Milano - Comunicare fa male

riceviamo e diffondiamo:

Comunicare fa male
 

Riteniamo che i comunicati non rappresentino la maniera migliore per comunicare. Anzi, li consideriamo una modalità perlopiù deleteria. Tuttavia, ci troviamo costretti a scrivere quanto segue sulla base del comunicato Affinché non s'interrompa il passaggio di testimone.

Quando siamo venuti a conoscenza di una voce secondo cui un noto collaboratore di giustizia si sarebbe presentato in una cena privata in Latteria, ne abbiamo discusso immediatamente a Radiocane e in Mandragola, consci della gravità della situazione. Già in passato questo indegno aveva cercato di approssimarsi a contesti di compagni e, pur avendolo allontanato, a Milano è stato fatto l'errore di non portare la situazione a un chiarimento definitivo.

Abbiamo perciò dedicato più assemblee tra noi per trovare il modo più efficace, qualora la voce si fosse rivelata vera, non solo affinché al suddetto delatore venisse definitivamente precluso ogni accesso alla Latteria, ma anche per ribadire a chiare lettere un principio per noi in nessuno modo negoziabile: ovvero, il fatto che personaggi di tale risma non possono e non debbono avere nessuna forma di rapporto con situazioni, luoghi o contesti di compagni.

Nell'incontro da noi chiesto con i compagni di Latteria abbiamo avuto la conferma della suddetta voce, insieme all'assicurazione del fatto che una cosa simile non si sarebbe mai più verificata. E ciò sulla base dell'assunzione e della condivisione del principio di cui sopra. La responsabilità dell'episodio è stata assunta a livello individuale da un singolo compagno, fornendo spiegazioni di carattere familiare. Venuti a conoscenza che anche la madre di questo compagno, che noi abbiamo saputo essere una collaboratrice di giustizia, ha avuto frequentazione dello spazio, ne abbiamo chiesto conto. Ci è stato risposto in maniera inequivoca che, appurata la veridicità di quanto da noi sostenuto, sarebbe stata allontanata.

Sulla base di queste risposte abbiamo deciso di muoverci affinché questo avvenisse il prima possibile e, al contempo, nella maniera più netta, consapevole e condivisa.

La nostra scelta di mantenere dei rapporti con i compagni di Latteria è stata basata sulla valutazione secondo cui per risolvere al meglio questa situazione la nostra presenza potesse essere utile e necessaria.

Inoltre ci siamo fidati dell'assicurazione avuta dai compagni sul fatto che avrebbero velocemente chiarito e approfondito le cose, il che in effetti sta accadendo, come probabilmente non è dato di sapere a chi a un certo punto ha interrotto ogni rapporto con loro. D'altra parte, se non avessimo riposto alcuna fiducia in questi compagni, non avrebbe avuto senso discutere e chieder loro conto di alcunché. Certo, con ciò ci siamo assunti una responsabilità; altri si assumeranno la responsabilità delle loro scelte. E noi ne sapremo trarre le conseguenze.

La nostra maniera di sottolineare la rilevanza del problema è stata la presenza, la discussione, la spiegazione, per aiutare i compagni ad affrontare una questione grave (e per alcuni straziante dal punto di vista personale), fornendo loro tutti gli strumenti e i contatti necessari per aggiungere ulteriori elementi di chiarezza (qualora ne avessero avuto bisogno), considerato anche il fatto che "il passaggio del testimone" per molte ragioni è stato negli ultimi anni assai debole.

Nessuno di noi prende con leggerezza o superficialità l'eventuale presenza di infami, delatori, collaboratori di giustizia in qualsivoglia situazione rivoluzionaria e in ogni luogo ove siano presenti dei compagni. Le "urgenze" nell'affrontare altri discorsi di lotta non hanno in nessun modo fatto sì che si rimandasse la risoluzione della questione a tempi indefiniti, né il nostro comportamento è mai stato inteso a minimizzarne la crucialità. Anzi, ogni nostra azione e discussione, dal momento in cui abbiamo sentito per la prima volta la voce in oggetto, è sempre stata volta a sottolineare che noi con gli infami non vogliamo avere nulla a che fare. Pertanto, diffidiamo apertamente chiunque dall'accostare i nostri nomi a figure di tal genere.

Il nostro atteggiamento è stato motivato proprio dalla determinazione di agire "affinché riprenda il passaggio del testimone", il che richiede fermezza, certo, ma anche capacità di rapportarsi con chi, per ragioni storiche, di esperienza o meramente anagrafiche, non ha avuto modo di riceverlo. È una direzione verso la quale ci muoviamo costantemente, e non solo in quest'occasione di "urgenza", come testimoniano diverse nostre attività di ricerca, di scavo e condivisione della "memoria", di riattualizzazione di elaborazioni e pratiche di lotta del passato.

Credere di poterlo fare interrompendo i rapporti, con un atteggiamento che nello specifico frangente  rischia di apparire meramente sanzionatorio-punitivo (foss'anche nella forma sospensiva), rischia di essere quantomeno paradossale.

Questi i fatti. Ai compagni e alle compagne trarre le proprie conclusioni.
Noi non ci tireremo indietro nel dare tutte le delucidazioni che eventualmente ci saranno richieste.

I compagni e le compagne di Radiocane e Mandragola.

Milano, 24 ottobre 2014

Sab, 25/10/2014 – 19:40
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