divisa tra chi cerca di sopravvivere e chi spera di lucrare. Sempre più concreto è il rischio che la guerra tra poveri sostituisca la guerra di classe tagliando in due lo spazio, simbolico e reale, di questa nostra società. Siamo sull’orlo di un baratro e ciascuno ci scivola lentamente pensando che il fondo non arriverà.
Occorre l’impegno di tutti per fermare la caduta.
In via Cottolengo, la lotta per riaprire un piccolo spazio libero è solo all’inizio.

Torino: vittoria dei Raja al 1° Torneo di Calcio all’Alpino

Sabato 11 Ottobre 2008
Si è concluso con un emozionante golden goal il primo Torneo di Calcio
all’Alpino, svoltosi sabato 11 ottobre nel cuore di Porta Palazzo.
Per oltre quattro ore dieci squadre si sono sfidate nel campo allestito di fianco al Palafuksas, tra tifo scatenato, scommesse e iscrizioni clandestine. I vincitori, una squadra di ragazzi di Casablanca, distintisi per agonismo e indubbia superiorità tecnica, si sono aggiudicati l’ambito trofeo: un autentico cappello da alpino.
La polizia, presente con forze degne di un derby cittadino, si è poco a poco defilata, forse consapevole del ridicolo assedio.
Le truppe di occupazione non si sono fatte vedere per l’intera giornata: ancora una volta un pezzo di Porta Palazzo è stato liberato.

L’iniziativa è stata condivisa all’interno dell’Assemblea Antirazzista.
La prossima riunione è fissata per martedì 14 ottobre alle 21 in via Cecchi 21.
Per info: assembleaantirazzistatorino@autistici.org

——-

LaStampa 12 Ottobre 2008

Con 200 uomini per un giorno è tornata la legalità
MASSIMO NUMA

L’assessore al Commercio, Alessandro Altamura, alle 7 della mattina era già in piazza della Repubblica. Giornata particolare, ieri, per questo quartiere di Torino che sembra davvero non fermarsi mai, come i cantieri post-olimpici. Tra polemiche, vecchi problemi e anche gli innegabili successi. Particolare perchè c’erano, a sorvegliare via Cottolengo, la «strada dell’illegalità», come la gente dei Comitati di Porta Palazzo la definisce, oltre 200 (duecento) poliziotti, carabinieri, finanzieri e vigili urbani, nonché le pattuglie interforze con gli Alpini della Taurinense. Che dire? Lo spettacolo era bello, rassicurante. Via Cottolengo finalmente libera dal suk che la caratterizza da anni. Cioè: decine di ambulanti abusivi, bancarelle con ogni tipo di refurtiva in vista, flotte di borseggiatori di ogni etnìa. Un paradiso, dunque. Con tutti i banchetti in fila ordinata, spazi per passeggiare, i clienti liberi di scegliere le cose da comprare senza affanni, senza nascondere la catenina d’oro o l’orologio.

Carlo Verra, presidente del Comitato, è molto contento. A una condizione: «Che però non sia la favola di un giorno». Ma Altamura, che raccoglie, metro dopo metro, il plauso degli operatori, ci tiene a far sapere: «Non è la prima volta che controllo di persona il mercato, solo che oggi, effettivamente, il problema sembra risolto. C’è ancora molto da fare, ma la realtà di oggi dimostra che è sufficiente un presidio fisso per battere le varie illegalità». Il neo questore, Aldo Faraoni, mostra i muscoli e la musica cambia di botto. Forse sente ancora l’eco delle parole, dette sia pure con un tenue sorriso sulle labbra, durante l’ultimo comitato di sicurezza in prefettura, dal pm Marcello Maddalena, la cui sintesi è questa: «Ma che dobbiamo fare, sequestrare via Cottolengo?». Una soluzione radicale, evidentemente l’extrema ratio. Quasi una battuta. Ma fa riflettere. Che la questura faccia sul serio, non ci sono dubbi. In piazza, davanti al negozio di bici, ci sono: il vicequestore Gian Maria Sertorio, il dirigente del commissariato Dora Vanchiglia; il capitano dei carabinieri Luigi Isacchini, comandante della compagnia Oltredora; il vicequestore Giorgio Pozza, responsabile delle volanti del 113.

Lo schieramento di uomini e mezzi, ai due ingressi della strada, è imponente. Ci sono gli agenti del Reparto Mobile e i carabinieri del Battaglione Piemonte, i super-vigili in assetto combat e i «Baschi Verdi» della Finanza. A pochi metri di distanza, lo stato maggiore della Digos, mobilitato anche per il torneo di calcio organizzato dall’ala più violenta degli anarchici. Titolo: «Calci all’alpino». Che è già tutto un programma. Oggi, a Domenica In, nello spazio di Massimo Giletti, ci saranno anche i rappresentanti dei comitati di Porta Palazzo. Sarà un cittadino di colore, che abita non a caso in via Cottolengo, a «spiegare – dice Verra – quali sono i nostri veri problemi, altro che razzismo!».

La massiccia presenza di forze dell’ordine (facilitata dall’assenza delle partita del campionato di A, consentendo il recupero di centinaia di agenti) per molti, suona come una beffa: «Quando se ne andranno, tutto tornerà come prima». E’ un coro amaro e unanime, di stranieri e italiani, uniti per chiedere alle istituzioni più sicurezza. Raccontano episodi preoccupanti: «Abbiamo chiesto l’intervento delle pattuglie per liberare i portoni, i parcheggi. Sa cosa ci rispondevano i tutori dell’ordine? Che avevano l’ordine tassativo di non passare». Uomini e donne, assicurano, pronte a ripetere le accuse anche davanti ai pm.

Altamura ascolta con pazienza, rassicura, promette, cerca il dialogo anche con chi ha perso la fiducia. Qualcuno lo ringrazia, gli stringe la mano, mostra il «miracolo» e gli dice: «Vede, assessore, come si potrebbe vivere qui, in piena armonia, tutti i giorni?». L’assessore è ovviamente d’accordo e precisa: «Ritornerò anche nelle prossime settimane, non vogliamo più che i residenti si sentano abbandonati». La cinese «Giulia», dell’Etnic market ha nostalgia della polizia della Repubblica Popolare, «quelli sono più determinati, più decisi. In Europa meno».
Ai mercatari sembra impossibile non dover dividere gli spazi con gli ambulanti fantasma, temuti. E aggressivi

——-

Sempre da LaStampa di domenica 12 Ottobre

La provocazione degli anarchici a Porta Palazzo
CLAUDIO LAUGERI
Da Kabul a Porta Palazzo. Stessa divisa, missione differente. Rischiare la vita a migliaia di chilometri da casa e ritornare con un’accoglienza tutta particolare: scritte «Alpini assassini», addirittura un «Torneo di calcio all’alpino» organizzato dagli anarchici-insurrezionalisti nel piazzale davanti al Palafuksas, occupato di notte dai tassisti abusivi nigeriani, i «kabu-kabu». Una ventina di giocatori, compresa la squadra dei Sampietrini (motto: «Criminali di tutto il mondo, unitevi»), un centinaio di persone ad assistere.

Che effetto fa? «Un po’ dispiace, poi mi giro dall’altra parte e continuo a fare il mio lavoro» dice Gianfranco, 26 anni, primo caporalmaggiore. Niente cognomi, «sono queste le consegne» spiega. Ancora: «La gente ci apprezza. E’ vero, c’è stata qualche contestazione, di solito il fine settimana. Ma sono poche persone, sempre le stesse» sostiene Gianfranco. Vicino a lui è seduto Daniele, un anno più giovane, stesso grado. Entrambi sono stati a Kabul, hanno rischiato la vita per aiutare gli afghani a ricostruire il Paese. «Laggiù, la gente ci vuole bene, ci rispetta. Certo, le persone che si avvicinano chiedono aiuto, qualcosa da mangiare. Qui è diverso, fai qualcosa di utile per il tuo Paese» concordano Gianfranco e Daniele. Per loro, Porta Palazzo è la seconda missione di ordine pubblico in città. La prima volta è legata all’emergenza «Tossic Park». Esperienza fatta anche da Valentina, 24 anni, caporale. «Mi è piaciuto tantissimo» dice sgranando gli occhioni azzurri. Aggiunge: «Anche se questa non è la mia città, sento di aver fatto qualcosa di utile. A “Tossic Park” sono stata a contatto con gente che si droga, con spacciatori, un mondo a me sconosciuto. Alcuni sono stati rassicurati dal fatto che sono una ragazza, è stato un grande arricchimento professionale». Valentina è calabrese. «Sono di Lamezia Terme. Da residente posso dire che anche la mia città avrebbe bisogno di un servizio di questo tipo. E comunque, sono orgogliosa di aver lavorato a “Tossic Park” e a Porta Palazzo».

In Afghanistan, il ruolo più difficile era quello di addetto alla «torretta», sui blindati. «E’ pesante, bisogna scrutare l’orizzonte per individuare le possibili minacce. Soprattutto, gli ordigni» spiega il tenente Stefano Zonzin, 27 anni, comandante degli 80 militari utilizzati nell’operazione «Strade sicure». E’ anche l’unico autorizzato a fornire nome e cognome. Anche lui è stato a Kabul, come Daniele e Gianfranco. E loro annuiscono quando parla il tenente. A Porta Palazzo, però, qualcuno ha accusato gli alpini di «occupare» parte della città. «Contestazioni di poche persone, una decina al massimo. Sempre le stesse. E quando si avvicinavano, erano gli stessi commercianti ad allontanarli. La gente ci è sempre stata vicino. C’è fiducia e questo è gratificante», spiegano Gianfranco e Daniele.

Leave a Reply