E' odio spinto d'amore - Dentro e oltre il 15 ottobre

riceviamo e diffondiamo:

E' odio spinto d'amore

Dentro e oltre il 15 Ottobre


Viviamo (moriamo?) dentro ad un mondo comandato dallo splatter-capitalismo finanziario, dove la televisione seziona cervelli di cittadini assopiti all'obbedienza civile, fomentato dal consumo, artefice principale della continua propaganda antiumana, degenerata perché parla ad una popolazione ipnotizzata dalla tele-invasione, chimicamente e socialmente decomposta, alimentata e ingrassata da carcasse animali piene di estrogeni tumorali, allattata in culle radioattive, dove eroi del niente difendono un regime fatto di speculazione e impoverimento globale che non sta più insieme, provocando la desolidarizzazione che il neoliberismo e la politica criminale, di tutti i governi assoggettati al legge del capitale guerrafondaio, hanno prodotto nella moltitudine proliferante e frammentata dell'obbligato sacrificio del lavoro alienato.

La manipolazione cyber-spaziale di oggi tende a istituzionalizzare e stabilizzare le forme che nascono nel divenire sociale e comunicativo. La storia di questa negazione della diversità si è pietrificata nella messa a punto di macchine di dominio come gli stati, le religioni, i partiti politici, le banche e le multinazionali. Questo processo può essere chiamato sedentarizzazione del nomadismo creativo, ergo distruzione cognitiva e materiale, la quale ha provocato massacri, deportazioni e genocidi.

Durante l'epoca moderna la complessità è stata ridotta a categorie riconducibile alla rappresentanza politica, ma oggi, più che mai, la composizione eterogenea sociale non è più governabile da parte della politica.

Il pensiero politico-economico questo lo ha capito da molto tempo e ha reagito con aggressività e violenti assalti liberticidi.

Differenza è il divenire-altro, gioco continuo che si estende tra caos e desiderio di creare, cioè caosmosi. Differenza è eteronomia che deriva da una proiezione creativa, la quale si consolida solamente nella potenza sovversiva della condivisione del desiderio.

Il disgustoso bisogno di appartenenza identitaria segue al panico scatenato nella condizione postmoderna, fase susseguitasi nella trasformazione del lavoro fordista, per lo più manuale e dominato dalla catena di montaggio, al lavoro postfordista, terziarizzato, informatizzato, de-localizzato, dominato dalla finanza speculativa che cattura per fini privati la cooperazione del sapere, sfruttandola e asservendola alla balla (bolla?) del progresso tecnocratico.

 

Ma quando quelli di sotto si muovono, quelli di sopra tremano. Il 15 Ottobre ha dimostrato che una molteplicità di soggettività sparse per il mondo non crede più alla furia omicida della mercificazione della vita idolatrata sia dallo squalo assettato di sangue chiamato destra, sia dalla verginella moralista chiamata sinistra. Sollevazioni e insorgenze si susseguono ovunque. E' nato un nuovo ordine del discorso che non vuole più fornire la stampella del buon governo a un edificio che sta crollando.


Pratiche collettive risuonano nella Londra che brucia come nella Santiago del Cile della rivolta del sapere vivo. Adesso si tratta di mettersi in movimento. Ora si tratta di vivere emozioni desideranti di un susseguirsi di fuochi non solo di resistenza ma anche di ribellione, qui ed ora.
Oggi la sovrapproduzione non è più di merci ma di esseri umani.
Ci chiediamo da dove partire per controbattere. Allora iniziamo dai legami informali tessuti nel quartiere, nella scuola, nel posto in cui si è costretti nell'oblio del lavorare stancamente. Costruire gradualmente luoghi comuni per sottrarre terreno al regno della polizia, della corruzione e del denaro.
Laddove corre il pensiero ad Atene, Tunisi e piazza Tahrir, si può fare scoccare la scintilla del tutto e subito. Per questo motivo la lotta in Val Susa non è una lotta local-parziale: ciò che accade in valle risuona come un ritornello in altri luoghi, con entusiasmo e felicità soggettiva.


Il rovesciamento di questo mondo non si regge sulla legge dell’accumulazione e della castrazione bancaria e finanziaria, ma su un continuo propagandarsi di quella musica sovversiva scandita dalla rivolta.
La litania della politica dà il vomito. Il monologo dell’economia della crisi endemica e permanente non fa altro che inculcare la convinzione che non si possa vivere diversamente. Si preparano gli ennesimi aggiornamenti del sistema con gli stessi dispositivi neo-liberali e sanguinari che questa spazzatura planetaria fagocita, ogni istante, in qualunque esistenza; ma all’organizzazione dell'esercito degli sfruttatori si risponde con l’organizzazione libera ed uguale dei comunardi spinta dall'amore sparsi per il globo.
Occorre aiutare un processo in corso e produrre volontà di potenza nella comunanza e nello scontro contro i vari poteri multidisciplinari, dove il conflitto provoca creatività desiderante.

Ci saranno sempre guardie mediatiche che criminalizzeranno la rabbia del fiume in piena senza mai citare la violenza degli argini che lo costringono, contro chi sotto un cielo plumbeo ha deciso di provocare tempesta, gli stessi servi che applaudono rivolte lontane di primavere arabe, ma tanto più vicine nei tre momenti di insorgenza del 14 dicembre 2010, del 3 luglio 2011 e dell'appena passato 15 ottobre.

Mi rivolgo a tutte e a tutti: non facciamo lo stesso errore del '77, dove gli uomini hanno avuto paura della libertà, della felicità possibile di nomadi. Ed hanno reagito aggrappandosi con disperazione alle loro identità pericolose. Il mostro delle nazioni, delle etnie, delle tribù, delle famiglie, ha ripreso il sopravvento e la guerra è diventata linguaggio diffuso nelle relazioni tra gli uomini.

Oggi il dominio del finanziario si esercita in forma brutale ed indifferente alle sue conseguenze sociali. Questa dittatura ha messo in moto un processo di spreco gigantesco delle energie intellettuali, produttive, umane che sono catturate e rubate sotto forma di algoritmi, calcoli matematici, infolavoro e software “close source”, tutto quel cyberspazio invisibile che ci manipola e a cui non riusciamo a sfuggire.

Molti dicono che il capitalismo è eterno, forse solo perché l'umanità non esiste più. “Sacrifici” è diventata la parola chiave in questo stato di crisi permanente. Sacrifici per chi e per cosa? Per la sopravvivenza continua di un mostro chiamato società che ci impone sacrifici? Ed in cambio che cosa ne riceviamo? Il progresso, chiaro. Cioè? Cioè l'intollerabilità della vita quotidiana, la distruzione delle città e della campagne creatrice di non-luoghi, l'invadenza dell'automobile conseguenza dell'automatizzazione dell'uomo, l'irrespirabilità dell'aria, lo stress continuo, la contrazione delle capacità di amare, la violenza delle relazioni personali e collettive, la depressione, l'angoscia.

L'insorgenza che viene è un processo di tanti divenire di molteplicità che produrrà momenti caotici, fenomeni autolesionistici e psicopatici. Fenomeni riottosi si susseguiranno e nessuno potrà impedirlo. Nessuno potrà dirigere questo processo di composizione, riattivazione maniacale del corpo sociale, defraudato dal bio-potere del razionale, troppo a lungo decerebrato. I movimenti non provocheranno l'insurrezione ma stimoleranno la rivolta, perché essa sarà volontaristica e ingovernabile. Il compito delle soggettività di liberazione sarà, stando dentro o al fianco dei corpi e delle menti rivoltose, proporre genealogie di coscienza, cartografie visionarie conoscitive, condivisione di saperi comuni, input esistenziali e psicoterapeutici, ricerche di quel senso di autonomia autogestionaria fino adesso assoggettata da gerarchie autoritarie.

Compito di tutte e tutti sarà proprio reinterpretare un discorso basato sulla distruzione del precariato esistenziale, sull'imprescindibile tema dell'egualitarismo, sulla riduzione del tempo di lavoro, sulla redistribuzione delle risorse, sull’esproprio dei grandi capitali, sulla cancellazione del debito e sulla nozione di sconfinamento della territorialità della lotta politica. Abolire ogni forma di dominio per ripensare un “exit strategy” come forma futura dell’uguaglianza dalla liberazione dagli stati oppressivi, dai capitali finanziari e da qualsiasi dogma trascendentale.

Chi pensa di trovare un via alternativa senza la rabbia degli oppressi, non pensi che la soluzione sia stare a casa, perché il silenzio assordante del privato verrà inseguito dalla miseria, dalla disoccupazione, dalla depressione e dall'impotenza, accompagnato dal loro carro di guardie e ufficiali giudiziari al seguito. Non vi piace quanto detto? Peccato, niente potrà fermare questa situazione, non c'è nessun canale digitale da cambiare per non vedere il terrore che questo sistema provoca. Chi non potrà sostenersi economicamente, chi non avrà più soldi per pagare le rette scolastiche dei propri figli, chi non avrà più da mangiare, andrà oltre due banche incendiate e quattro cassonetti rovesciati.

Le persone coscienti invece di criminalizzare tutto quello considerato “fuori dagli schemi” dovrebbero iniziare a capire da dove nasce la violenza e la psicopatia dello scontro, per la semplice ragione che è li dove la malattia di cui soffriamo tutti è più acuta. Occorre accompagnare questi gesti soggettivi nei suoi lati sprezzanti mantenendo il sapere condiviso nel fatto che qui non c'è nessun colpevole se non il sistema della rapina continua.

L'immaginario di inaudita immanenza propagherà l'intelligenza collettiva che tenterà di spazzare via ogni potere, il quale cercherà di soffocare l'insorgenza degli oppressi, e il tumulto si manifesterà attraverso sentimenti d'odio spinti d'amore.

Sentimento cosciente l'indignazione, atto di possibile cambiamento l'organizzarsi, ovunque.

 


 

Il Kollettivo del CSA Kavarna


 

 

Ringraziamo Brecht, Bifo, Deleuze e Guattari per l'ispirazione e diamo la nostra solidarietà a tutte e a tutti gli arrestati del 15 ottobre, oltre ad essere vicini ai perquisiti e ai denunciati dei giorni seguenti.

Sab, 19/11/2011 – 15:18
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